
Grey’s Anatomy ed il meraviglioso tributo al passato – Recensione episodio 13.07
I ferryboat viaggiano sicuri nel mare, il sole splende alto nel cielo ed il passato non è mai, mai, mai stanco di ritornare. Grey’s Anatomy ci racconta una storia che forse avremmo solo potuto immaginare da lontano, e lo fa in un modo speciale, delicato e a dir poco ossequioso, navigando ancora una volta le acque di ciò che è stato alla volta di ciò che ancora potrà essere.
La causa scatenante di questo nostalgico ritorno al passato sembra essere l’arrivo al pronto soccorso di tre ragazzi, anche loro specializzandi (al Seattle Presbiterian) fisicamente ma soprattutto caratterialmente uguali a George, Cristina ed Izzie. Due di loro, baby George e baby Cristina, travolti in un incidente sulle montagne russe sono costretti ad essere operati d’urgenza, mentre baby Izzie deve dare prematuramente alla luce il suo bambino a causa di un tumore della placenta. I ragazzi ricordano davvero in tutto e per tutto i loro amici perduti: dall’insofferenza verso il mondo e la sfrontata superbia di Cleo, all’ingenuità e l’insicurezza di Greg, all’esuberante vivacità decisamente fuori dagli schemi di Liza; ma Meredith sembra essere l’unica a notare l’impressionante somiglianza mentre tutti gli altri, da Owen ad Alex, dalla Bailey a Richard fanno spallucce o nascondono a denti stretti la tristezza e la malinconia di ciò che non c’è più.
Come se un virus avesse contagiato repentinamente tutti i dottori del Grey-Sloan Memorial, anche Amelia ricorda il fratello scomparso quando, spinta dal ricordo della morte di Derek a causa di un’ematoma cerebrale, si impone per effettuare una TAC ad un altro paziente, anche lui coinvolto nell’incidente delle montagne russe, TAC che alla fine gli salverà la vita, mentre ad Arizona, unica sopravvissuta dello show del triangolo amoroso con Mark e Callie, toccherà riportare alla memoria, tessendone le lodi in maniera profonda e genuina, il padre di sua figlia.
Ma ricordare il passato non sempre è fonte di dolore, e Grey’s Anatomy ce lo dimostra squisitamente in questo 300esimo episodio. Nonostante le perdite, le morti inaspettate e strazianti o anche le partenze di chi non si sentiva più parte del quadro, oggi non c’è spazio per i rimpianti, ma solo per i ricordi felici di ciò che è finito e la cui fine ha fatto male, ma che è stato meraviglioso fin quando è durato. Alla vigilia della conquista del suo primo Harper Avery, l’arrivo di Greg, Cleo o Liza non è nient’altro che il pretesto che rimescola bene le emozioni e le reminiscenze già presenti dentro di Meredith, perché, come lei stessa dice, per quanto una persona non sia fisicamente presente accanto a noi, lo è comunque nella misura in cui la facciamo vivere nel cuore.
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Quella scintillante statuetta non è il trapianto addominale eseguito da Meredith su Megan, ma la somma di circa 15 anni di alti e bassi, vittorie e sconfitte, mettersi in gioco e ritirarsi in buon ordine, scommettere o lasciar andare; chiunque abbia attraversato la vita di Meredith, George, Cristina, Izzie, Derek, Lexie, Ellis ha il diritto di avere per sé un pezzetto di quel premio, perché ha contribuito, giorno dopo giorno, a far in modo che questo traguardo venisse raggiunto.
Grey’s Anatomy con “Who lives, who dies, who tells your story” firma un incantevole inno alla speranza attraverso il punto di vista impersonale ed oggettivo di Jackson. Le numerose ed ingiuste perdite subite da Meredith diventano motivazione per andare avanti e rendere le cose migliori, avendola così trasformata nel meraviglioso chirurgo e nella splendida insegnate e madre che è oggi. L’asprezza della madre l’ha spinta a rivendicare per sé il meglio, l’arrivo di Lexie l’ha aiutata ad aprirsi, la vita condivisa con Derek l’ha incoraggiata a credere in sé stessa.
La vita è una giostra che non smette mai di girare, ed anche nei momenti più cupi dobbiamo trovare, in un modo o in un altro, la forza per non scendere mai. Ed alla fine il punto d’arrivo di Meredith corrisponde, forse, un po’ al suo punto di partenza, quando, guardando in alto in galleria, tra le persone scorge il volto finalmente soddisfatto ed appagato della madre, ricambiandola con un sospiro di sollievo ed un puro sorriso di gratitudine. Non c’è spazio per le parole, la magia della scena merita completamente l’assenza di battute.
E, come Jackson, siamo tutti profondamente grati di ciò che, in questi quattordici anni, abbiamo potuto apprendere da Meredith Grey.
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