
Good Behavior: Recensione della prima stagione della serie tv con Michelle Dockery
Dimenticate i modi raffinati di Downton Abbey. Scordatevi di Lady Mary, del conte di Grantham e delle freddure di Lady Violet. Perché Michelle Dockery potrà essere anche la nuova protagonista di Good Behavior ma ha smesso di comportarsi bene da un pezzo. Ha smesso i comodi, eleganti abiti da nobile inglese per indossare quelli più intriganti e impegnativi di Letty Raines.
Prima di dirvi perché Letty Raines è stato un personaggio interessante, lasciate che vi spieghi perché Good Behavior lo è stato ancor di più. In un momento in cui la televisione sembra relegata a thriller (di basso o alto livello che siano) o a storie d’amore adolescenziali che portano fanbase (ma nemmeno più tanto estese), la nuova serie tv di Chad Hodge spacca la barriera dell’aspettato. Lo fa con una storia inattesa, più incentrata sul raccontare i suoi personaggi e le loro sfumature che sul fine di una storia non necessariamente centrale. La serie tv di TNT è una serie tv pacifica, che non propone scene d’azione o inseguimenti in auto, non ha cliffanger finali o personaggi resuscitati all’improvviso. Eppure.

Eppure riesce a stregare non di meno, con delle interpretazioni brillanti, delle storie accattivanti, una trama lineare – delle volte persino fin troppo. Si spinge oltre il parapetto del “già visto” per lanciarsi nel vuoto dell’esperimento. Una prova fatta di trasformazioni, domande, personaggi che imparano a stare da soli e, allo stesso tempo, in compagnia. Una prova che ottiene sempre più semafori verdi con il suo incedere, soffermandosi quando necessario su una particolare scena e andando avanti, viceversa, quando la storia in questione ha esaurito il suo ruolo.
È un esperimento coraggioso, interessante. Che sarebbe stato impossibile senza Michelle Dockery, mi sembra doveroso (quanto poco necessario) sottolinearlo.
La storia di Letty, del suo tentativo di Good Behavior e di una sana (e malsana) relazione con Javier
Al nucleo di Good Behavior c’è Letty Raines (Michelle Dockery). Uscita di prigione, la ragazza è un’alcolista e una drogata, che passa il suo tempo derubando i grandi hotel e ottenendo così vestiti, gioielli, denaro. La sua vita cambia quando, intrappolata in una stanza d’albergo, sente di sfuggita la conversazione tra due uomini: un sicario e l’uomo che vorrebbe ingaggiarlo. Desiderosa di dimostrare a se stessa di avere ancora un po’ di bene dentro di se, di meritare di riottenere l’affidamento del figlio Jacob (Nyles Julian Steele), al momento affidato alla madre Estelle (Lusia Strus), Letty decide di avvertire la donna che il sicario è incaricato di uccidere.
Anche se ancora non lo sa, questa sarà solo il primo passo di un lungo cammino. Un cammino che condividerà proprio con quel sicario che tanto aveva tentato di ostacolare, all’inizio: Javier (Juan Diego Botto).

Malgrado la storia voglia condurre un percorso di redenzione, un cammino in ascesa per Letty dalla pozza di vittimismo e alchol, in verità è una storia molto più introversa, più intima. E’ la storia di Letty, del suo tentativo di Good Behavior e di una sana (e malsana) relazione con Javier. Fin troppo presto ci si accorge che il magnetismo di questa serie non è soltanto Michelle Dockery – malgrado resti davvero immensa in questo ruolo – bensì la sua chimica con Juan Diego Botto.
Se da sola la storia di Letty è interessante, intensa, le scene che divide con Javier lo sono cento volte di più. La sua esuberanza, il vivere alla giornata, lo scegliere la strada più facile e veloce rispetto a quella più giusta si contrappongono al cinismo, ai silenzi carichi di significato e alla fredda ironia di lui, che parla con un semplice sguardo. Javier, anche se lui stesso fatica a rendersene conto inizialmente, trascina Letty verso la superficie e, che lo voglia o meno, diventa sua responsabilità. Proprio come per Letty, anche Javier ha un passato pieno di spine alle spalle, un passato che preferirebbe lasciare sepolto.
La loro perfezione come coppia nasce proprio dalla loro imperfezione come persone.
Una serie tv solida, nella recitazione e nella storia, che punta al dimostrare la volubilità dell’animo umano

Al di là della relazione centrale dei due protagonisti la serie tv sfrutta un paesaggio per nulla impressionante. La North Carolina, con i suoi edifici caratteristici, le distese di verde e le lunghe (infinite!) strade sono semplicemente l’involucro di quello che accade ai protagonisti, né più né meno. Un po’ diverso, per esempio, dal guardaroba di Letty. I suoi abiti – quasi interamente costosi e rubati – sono una delle parti più divertenti delle sue trasformazioni. Senza contare che fanno perdere la testa a Javier, che ne intima (prima della cena con la sua famiglia) di comprarne di nuovi, indossando così qualcosa che non sia rubato.
I dialoghi si susseguono tra scene traboccanti di pathos e semplici botta e risposta, che alternano lo stile narrativa e permettono alla storia di raggiungere alti e bassi notevolmente differenti. Tra gli alti ci sono sicuramente la scena della Ballata di Santino ma anche la cena del primo episodio. Se in una cosa Good Behavior riesce è proprio quella di lasciare nella mente dello spettatore dei momenti memorabili, scene da ricordare nel bene o nel male.
Con questo non la si vuole di certo definire la miglior serie tv in circolazione e neppure la più originale. È originale, certo, è diversa, sicuramente, ma non aspettatevi un Westworld o uno Stranger Things. Contate su una serie tv solida, nella recitazione e nella storia, che punta al dimostrare la volubilità dell’animo umano, le conseguenze che le nostre azioni hanno e come, spesso, affrontarle sia più facile avendo qualcuno al proprio fianco.
Una fine ed un inizio: la storia la cui conclusione non abbiamo ancora scoperto

È probabilmente questa malleabilità di intenti e linee narrative a non aver reso Good Behavior il successo che avrebbe potuto essere. E’ quella stessa caratteristica che ha portato, fino all’ultimo, a dubitare del suo rinnovo, arrivato a pochi giorni dal finale di stagione. Un finale che ha, per certi versi, concluso questo capitolo della vita di Letty. L’ha portata dove desiderava – ad essere una persona sobria e con suo figlio accanto. Un finale che avrebbe potuto essere benissimo conclusivo di una serie tv a ciclo unico. Non sappiamo dove porterà la seconda stagione ma, di certo, siamo curiosi di scoprirlo.
Una serie tv che regala emozioni, interpretazioni brillanti – in particolare da Juan Diego Botto e da Michelle Dockery – e che crea quella lieve dipendenza da un bicchiere e mezzo di vino, quando ci si può dire brilli ma non propriamente ubriachi. Una serie tv piacevole e d’intrattenimento, che non passerà alla storia ma lascerà un piacevole ricordo ai propri spettatori.
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