
Grey’s Anatomy: Recensione dell’episodio 12.10 – All I Want Is You
Quando si tratta degli episodi meredith-centrici, un ambiguo senso di disagio ci prende dalle viscere e non ci lascia andare fino ai titoli di coda. All I want is you ci trasmette qualcosa. Viviamo empaticamente con Meredith la sua vaga ma pressante scomodità di non sapere più, oramai, chi è o cosa vuole fare. Corriamo senza sosta in questo episodio che esternamente sembra essere statico, salutando con la mano il residuo emotivo di un passato di solitudine, dolore ed angoscia che torna pressante in ogni fase e sfaccettatura della sua vita. Quando succede qualcosa, non fa che aggiungersi al tormentato bagaglio personale di chi ormai riesce solo a ringraziare di essere ancora viva, senza fare progetti per il futuro, ma ancora troppo legata ad un passato che non consente di vivere il presente in libertà.
Persino Shonda gioca a carte scoperte, caricando Meredith di un puntiglioso sarcasmo: “Ma l’ha letta la mia cartella?”, chiede indignatamente sgomenta al suo psicologo. La solitudine, l’incertezza e la libertà, semplicemente, d’essere sono le note stonate sulle quali il dottore e la sua paziente suoneranno i loro brani alla ricerca dell’accordo perfetto. Ma, come sempre, l’imperativo è unico: eludere il dolore, chiudere gli occhi e dimenticarsene, andare avanti ed essere altrove, senza mai esserlo completamente, posare l’attenzione fuggente sulle banalità e le frivolezze delle vite contingenti a quella di Meredith. Ma è solo alla fine dell’episodio che l’incertezza si trasforma in cruda verità: la ormai evidente incapacità di Meredith di poter essere autonoma.
Non è certo la prima volta che Meredith ci viene presentata dietro la scrivania di uno psicologo. Ogni volta l’atteggiamento è sempre lo stesso: testa alta e continua negazione del dolore, per autoconvincersi che non sia reale. Ellis è morta, Lexie è morta, Derek è morto. Tutti quanti muoiono, come una volta confessò a Cristina, ma la vita va avanti. Nonostante Meredith affermi il contrario, si instaura da subito un rapporto fortemente controverso con il suo psicologo. Un tira e molla di botta e risposta sferzanti ed autoconclusive che sembrano allontanare Meredith dal punto focale delle sedute, ma che velatamente ne celano l’obiettivo primario. Lei sa di dover stare lì su consiglio della Bailey, perché è la prassi, anche se però non vuole, e non vuole perché è ben conscia, sin dall’inizio, che le sedute la porteranno a razionalizzare le paure che la tormentano e che l’hanno resa una persona inadeguata persino per se stessa.
Di fronte a sé la fatica più dura di tutte, la necessità di dover lasciare andare ciò che continua a tenerla bloccata in uno psichedelico ciclo di vita ripetitivo e alienante, il bramoso desiderio di continuare a sentirsi una vedova, sposata ad un uomo che ormai vive esclusivamente nei suoi ricordi (e nei nostri).
E così, finché anche questo lungo passo non verrà fatto, l’equivocità di una vita senza un (apparente) senso si concretizza nell’incapacità di Meredith di stare da sola, ma nell’impossibilità di poter stare anche con gli altri. Ciò che sembra ovvio e scontato, la presenza dei cari amici e dei (pesudo) familiari accanto a lei dopo l’incidente, assume un aspetto amaro e cattivo, quando si rende conto di non esserne riuscita a farne a meno, di essersi rialzata solo grazie ed esclusivamente al loro aiuto.
Dopo dodici anni siamo finalmente pronti anche noi a fare un passo, a dire ciao alla Meredith delle prime stagioni, forte, tosta, cazzuta, capace di raggiungere ogni obiettivo, insensibile ed indipendente dal dolore, capace di andare avanti senza rallentare mai un minuto. Ma il dolore, quando arriva, ti bastona. Le relazioni, quando si instaurano, ti avviluppano, generando vincoli dai quali si risulta spesso incapaci di uscirne. Quando un tempo risultava difficile trovare anche solo la propria “persona”, ora sembra che ce ne sia un’ironica sovrabbondanza.
Sono tutti lì per te, Meredith.
Sullo sfondo qualche tematica semi-abbozzata, che ci tiene compagnia nei momenti di pausa tra una seduta ed un’altra: Owen ed Amelia che cercano in qualche modo di poter far coincidere le loro diversissime attitudini, la forte chiusura emotiva in cui spesso cade il primo e la furiosa logorrea alla quale la seconda deve assolutamente aggrapparsi per non farsi scivolare la propria sobrietà; Alex e Jo, che in egual misura ma differentemente, cercano di ritrovarsi benché le cose continuino ad arrotolarsi su se stesse senza posa.
All I want is you, ma che cos’è precisamente che Meredith vuole?
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