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Grey’s anatomy: 9.07 I was made for lovin’ you

Il basso attacca incalzante, la chitarra con il riff distorto accompagna la voce che  poco dopo esplode nell’inconfondibile chorus: “I was made for lovin’ you, baby, you were made for lovin’ me / And I can’t get enough of you, baby, can you get enough of me?” sono i Kiss, nel 1979 a dare alla luce questo pezzo straordinario e che a ben 33 anni  di distanza diventa anche il titolo di questo episodio di Grey’s. Uno di quegli episodi, lo dico subito, che ti fanno pregare Shonda Rymes di tenere in vita lo show  il più a lungo possibile. Un mix di comicità, drammaticità e filosofia non da poco per un episodio che sembrava “uno come tanti altri” e che invece si è distinto dalle altre puntate dislocate tra un “main event” e l’altro.  Le belle sorprese arrivano fin da subito, la Bailey nei primi 2 minuti ha detto più di 3 battute  (era ora!!!) per di più annunciando una bella notizia: Arizona torna a lavoro.

Capiamo che tra lei è Callie le cose si sono notevolmente pacificate e questo fa molto piacere a tutti i fan ma come  è avvenuto? Qui sta a parer mio una delle poche pecche della puntata: non abbiamo veramente seguito lo sviluppo della problematica tra loro che, dopo esserci stata presentata in modo emozionante e realistico (la scena della doccia ecc.) non è stata seguita in tutte le sue fasi. Piccola cosa però rispetto ad un episodio così ben armonizzato attorno al tema del “destino” e dei “piani per il futuro”: “Can two people be really meant to be…” l’episodio si apre con queste parole, e sono pronta a scommettere che ogni fan della coppia Lexie & Mark  sentendo questa frase ha quantomeno avvertito un tuffo al cuore. Sono parole di Meredith, che si interroga sull’esistenza o meno del fato. E’ questa la tematica che accompagna tutta la puntata assumendo però varie sfumature: in ogni storia il destino induce il protagonista a prendere la sua strada per la vita e talvolta, anzi spesso, non è quella che si aveva progettato di percorrere.  Sono a mio parere le storie dei pazienti a dare quel “qualcosa” in più a questo settimo episodio: infatti come intessendo un sottile gioco di rimandi, Shonda ci presenta la storia di un paziente della Bailey malato terminale, anziano e che si  è scoperto gay solo in età avanzata, il quale aspetta il trapianto che può salvargli la vita, mentre viene  accudito dal suo amorevole compagno.

Inutile dire che anche stavolta un paziente che alla Bailey sta veramente a cuore finisce per morire, non è questo il punto, la bellezza sta nella personalità di quest’uomo che a causa di un destino crudele ha potuto trascorrere solo pochi anni con la persona che ama davvero, ma nonostante questo è deciso a godersi con serenità anche la sua ultima settimana di vita. Quando nel finale il giovane specializzando Ross si commuove al capezzale del paziente è quasi impossibile non fare altrettanto: oltre che un momento toccante questa è anche un’ottima trovata, che dà un’idea degli attimi di fragilità che i giovani medici possono sperimentare durante la loro carriera. Altro punto decisamente a favore dell’episodio è la Kepner: ok, come dice Karev, è “a little wierd” e la sua storia con Jackson è  un po’ improbabile, ma come attrice la trovo fenomenale. Tutta la storia della gravidanza, che ovviamente viene sventata proprio nel momento in cui il bel Dottor Avery si era già dichiarato pronto a sposarla, le permette di dare spessore al suo personaggio che esce così dal suo regime standard di “macchietta”. April è una giovane donna che aveva pianificato per sé un matrimonio in piena regola ma si è poi trovata a perdere la verginità con un amico e ha rischiato per poco di restare incinta: un continuo cambio di piani che le genera comprensibilmente sconforto. Affrontando poi l’argomento “destino e progetti” in merito coloro che hanno subito l’incidente aereo troviamo Cristina che, tornata dal Minnesota, sta cercando di riorganizzare la sua vita lavorativa e non. Lei  il cambiamento non l’ha cercato ma grazie alla Bailey riesce a realizzare di essere effettivamente diversa (è più affabile con gli specializzandi, insegna, si preoccupa per loro) e non può fare a meno che sentirsi, per questo, spronata a riconsiderare tutto quello che aveva definitivamente chiuso. Derek, da parte sua, pareva aver riorganizzato la sua vita lontano dall’ospedale ma quando arriva un nuovo caso di tumore rarissimo rinasce in lui la voglia di operare di nuovo. La dottoressa Robbins invece, colei che ha indubbiamente subito lo scossone più grosso in seguito allo schianto, riprende egregiamente il suo lavoro ed anche quando la vediamo letteralmente crollare sfinita in sala operatoria, il dramma si tramuta in una grande e genuina risata: cadere e rialzarsi, programmare e riadattarsi sempre guardando al domani con speranza è questo il messaggio che arriva forte e chiaro.

Parallelamente a tutto questo continua la trafila giudiziaria che ha spinto lo staff vittima dell’incidente aereo a far causa all’ospedale: con una trovata un po’ macchinosa i legali arrivano sostanzialmente a dare la colpa al povero Owen reo, secondo loro, di aver autorizzato il passaggio ad una compagnia aerea low cost per questioni di tagli al budget, senza però nemmeno aver controllato i dati relativi alla sicurezza di quegli aerei. Tutto ciò appare marginale se non che nel finale Owen capisce che lo stanno incastrando poiché, essendoci sua moglie tra gli accusatori, il giudice lasci cadere le accuse. Infatti concedere il risarcimento significherebbe permettere un conflitto di interessi da parte di Hunt stesso.

E’ questo il colpo di scena annunciato? Sarebbe pochino. Infatti così non è e sono proprio gli ultimi 2 minuti a regalarci davvero delle piccole  – grandi “bombe”. Per la serie “la vita ti prende quando meno te lo aspetti” Meredith è incinta (un mezzo miracolo) e parallelamente Cristina, resasi conto di amare Owen, sta per dirglielo quando lui le chiede il divorzio. Noi spettatori possiamo intuire che sia un ultimo atto di generosità nei suoi confronti cosicché possa avere il risarcimento in denaro che le spetta, ma per lei al momento è solo un altro brutto colpo. Una cosa certamente l’abbiamo capita: nell’amore, così come nella vita, non è mai detta l’ultima parola.

Irene Bertelloni

Studentessa di Lettere Moderne presso l' Università di Pisa, nel tempo libero suona la chitarra ma soprattutto scrive sul suo blog e guarda telefilm...Perciò niente le è parso più naturale che cominciare anche a recensire serie! Forse perché il primo amore (ER) non si scorda mai, ha un debole per i medical drama (Grey's anatomy), salvo poi spaziare negli altri generi: Glee, Scandal, Girls, Revenge, Orange is the new black.

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