
Grey’s Anatomy: recensione episodio 10.18 – You Be Illin’
Puntata frizzante questa diciottesima, all’interno di una decima stagione molto al di sotto delle aspettative e dello standard delle precedenti, che sembra voler sparare le proprie cartucce migliori in questi ultimi episodi. Quaranta minuti di pura comedy, con un ritmo acceso, una regia che subito cattura per il suo voler incedere un po’ in stile CSI un po’ in stile Dr.House sul virus e la sua propagazione, situazioni divertenti, a volte portate fino all’assurdo, dove finalmente non sembra di assistere ad un altro inutile e quotidiano giorno al Grey Sloan Memorial Hospital.
Tuttavia, sotto molti aspetti, quasi tutti, la puntata è fine a se stessa; salvo Karev, e forse Cristina. Il diciannovesimo capitolo proseguirà la storia dei personaggi là dove avevano lasciato il diciassettesimo (monologo di Cristina) e il sedicesimo, rendendo questo diciottesimo inutile. Degli altri protagonisti solo Meredith, per giunta marginale alla narrazione per quasi quaranta minuti, in questa diciottesimo episodio compie un ulteriore balzo in avanti nel proprio percorso personale, andando finalmente ad accettare pienamente e comprendendo l’incarico accettato da Derek per conto della Casa Bianca, con la donna e l’uomo che si completano vicendevolmente e diventano tutt’uno, al punto tale che con Shepherd svenuto, è Meredith stessa a tenere la conferenza per i medici provenienti da tutto il mondo, per convincerli a far parte del trial americano. Il discorso che Derek cerca inutilmente di ricordare e perfezionare durante tutto l’episodio, ormai Meredith l’ha imparato a memoria a furia di ascoltarlo e l’ha fatto proprio, accettandolo e mutandolo a proprio piacimento, quasi a voler mostrare come i due coniugi non si pestino i piedi l’uno con l’altro, lasciando all’altra metà la possibilità di agire come meglio crede, senza troppe prigioni.
Il loro rapporto fa ancora una volta da contraltare a Cristina e Owen, alleati nella lotta ad una misteriosa cardiomiopatia, incapaci di portare a casa un risultato completo, non riuscendo a guarire la malattia dall’origine, ma ottenendo semplicemente una vittoria temporanea e parziale andando ad installare il pacemaker sulla seconda sorella proprio nel momento in cui è il terzo fratello ad ammalarsi. Mentre Meredith e Derek si completano l’uno con l’altro, Cristina e Owen si muovono su binari completamente diversi, lontani e senza ottenere risultati concreti, come nella loro relazione. Il nemico che stanno affrontando è l’unico antagonista dell’episodio (e questa è una pecca nella struttura della sceneggiatura, lasciando i personaggi senza un conflitto da combattere e quindi senza qualcosa con cui crescere), ma riesce a focalizzare lo scontro unicamente sul piano esteriore (mentre Do You Know? analizzava unicamente l’aspetto interiore), il piano pratico, quello, in sostanza, dove la Oh e Hunt non hanno mai avuto problemi e, anzi, più volte sono riusciti a farsi da spalla vicendevolmente.
Un po’ pochino onestamente rispetto a quello che abbiamo visto in puntata 17, qualcosa di misero se pensiamo come l’incipit del plot di Cristina di You Be Illin’, giochi subito due carichi (e che carichi!) da 90 sul conflitto interno dei due dottori: Cristina è in lizza per il premio della fondazione Harper Avery (il premio che in puntata 17 rappresentava il coronamento della sua carriera o il simbolo del suo sacrificio) e quell’ultimo giorno di sperimentazione sarà vitale per lei e per i giudizi della giuria, niente potrà allontanarla dai propri pazienti, salvo appunto questo caso inspiegabile di triplice cardiomiopatia. Ti aspetti che quindi tutto vada a scatafascio o che Cristina faccia di tutto per risolvere in fretta la cardiomiopatia per tornare dai propri pazienti, che sia combattuta su dove concentrare le proprie forze, che entrambi i casi non possano essere portati avanti contemporaneamente, o che la sua assenza mandi tutto a quel paese. E te lo aspetti molto di più quando viene giocato il secondo carico, ovvero quando Cristina definisce i pazienti della sperimentazione “figli” dopo tutto quello che è successo in Do You Know?. E invece niente. Non succede niente. Cristina non si fa condizionare da questo cambio di programma, Ross non combina casini e può addirittura permettersi di farsi sostituire da Stephanie (scelta che ancora devo capire da quale motivo o logica sia stata dettata) poiché niente è previsto che succeda. Un’ottima occasione mancata che speriamo possa cogliere i propri frutti nel prossimo episodio.
Per quanto riguarda gli altri personaggi del Grey Sloan Hospital Memorial, il plot non fa altro che riproporci, in chiave più divertente, qualcosa che ci è già stato mostrato tante di quelle volte. Il rapporto recuperato fra Callie e Arizona, la velocità attraverso la quale April e Jackson passano dall’idillio alla difficoltà, la costante competizione fra tirocinanti, la vena competitiva di Murphy che arriva ad
You Be Illin’ in questo senso sembra proprio una puntata a sé stante, quasi un divertissement non troppo calcato, una parentesi piacevole dove i medici fanno a gara a chi non si ammala, dove qualcuno è costretto ad operare dentro uno scafandro e qualcun altro a spaccare ossa per poter curare il proprio paziente. Ma è una parentesi incompleta, dove il virus che subito cattura l’attenzione si traduce semplicemente in un escamotage per le situazioni narrative future senza lasciare alcun altro strascico, dove l’assenza di conflitto rende quello che vediamo piacevole, ma superfluo, qualcosa di cui domani sera ci saremo già scordati, e là dove, infine, la battaglia è più marcata, la narrazione rimane monca, troncata, senza sapere se ripartirà la prossima settimana o meno.
You Be Illin’ affascina e cattura nell’immediato, ci fa ridere, ci intrattiene come non accadeva da tempo in Grey’s Anatomy (e questo ci affascina ancor di più), ma finita la visione, spento il televisore, si ha solo la sensazione che tutto sia stato inutile.
10.18 You Be Illin'
Occasione persa
L'assenza di ricadute rende un quasi buon episodio qualcosa di cui è inutile ricordarsi