
Gretel & Hansel: la favola nera del credere in sé stessi – Recensione del film di Oz Perkins con Sophie Lillis
Titolo: Gretel & Hansel
Genere: horror
Anno: 2020
Durata: 1h 28m
Regia: Oz Perkins
Sceneggiatura: Rob Hayes
Cast principale: Sophia Lillis, Samuel Leakey, Alice Krige, Jessica De Gouw
Quando, dal 1812 al 1822, i fratelli Jacob e Wilhelm Grimm pubblicarono le loro Fiabe del Focolare, né Auguste né Louis Lumiere erano ancora nati. Il cinema non era neanche una parola e neanche la più fervida mente poteva immaginare che proprio quei racconti per bambini sarebbero diventati una delle miniere da cui attingere per storie da raccontare sul grande schermo. Non a caso, nel 1909 (quattordici anni dopo l’invenzione dei Lumiere), James Searle Dewey girò la prima versione cinematografica di Hansel e Gretel. Centoundici anni dopo la fiaba è ancora al cinema. Ma ha cambiato nome diventando Gretel & Hansel.

La fiaba che non conosciamo
Non è solo il titolo a cambiare. E non è assolutamente un caso l’aver messo al primo posto il nome della sorella. Perché Gretel & Hansel non è più la fiaba dei due fratelli che devono sopravvivere alla strega nella sua casetta di marzapane. Ma piuttosto quella di Gretel e di Holda, la ragazza che sta crescendo e la donna che ha qualcosa da insegnarle. Hansel? L’agnello sacrificale da immolare sull’altare della scelta definitiva o l’innocente da salvare per dimostrare qualcosa a sé stessa. Non più un due contro uno, ma un sottile gioco a due dove il terzo elemento è il premio per il vincitore.
Della fiaba originale potrebbe sembrare che resti molto poco in questo Gretel & Hansel. Impressione che viene chiarita dallo stesso incipit che presenta una sorta di fiaba nella fiaba che avrà una importanza fondamentale. Sia per come la storia giungerà alla sua conclusione. Sia perché in modo metaforico introduce lo spettatore in un mondo oscuro dove ogni dono diventa condanna. Una società perversa e pervertita che non fa regali come impara in fretta Gretel nel suo angosciante colloquio con chi potrebbe assumerla come cameriera se lei fosse disposta ad essere anche altro. Un mondo cupo dove ogni luce sembra essersi spenta e ogni amore cancellato da una cancrena dei sentimenti.
Rob Hayes, sceneggiatore di Gretel & Hansel, rilegge il racconto dei fratelli Grimm mantenendone intatta l’atmosfera cupa, ma facendola nascere dal di fuori. Non ci sono più una matrigna cattiva e un padre sottomesso a condannare i fratelli al terrore del bosco e a gettarli nelle mani della strega. Piuttosto è la società opprimente e l’assenza di futuro ad allontanarli in un bosco dove anche la casa di una donna misteriosamente sola può sembrare una salvezza. Perché è in quel microcosmo isolato che può essere vissuta quella che è una storia di donne.
Non più una casetta di marzapane ingannatrice, ma un rifugio dove ascoltare una lezione inattesa che si deve decidere se condividere o meno e se farne la bussola per il proprio futuro.
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Gretel e Holda
A fare da maestra tanto disponibile quanto subdola è proprio la strega Holda. Una figura diversa da quella a cui ci ha abituato la tradizione perché molto più interessata a creare che a distruggere. Come un’artista maledetta che modelli la creta per scolpire mostri, così Holda prova a modellare l’animo ancora incerto di Gretel per invitarla a diventare ciò che può essere e non quel che gli altri vedono in lei. La strega di questo Gretel & Hansel assume quasi una funzione maieutica. Il suo compito è quello di mostrare a Gretel una via da percorrere convincendola che il prezzo da pagare non è poi così alto. Perché lei lo ha già pagato e da allora ha scoperto la libertà di essere sé stessa.
Si può ancora chiamare strega Holda, quindi? Certamente. Perché il confine tra bene e male lo ha passato quando ha deciso di ritenere “non poi così alto” quel prezzo da pagare. È proprio questa valutazione a segnare la differenza tra lei e Gretel. Ma è una differenza che, per quanto fondamentale, finisce per non svilire completamente la lezione principale che vuole insegnare alla sua disobbediente discepola. Perché la prima pietra del suo castello di convinzioni è l’avere il coraggio di credere in sé stessi. Il non lasciare che sia il mondo di fuori ad impedirti di coltivare le tue doti. La forza di andare oltre i limiti che desiderano importi. Soprattutto se sei donna in un mondo dove a decidere vogliono essere solo gli uomini.
Sarebbe sicuramente esagerato pensare che lo scopo di questo Gretel & Hansel sia veicolare un messaggio femminista. Ma altrettanto riduttivo sarebbe non sottolineare come questo approccio permetta e giustifichi una sceneggiatura che tanto si discosta dalla fiaba arrivando a stravolgerne gli equilibri e i ruoli. Non è un caso che Hansel divenga una figura secondaria. E che ogni altra figura maschile sia o assente o mossa da secondi fini. Al punto che anche il cacciatore non riesce a ispirare fiducia perché arriva nel momento sbagliato.
Gretel & Hansel finisce per avere un titolo paradossalmente inappropriato. Più corretto sarebbe stato Gretel & Holda.


Un horror non convenzionale
Come capita spesso alle fiabe dei fratelli Grimm quando arrivano al cinema, anche Gretel & Hansel non si rivolge più ad un pubblico di bambini. Tanto più che il film arriva in sala con l’etichetta di vietato ai minori di 14 anni. L’opera diretta da Oz Perkins è, infatti, un horror iscrivendosi nel ricco filone di riletture dark di fiabe classiche. E, d’altra parte, il regista ha respirato horror fin da bambino essendo figlio dell’Anthony Perkins indimenticabile Norman Bates. E proprio un Norman Bates bambino Oz ha interpretato nel dimenticabilissimo Psycho II.
Tuttavia, Gretel & Hansel fa quasi fatica ad inscriversi nel genere a cui appartiene. Mancando del tutto, infatti, sequenze realmente spaventose e, paradossalmente, a morire non è quasi nessuno. Le poche morti sono spesso tanto rapide da non essere quasi mostrate o sono solo evocate in ricordi fugaci che svaniscono presto. Né ci sono jumpscare o altri trucchi low cost tanto comuni in pellicole del genere. Più che spaventare il film intende angosciare creando un’atmosfera opprimente carica dell’attesa di un male pervasivo. La paura è un qualcosa che si respira piuttosto che vedere. Effetto che riesce ad essere tanto opprimente grazie alle interpretazioni intense della sempre più brava Sophia Lillis e della veterana Alice Krige.
Gretel & Hansel pecca, tuttavia, di una certa frettolosità nel finale. Ad un atto iniziale che pone le basi dell’opera segue una parte centrale che crea un crescendo di ansia e angoscia ben riuscito. Nonostante il ritmo non muti, il film però giunge al finale in maniera quasi anticlimatica. Proprio quando ci si aspetterebbe un momento risolutore, il film chiude il suo percorso in modo fin troppo semplicistico. L’aggiunta di un secondo finale aperto compensa parzialmente questo difetto, ma lascia comunque un senso di incompiuto. Né si può negare che a tratti il film sia difficile da seguire per il suo andamento fin troppo pacato e la carenza di scene genuinamente horror.
Gretel & Hansel è arrivato in sala il 19 Agosto facendo da apripista (in un periodo tipicamente povero di spettatori) al ritorno di pellicole nuove sul grande schermo dopo la pandemia. Una decisione rischiosa, ma coerente con il messaggio di un film che vuole trovare il coraggio di credere in sé stesso.