
Game of Thrones: Winter is Here. Recensione dell’episodio 7.01
Shall we begin?
Fa caldo in questa estate italiana. Un caldo tanto opprimente da essere quasi insopportabile. Solo una cosa riusciva ad essere peggiore dell’attesa che il caldo finisca: l’attesa che Game of Thrones ricominciasse. Il caldo ci metterà ancora molto ad andar via, ma il problema principale di ogni fan (ossia di buona parte della popolazione televisiva mondiale) è finito. La settima stagione di Game of Thrones è iniziata. E stiamo tutti molto meglio.
Fight everywhere
Era il consiglio sussurrato e tutt’altro che disinteressato che la voce insinuante di Littlefinger dava a Sansa in uno di quei trailer che sono serviti da golosi antipasti di questa premiere. Ma quello che non era del tutto chiaro quanto letteralmente dovesse essere intesa la parola everywhere. Perché ovunque non esclude davvero nessun luogo né fisicamente né metaforicamente.
Ad accorgersene per primo è il nuovo King in the North. Fortemente legato agli insegnamenti paterni che cita in continuazione come a compensare la sua presunta inesperienza, Jon mostra subito di voler partire da quella nobile tradizione senza però farne una pesante catena che frena ogni necessaria innovazione. Donne e bambini non hanno mai combattuto gli ricorda lord Glover, ma nuovi nemici richiedono nuovi eserciti e quindi tutti devono essere pronti a difendere quel Nord di cui si dicono fieri servitori. Supportato ancora una volta dalla coriacea Lyanna Mormont (a cui Jon dovrà erigere più di un monumento equestre) che zittisce ogni protesta, il novello re deve vincere la sua prima sfida contro il più imprevisto degli avversari: la sorellastra Sansa.
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Nuovi nemici richiedono nuovi eserciti, ma anche nuovi metodi. Nuove filosofie che non fanno più ricadere le colpe dei padri sui figli innocenti a patto che questi ultimi siano pronti a promesse di obbedienza come fanno Alys Karstark e Ned Umber. Un atteggiamento accettato dai vassalli del nuovo re, ma osteggiato da una Sansa che, lontana anni luce dalla sognante fanciulla che aveva lasciato Winterfell per sposare Joffrey, si rivela essere la più fiera oppositrice delle idee innovatrici del fratello. L’ammirazione sincera per le qualità di Jon non è tuttavia motivo sufficiente per far dimenticare a Sansa che il Nord potrebbe anche aver bisogno non di un re giusto e coraggioso come potevano esserlo Ned e Robb, ma piuttosto di una regina astuta e spietata come potrebbe esserlo chi ha appreso le lezioni di una illustre maestra. Figth everywhere, quindi. Anche nella tua stessa casa?
Anche contro il tuo stesso fratello se necessario. Se non mostra di credere in te quanto sei convinta di meritare. Non lo dice e, almeno per ora, non mostra di pensarlo nemmeno, ma certamente non avrebbe problemi a giungere a questa conclusione Cersei, l’autoproclamatasi Regina del Sette Regni (o tre al massimo). In un parallelo inverso con quanto avviene al Nord, anche a King’s Landing fratello e sorella devono confrontarsi con il modo radicalmente opposto di leggere la situazione attuale. Mentre Cersei si mostra orgogliosamente sicura della forza dei Lannister, Jaime ha, invece, ben chiaro il pericoloso isolamento in cui le azioni avventate della sorella hanno costretto quel che resta dei Lannister.
Soprattutto, il suicidio del loro ultimo figlio ha segnato una spaccatura profonda tra i due amanti. Perché ciò che per Cersei è stato il segnale che nessun’altro che lei può regnare e che niente può essere più importante del qui ed ora, è stato invece per Jaime la prova più evidente che non c’è in realtà nulla più per cui valga la pena combattere. Può un presente fatto di guerre e nemici, tra cui lo stesso amato fratello Tyrion, essere vissuto con la sola prospettiva di un futuro vuoto? E, se fosse, invece, questa considerazione il primo seme da cui far germogliare quella frattura insanabile che potrebbe trasformare il Kingslayer in un Queenslayer?
Dirigersi verso la rotta evidenziata
A rendere ancora più soli i Lannister ci ha pensato Arya Stark a cui spetta l’onore di aprire questa premiere con il primo massacro della stagione. Mentre ancora era impresso nella mente dei fan il suo sguardo soddisfatto dopo aver sgozzato Walder Frey, ritroviamo proprio il vecchio signore delle Twins proporre un brindisi a tutti i membri della sua casata. Un brindisi di morte che vendica definitivamente le Nozze Rosse ed elimina completamente una casata che aveva giocato un ruolo molto più grande della sua importanza. Tell them that the North remembers ammonisce Arya, ma soprattutto a colpire è quel riferimento alle pecore che non potranno mai essere al sicuro se anche un solo lupo è ancora vivo. Ciò che sembrava impensabile diventa sempre più una possibilità concreta. La lista della morte di Arya si accorcia ancora e il nome incredibile (tanto da poterlo confessare tranquillamente ai soldati Lannister incontrati giusto per permettere ad Ed Sheeran di essere la guest star di questo episodio) resta ormai l’ultimo da spuntare. Per questo, contrariamente a quanto sperato da molti, la rotta evidenziata sul navigatore della più piccola di casa Stark non porta a Nord, ma a Sud perché è a King’s Landing che vive il suo prossimo obiettivo.
Una direzione chiara l’ha trovata anche colui che a lungo è stato il compagno di viaggio di Arya. Unitosi con grande (eufemismo ovviamente) gioia alla Fratellanza Senza Vessilli, il Mastino continua il suo percorso di redenzione mostrando di aver compreso quanti sbagli abbia fatto nel suo passato, ma ancora incerto su come possa emendarsi da essi. Insistere a denigrare la fede di Thoros e chiedersi perché un uomo ai suoi occhi privo di valore come Beric continui a rinascere sono, in fondo, due modi burberi per nascondere i propri dubbi sul cosa fare della sua vita ora. Una risposta gli arriva da quelle fiamme che sempre lo avevano spaventato e che ora lo indirizzano verso il luogo dove la Barriera incontra il mare ossia la fortezza dei Guardiani della Notte dove è probabile si infrangerà la prima ondata dei White Walkers e che Jon ha affidato ai Bruti di Tormund. Un incontro preannunciato anche questo dai trailer, ma che suggerisce una maggiore importanza a questo gruppo lasciato a lungo fuori dai giochi.
Come in panchina finora era rimasto Euron che qui ritorna offrendo la sua numerosa flotta (costruita come non si sa) e il suo… a Cersei con una proposta di matrimonio che verrà ricordata per il modo beffardo con cui diventa una offesa a Jaime più che una dichiarazione per la regina. La sicurezza orgogliosa con cui Euron ribatte alle provocazioni di Jaime vantandosi dei suoi misfatti e mostrandosi incurante delle minacce velate, ne fanno il personaggio rivelazione di questo episodio accreditandolo di un ruolo di primo piano in questa stagione.
Nessun luogo è come casa
Quel che colpisce di questa premiere è che, pur nell’ormai classico effetto spezzatino (per cui si salta da un luogo all’altro e da un personaggio all’altro senza grande continuità), gli eventi sembrano aver fretta di accadere. Sebbene non si vedano grandi scene d’azione quanto piuttosto molti dialoghi, in realtà tutte le basi della stagione vengono poste in maniera netta. I personaggi principali smettono di girovagare senza meta, ma raggiungono la loro casa intesa come posto da cui ripartire su nuove basi. È così per Jon e Sansa, per Cersei e Jaime, per Arya e Sandor Clegane (che, pur non approdando a nessuna casa, hanno comunque ora una meta precisa). Ed è così anche per Bran che viene accolto dal Lord Commander Edd alla Barriera ritornando nel Nord da cui era scappato forte ora di una maggiore padronanza delle sue visioni che ci mostrano i White Walkers letteralmente portare l’inverno di morte che era stato promesso.
Anche Sam ha, a suo modo, una casa seppure preferirebbe probabilmente fare altro che svuotare pitali, assistere malati, pulire scodelle, pesare organi di cadaveri, riporre libri sugli scaffali. Una gavetta irridente che non è però inutile. Perché Sam ci fa sapere dove è finito Jorah il cui morbo grigio è nettamente peggiorato nonostante le cure presso la Cittadella (e come ci sia arrivato è un mistero che speriamo venga svelato). Ma soprattutto Sam scopre dove si può trovare quel vetro di drago che disperatamente Jon cerca come unica arma efficace contro l’esercito del Re della Notte (forte ora anche di giganti zombie).
E dove poteva essere se non lì dove i draghi sono approdati a Westeros? Lì dove finalmente (dopo un peregrinare da far invidia all’Odissea di Ulisse) sbarca Daenerys. Un momento tanto a lungo atteso che non c’è bisogno di parole per commentare. È sufficiente ammirare le imponenti architetture della desolata Dragonstone per sentire riecheggiare le urla dei draghi del passato scolpiti ovunque sulle pareti del castello abbandonato da Stannis. Basta guardare il trono scolpito nell’ossidiana che solitario si erge in attesa di chi abbia il diritto di sedervi, per capire che la fiamma dei Targaryen brucia più forte che mai. Basta guardare le dita scivolare sulla mappa incisa sul massiccio tavolo nella sala del consiglio per comprendere che il momento tanto atteso è arrivato. Che è tempo di iniziare.
Game of Thrones torna con una premiere che potrà forse deludere chi si aspettava momenti di svolta o azioni eclatanti (sul genere della strage dei Frey), ma che invece ha il pregio di chiarire fin da subito quali saranno gli argomenti della stagione posizionando tutte le pedine del gioco lì dove devono essere. Farà ancora caldo per molto, ma a noi basta sapere che Winter is here. Finalmente.
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