
The Good Fight: un ottimo erede di The Good Wife – Recensione della prima stagione
Siamo arrivati alla fine di questa prima stagione di The Good Fight di slancio, senza quasi accorgercene; in fondo eravamo abituati a ben altre lunghezze con The Good Wife, che contava più del doppio degli episodi. A livello di trama questo ha significato sicuramente una maggiore compattezza narrativa, meno dilatazione dei tempi e meno episodi filler.
Ma è giusto continuare a paragonare le due serie?
E’ vero che The Good Fight si presenta come uno spinoff, ma in un certo senso ha più le caratteristiche di un sequel. Con gli spinoff di solito si cerca di dare un’impronta un po’ diversa, un tono o un mood che si distinguano dalla serie madre, ma in questo caso non è stato così. Si potrebbe quasi dire che The Good Fight sia The Good Wife senza Alicia. E’ una critica? Nel mio caso assolutamente no. In fondo i King, anche nelle ultime discutibili stagioni, avevano dimostrato di saper ancora sfoderare casi legali interessanti ed emozionanti e di saper mettere in campo personaggi nuovi e complessi (vedi proprio Lucca). La buona moglie aveva il semplice problema di una protagonista che ormai non poteva più essere rinnovata, che aveva espresso tutto il suo potenziale ed era quindi causa di stagnazioni della trama che andavano a detrimento di tutto il resto del cast.
The Good Fight ha quindi conservato i personaggi che ancora avevano da dire qualcosa, ha eliminato quelli che erano esauriti e ha proseguito usando quel mix di intelligenza, classe ed ironia che tanto era piaciuto ai fan, preferendo concentrarsi non su un personaggio principale, ma su un gruppo. Se infatti all’inizio c’era stata l’impressione che sarebbe stata Diane a guidare la trama, è poi subito diventato evidente che pari tempo sarebbe stato distribuito tra il trio di personaggi principali. E questo è per me uno degli unici piccoli difetti di questa stagione: avrei preferito avere un personaggio principale che con il suo sguardo desse maggiore coesione alle vicende, ma sono pronta ad ammettere si tratti di gusto personale.
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Diane, Lucca e Maia
Diane ha brillato soprattutto nella prima parte di stagione, quando era destabilizzata e ferita, quando le sue certezze erano andate tutte a gambe all’aria. E forse un po’ troppo facilmente le è stato permesso di ritrovare il suo equilibrio e di ottenere praticamente quegli stessi privilegi e sicurezze che aveva nel suo vecchio studio. Ho apprezzato invece molto la decisione di continuare a lavorare sulla sua relazione con Kurt fino ad arrivare ad una risoluzione che in qualche modo ha chiuso quella ferita che era rimasta aperta proprio con il finale di The Good Wife.
Maia, come avevo già commentato in recensioni passate, non mi ha del tutto convinto con la sua storyline. Per quanto Leslie Rose sia stupenda e molto espressiva nella parte, i suoi drammi famigliari sono rimasti la vera e unica ragione della sua presenza all’interno del telefilm. In questo ultimo episodio la vediamo giudicata per il suo operato come avvocato, quando effettivamente le volte che l’abbiamo vista lavorare nello studio sono state pochissime. Un’occasione sprecata, secondo me, per mostrare una giovane alle prime armi che deve farsi le ossa in un lavoro che è davvero duro. Non dico che la sua storia famigliare non sia stata emozionante e coinvolgente (mi è particolarmente piaciuto il modo con cui hanno gestito il personaggio del padre) ma allo stesso tempo ho trovato i suoi drammi troppo slegati da tutto il resto.
Lucca resta invece la vera stella di The Good Fight
Ha brillato in ogni scena in cui è comparsa grazie alla sua grinta, al suo sarcasmo e al suo sguardo sempre acuto. Si può dire che è lei quella che più di tutti ha compiuto il lavoro di fatica di avvocato in questo telefilm. La parte dedicata alla sua vita privata è rimasta principalmente legata al suo rapporto con Colin Morello e questo, da un certo punto di vista, spiace perchè avrei voluto vedere esplorato di più il suo interessantissimo personaggio al di fuori di una relazione amorosa. Si sarebbe potuto fare molto di più con lei.
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Ma allo stesso tempo come lamentarsi della coppia Lucca/Colin? L’intesa tra gli attori è davvero perfetta e i due non condividono un momenti che non sia interessante o emozionante. Vogliamo parlare della scena in cui si sono incontrati per la prima volta dopo la rottura, quando le loro mani si sono sfiorate scambiandosi la chiavetta USB? Scintille! I tira e molla sono fisiologici nelle relazioni amorose di questo genere di telefilm e per ora non me ne lamento perchè hanno aggiunto un po’ di pepe. La speranza è sempre quella che non se ne abusi troppo a lungo.
Una carrellata di volti noti e le nuove aggiunte
Il ritrorno di mille personaggi famosi come Elsbeth Tassioni, Neil Gross o Colin Sweeney era annunciato e prevedibile. Ed è innegabile che ritrovare dei personaggi così carismatici sullo schermo sia stato un vero piacere, ma allo stesso tempo va detto che si è un poco corso il rischio del sovraffollamento. Del mostrarli per il semplice gusto di sfoggiarli. Difficile dire di no quando si ha la possibilità di avere in scena dei personaggi e degli attori così validi, ma io li avrei centellinati un poco di più limitando l’effetto rimpatriata forzata.
Chi convince di più delle nuove aggiunte è sicuramente Delroy Lindo (Adrian Boseman) che con il suo fare affabile e sorridente, ma anche la sua determinazione ferrea, si è fatto subito amare. E’ un capo splendido alla guida dello studio e per Diane una spalla perfetta, insomma, impossibile chiedere di più. Altrettanto non si può dire del personaggio di Barbara, che pur riuscendo a brillare in alcuni momenti, è rimasta sempre ai margini e in qualche modo inconsistente come personaggio; unica a non aver avuto alcun approfondimento. Resto ulteriormente perplessa per la scena finale in cui un po’ amareggiata la vediamo origliare nell’ombra. Che sviluppi porterà e cosa significa?
Impossibile infine non menzionare anche la spumeggiante Marissa, che ancora una volta ha saputo farsi amare ed è stata elemento comico di alleggerimento in tantissime situazioni. La sua partnership con Jay, il detective dello studio, è stata poi una scelta vincente narrativamente.
Insomma, tante lodi per The Good Fight
Che ha saputo dare nuova linfa agli elementi positivi già consolidati e a mettere in campo nuovi personaggi interessanti e vividi. Si poteva forse chiederle di osare di più, di distaccarsi più nettamente da The Good Wife, visto che andando avanti si ha un po’ avuto l’impressione che si ricadesse davvero in tutto e per tutto nei vecchi ritmi e schemi (quelli positivi fortunatamente). Forse, nonostante che abbiamo detto, dieci episodi sono stati effettivamente troppo pochi. Abbiamo visto mettere in campo tanti elementi positivi, ma ai quali a volte è mancata una vera e propria forza trainante. Poco male, sicuramente una seconda stagione sarà in grado (avendo guadagnato un po’ di fiducia e gettato nuove basi) di osare un po’ di più e di procedere con maggiore solidità. Il giudizio resta comunque positivissimo.
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