
Grey’s Anatomy: recensione dell’episodio 12.09 – The Sound of Silence
Il tanto atteso ritorno di Grey’s Anatomy (anche no) è finalmente avvenuto. Ammetto di essere parecchio annebbiato sugli avvenimenti precedenti alla pausa invernale, quest’anno lo hiatus è stato davvero infinito, e all’alba del 12 febbraio non ricordo minimamente cosa sia accaduto lo scorso inizio novembre.
In realtà poco importa perché questa puntata esula completamente da tutte le storylines della serie. In effetti, il tutto mi è sembrato un po’ un riempitivo, bellissimo, ben orchestrato, ma un riempitivo. Il punto è che, come al solito, al più anziano dei figli in casa Shonda mancano un po’ le idee per tirare avanti, o ce ne sono poche, che è la stessa cosa. Per quanto bravi (mah) gli interpreti originali e che il pubblico ama, si contano sulle dita di una mano e sono ormai la stanca ripetizione di sé stessi. Ellen Pompeo ne è l’emblema. Ancora una volta la puntata è Meredith-centrica (quante volte lo avremo detto parlando di questo show?) come sempre in Grey’s Anatomy. Meredith è la protagonista assoluta dell’episodio che questa volta la vede davvero messa male.
Un paziente, Lou, grande, grosso e nero, la aggredisce dopo una crisi tonico-clonica, un ictus. La assale (inconsapevolmente) con tutta la violenza possibile e la riduce uno straccio. Per una sfortunata coincidenza, Meredith era sola nell’ambulatorio in quel momento ed è stata quindi l’unica vittima dell’ira funesta di Lou. Nessuno ha visto o sentito niente, nessuno l’ha soccorsa.
Anche Amelia vive un equilibrio instabile con Mer. Le due sono ancora in guerra ma il perdono è dietro l’angolo. Amelia (capiamo dalle immagini silenziose che vediamo) è ricaduta nel giro vizioso dell’alcool ed ha ricominciato la disintossicazione e ora ha già guadagnato la medaglia dei 30 giorni sobria. Tutto troppo veloce, Shonda! Rallenta!
In realtà questo “rallenta!” è quello che vorrei dire agli autori o meglio “pensate a cosa dovete fare”. Ho l’impressione
In generale, ho apprezzato la morale dell’episodio, la metafora del silenzio (che dà il nome alla puntata) da riempire con il proprio, personale suono, la propria voce, forte e stentorea. L’incoraggiamento ad essere “rumorosi” nella vita per spazzare i silenzi come i vuoti. Non basta però.
Abbiamo capito che sia Shonda che Ellen Pompeo sono ben intenzionate a non mollare la nave di Grey’s Anatomy anche dopo dodici anni, ma se questo significa abbassare la qualità e creare storie inverosimili io non ci sto. Il prodotto è ancora buono, il marchio ancora c’è, ridategli il senso che merita.
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Dopo aver aspettato tanto tempo dall’ultimo episodio, questo è stato una delusione. Invece di affrontare le trame e di risolvere i cliffhanger hanno sospeso tutto… bah
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