
God bless the child: recensione del film in anteprima al Torino Film Festival
Il primo film in concorso che apre il Torino Film Festival è God bless the child dei registi americani Robert Machoian e Rodrigo Ojeda-Beck ed è sostanzialmente una delusione.
Il film ha una buona base tecnica e le capacità di inquadratura si vede che sono molto buone, tanto che la qualità dell’immagine è sempre pulita ed evocativa,il montaggio è semplice e lineare e l’abbinamento con il suono o con la mancanza di suono artefatto, sostituito dalla naturalità e dal realismo è ricercata ma non sbaglia per eccesso e quindi non si arriva a strafare con inquadrature troppo costruite o finte, ma il tutto finisce li con un buon esercizio tecnico.
La storia non c’è, o meglio, c’è ma è un eccesso di realismo che toglie tutti gli orpelli della narrazione romanzata e ci ridà solamente il vissuto banale e quotidiano, anche se visto da un angolazione differente.
Il film racconta di una giornata estiva in cui una ragazza adolescente bada ai suoi fratelli minori, ben quattro, di età comprese tra i due e i e i dodici anni (tutti figli del regista, per inciso), perché la madre, che si intuisce come depressa (ma mai si vede durante l’ora e mezza di film) li abbandona e non è dato sapere fino alla fine se tornerà o no.
La storia è tutta lì, tra giochi di bambini, scherzi e risate, bagnetti al piccolo, bagni al cane, la giornata scorre via fino all’ora di andare a dormire.
Iperrealismo? Certo. Ma è anche interessante? Per me sinceramente no, per qualcuno potrebbe anche esserlo, ma io lo trovo solamente noioso, perché, se ci sono delle cose che rendono una cosa normale interessante, il toglierle tutte non è certo un miglioramento. Anzi.
Durante il film ogni tanto ci sono degli interessanti spezzoni di dialoghi, tra bambini, ma sono appena accennati. Partiamo da lontano: la narrazione della giornata è “vista” dal punto di vista dei bambini, non che siano POV (point of veiw) veri e propri, in quanto è la telecamera a seguire il tutto, come un elemento esterno alla storia, ma perché si vedono solo le loro reazioni al mondo e alla giornata.
Il contesto della narrazione è una grande periferia urbana di una città imprecisata e questo potrebbe essere un altro argomento che, se approfondito, avrebbe dato maggiore spessore alla narrazione, ma anche questo rimane di sfondo e sfumato, come un rumore sotto la corteccia del racconto ma senza avere una reale influenza.
Sostanzialmente il film fallisce perché non trasmette emozioni e non c’è scorrevolezza nella visione, molto più che per mancanze tecniche che, anzi, sono abbondantemente oltre la sufficienza.
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God bless the child
- Sterile