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Game of Thrones e le sorprese che non ti aspetti. Recensione dell’episodio 8×04

“If you think this story has a happy ending, you haven’t been paying attention.”

Era stato Ramsey a pronunciare la mia frase preferita che, a modo suo, riesce a riassumere perfettamente l’essenza di una serie tv come Game of Thrones. Perché la guerra – che sia quella per la vita o per il potere – non punisce i malvagi per risparmiare gli innocenti, non guarda in faccia alle buone azioni o agli affetti. La guerra miete vittime, che il carnefice sia la bocca spalancata di un Estraneo o la spada di un boia.

Se infatti volevamo illuderci che il quarto episodio di Game of Thrones sarebbe stato “tranquillo” e meno sanguinoso della precedente Battaglia di Winterfell, abbiamo sbagliato show. Perché (almeno qui) ci viene ricordato brutalmente che nessuno è al sicuro, in nessun luogo ed in nessuna circostanza. Per quanto fossero state difficili da digerire le morti nella battaglia contro gli Estranei, le morti di The Last of the Starks sono altrettanto dolorose e sofferte, brutali nella loro singolarità estrapolata da un conflitto diretto.

Addio ai morti, brindisi ai vivi

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Credits: HBO

La scena iniziale si apre sulle pire di quelli che hanno dato la vita per difendere Winterfell. Ogni personaggio in vita saluta chi gli era più caro, dando così l’ultimo addio. Per Daenerys si tratta di Jorah, che è morto per difenderla, così come aveva giurato di fare, per Sansa c’è Theon, che ha dato la propria vita per Bran. Arya brucia la pira con il corpo di Beric e Jon da l’ultimo addio alla piccola e coraggiosa Lyanna Mormont. La scena, commovente nella sua semplicità, ci ricorda di quelli che hanno dato la propria vita durante la Long Night. Il sapore amaro delle lacrime si mischia alla consapevolezza che il massacro non è ancora finito e che molti seguiranno i propri amici nell’oltretomba.

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È con questo tono amaro che inizia il banchetto per onorare i morti, in un silenzio reverenziale. Pian piano però la sala si anima, grazie soprattutto ai litri di birra e di vino di Dorne che scorrono liberamente. Daenerys nomina Gendry Lord di Capo Tempesta, ben consapevole che così avrà la sua lealtà, e guarda con occhi malinconici un Jon Snow, venerato dai propri compagni e amici.

Quello che la regina dei Draghi vede è un uomo che non ha mai voluto il potere, che non l’ha mai desiderato con l’ardore con cui lei brama il Trono di Spade. Ha accettato il ruolo di Lord Comandante dei Guardiani della Notte perché era suo dovere, ha indossato la corona di King in the North perché era una sua responsabilità. Ha combattuto, è morto, resuscitato e sopravvissuto ma senza mai cambiare la propria indole, senza lasciarsi alle spalle il codice che l’ha portato ad essere ciò che è.

La verità che viene a galla

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Game of Thrones – Recensione episodio 8×04, Credits: HBO

Daenerys vede questa semplicità nella sua persona, la naturalezza di un leader che non ha bisogno di imporre il proprio potere – come lei è sempre stata costretta a fare e sa che sarà obbligata a fare per molti anni a venire, se mai dovesse sedersi sul trono. L’unico modo per preservare il proprio potere è far si che il mondo non scopra mai che Jon Snow è in realtà Aegon Targaryen. È una richiesta strategica la sua, una mossa politica che punta a mantenere il controllo di una situazione che le sta sfuggendo di mano.

Se Jon “uomo innamorato” Snow era qualcuno che poteva controllare, un Aegon “sono tuo nipote legittimo erede al trono” Targaryen non lo è. Per questo preme perché lui non riveli la propria identità a nessuno, perché sa che il momento stesso in cui l’informazione sarà diffusa si tratterà di un’arma potenzialmente letale in mano ai loro nemici. Ma anche ai loro alleati.

A poco serve il giuramento all’ombra dell’albero che rappresenta le Vecchie Divinità. Quando Sansa e Arya scoprono dell’identità di Jon le loro reazioni sono molto diverse. Se per Arya lui resta un fratello (magari non nel vero senso della parola, dato che è teoricamente suo cugino) e qualcuno che non potrebbe mai tradire, per Sansa è sempre Jon ma è ora un mezzo. Jon Snow l’ha salvata e l’ha aiutata a riprendere Winterfell. Ma è anche qualcuno la cui identità può aiutarla a sradicare il potere di Daenerys Targaryen per cui, si sa, non ha grande simpatia.

Ditocorto le ha insegnato a prevedere tutto, immaginare i diversi percorsi che un’azione può innescare. Per questo Sansa, seppur titubante, rivela a Tyrion l’identità di Jon. Sa, nel profondo, che si tratta di una scelta che il 50% di probabilità di successo e il 50% di probabilità di fallimento. Ma è anche probabile che ritenga che la percentuale di fallimento sia un rischio che vale la pena correre, se significa che c’è anche solo una possibilità di sbarazzarsi della regina dei Draghi. Con tuo fratello/cugino sul trono di Spade, per giunta! Una possibilità che le permetterebbe di ottenere il tanto agognato controllo del Nord, non dimentichiamolo.

Morto un re, se ne fa un altro (o quasi)

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Game of Thrones – Recensione episodio 8×04, Credits: HBO

Chi salta subito sulla nave del “legittimo erede” è Varys, a cui Tyrion non riesce a resistere dal confidare la realtà. È il seme del dubbio, quello che Sansa sapeva di far germogliare condividendo la verità con l’uomo che un tempo credeva essere “il più astuto di tutti”. Adesso quella astuta è lei.

Da quando è arrivata a Westeros, Daenerys ha fatto tanti errori, che sono risultati in una carrellata di delusioni, pessime decisioni (ehm, il padre ed il fratello di Sam, ce li ricordiamo tutti vero?) e un isolamento volontario dettato da una crescente paranoia. Nel proprio continente natale Daenerys ha iniziato a perdere la lucidità che aveva ad Essos, ha iniziato a sospettare di tutto e tutti, Tyrion in primis. Da quando il suo Primo Cavaliere si è lasciato ingannare dalla propria sorella, la regina ha iniziato a sospettare della sua lealtà, dei suoi progetti, delle sue parole perfino. A nulla è servito il monito di Ser Jorah, che l’aveva incoraggiata a fidarsi del folletto. Sembra quasi che Westeros abbia risvegliato la “follia” e la paranoia della linea Targaryen in Daenerys.

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Un punto che non gioca di certo a suo vantaggio, in un continente in cui deve conquistare la fiducia di un popolo che non la conosce e la considera un invasore. Lo stesso Varys, che aveva dato tutto pur di appoggiare una regina che credeva degna di questo titolo, inizia a ricredersi, a dubitare. Lui starà dalla parte del popolo, come aveva promesso. Anche se dovesse significare rendersi conto che Daenerys non è adatta a regnare e Jon “Aegon” lo sia. È il seme del dubbio, è il piano di Sansa, è la Ruota che Daenerys voleva spezzare che continua a girare all’infinito.

Le ship che salpano…

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Game of Thrones – Recensione episodio 8×04, Credits: HBO

Come era prevedibile, The Last of the Starks affronta l’elefante nella stanza quando Tyrion propone uno dei suoi soliti giochi da alcolizzato. Peccato che, tra un turno e l’altro, quando tocca a Brienne e la domanda riguarda la sua vita sessuale (o mancanza della stessa) il cavaliere fugge senza guardarsi indietro. In una battaglia di sguardi tra Jaime e Tormund, è il primo a seguirla. Finalmente fa ciò che stavamo aspettando dalla scena della confessione nell’episodio cinque della terza stagione.

Il Lannister prova dei sentimenti per Brienne. Sentimenti che non sono semplicemente il culmine di una notte di battaglie e seguente giornata di bevute. Lo dimostra quando si rifiuta categoricamente di parlarne al fratello, come invece avrebbe fatto con una conquista qualsiasi. Jaime è cresciuto con l’aiuto di Brienne. Si è evoluto da quel personaggio che avrebbe fatto di tutto pur di non tradire o abbandonare sua sorella e amante. Con lei, proprio come i romanzi ci insegnano, è diventato la versione migliore di se stesso, senza tradire i propri ideali ma riscoprendone di nuovi. Per questo ha lasciato Cersei ed ha combattuto a Winterfell, per i vivi: l’aveva promesso, ha scelto l’onore al posto della lealtà alla sua casata. Alla sua lealtà verso Cersei.

E poi gli sceneggiatori hanno deciso di buttare alle ortiche la crescita di un personaggio nel giro di mezza scena. Quando Jaime scopre che la morte di Cersei è imminente, non ci pensa due volte a lasciarsi alle spalle una Brienne disperata per cavalcare in direzione Approdo del Re ed avvisarla, difenderla forse. La reunion tra Jaime e Cersei era un incontro scritto nella serie tv, che senz’altro avrebbe dovuto accadere prima che uno dei due morisse (probabilmente per mano dell’altra) ma non di certo così. Perché Jaime, che sceglie di restare a Winterfell, con Brienne, sceglie d’un tratto di lasciare tutto? Si è ricordato all’improvviso che ha una sorella e che la ama?

Il gesto del Kingslayer è forse una delle cose peggiori di questo episodio. Dal punto recitativo Gwendoline Christie e Nikolaj Coster-Waldau sono straordinari ma la scelta di Jaime è una condanna. La condanna di un personaggio che si era dimostrato magnifico e che è crollato senza motivo, quasi certamente per cavalcare verso la propria morte e distruzione.

…e le ship che affondano

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Game of Thrones – Recensione episodio 8×04, Credits: HBO

Sono due le cose che affondano in The Last of the Starks. Il primo è il povero Rhaegal.

Senz’altro aspettare la regina dei draghi a Dragonstone deve essere stata una scommessa non da poco da parte di Euron. La regina avrebbe potuto scegliere di non tornare sull’isola e recuperare le forze ma marciare con il resto del proprio esercito verso Approdo del Re, in compagnia di Jon Snow. Ma sceglie di fare un giretto a Dragonstone, volando nella più beata ignoranza verso il castello, senza accorgersi delle lance che trafiggono il povero Rhaegal senza pietà. Sebbene sia capitolato in acqua e fosse mortalmente ferito, qualcosa mi dice che Rhaegal non sia morto (la faccia scioccata di Euron nel promo dell’episodio successivo sembrerebbe confermarlo). Certamente un drago in meno renderebbe lo scontro tra Daenerys e Cersei maggiormente paritario ma… povero Jon! Aveva un drago tutto per se, ora chi glielo dice se è morto?!

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La seconda cosa che capitolaletteralmente, dalle mura di Approdo del Re – è la povera Missandei. Credo che fosse chiaro che il suo destino fosse segnato nel momento stesso in cui è stata presa prigioniera. Prima ancora, quando lei e Verme Grigio fantasticavano su Naath, era chiaro come il sole che uno di loro o forse nessuno sarebbe vissuto abbastanza per arrivarci.

La morte di Missandei fa male, perché è un personaggio a cui ci eravamo affezionati fin dalla stagione tre. Con lei se ne va un altro pezzettino dell’umanità di Daenerys, un altro dei consiglieri che l’aveva vista diventare la regina che è adesso. Le resta solo Verme Grigio e temo che la sua morte possa portare delle ripercussioni poco piacevoli sulla sanità della Targaryen. Povero Verme Grigio: il suo sguardo e gli occhi lucidi parlavano del suo dolore più di quanto avrebbero potuto fare diecimila parole.

La battaglia per il Trono

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Game of Thrones – Recensione episodio 8×04, Credits: HBO

Così, a due episodi dalla fine del Trono di Spade, un episodio come The Last of the Starks riesce a stupire, nel suo piccolo. Regala al pubblico scene intense quanto e forse (alcune) più di quelle della Battaglia di Winterfell. La carneficina, per molti versi, è appena iniziata. C’è chi aspetta di trovare e concludere una missione come la vendetta – Verme Grigio, Arya e il Mastino. Quest’ultimi in viaggio verso Approdo del Re, in una conclusione del cerchio quasi poetica, che li aveva visti viaggiare verso Winterfell tanti anni (?) prima. Altri sono determinati a conquistare o ottenere il potere, come Daenerys o Sansa, altri a mantenerlo, come Cersei. C’è chi si domanda se il proprio percorso sia corretto, come Tyrion o Varys, e altri che scelgono di rinnegare il proprio presente pur di tornare sui propri passi, come Jaime.

C’è ancora tanto da dire su Westeros e la lotta per il Trono di Spade, sembrerebbe, e con crescente preoccupazione mi domando se due seppur lunghi episodi siano sufficienti per farlo. Magari (come suo solito) Martin aveva ragione: non bastano due episodi, qui ci volevano altre due intere stagioni! Ci vediamo alla battaglia di Approdo del Re nel prossimo episodio: Sapochnik, facci sognare!

Kat

Cavaliere della Corte di Netflix e Disney+, campionessa di binge-watching da weekend, è la Paladina di Telefilm Central, protettrice di Period Drama e Fantasy. Forgiata dal fuoco della MCU, sogna ancora un remake come si deve di Relic Hunter.

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