
Game of Thrones: recensione dell’episodio 5.06 – Unbowed, Unbent, Unbroken
Parte con il freno a mano tirato il sesto episodio della quinta stagione di Game of Thrones. Per i primi buoni venti minuti assistiamo, in alternanza, a quello che sta succedendo ai personaggi di Arya e di Tyrion Lannister. La prima si trova immersa in tutto e per tutto nelle atmosfere (decisamente lugubri e inquietanti) della Casa del Bianco e del Nero. La più piccola della casa Stark ha il compito di accudire i morti, di pulirli per il loro ultimo viaggio terreno. Lo fa senza sapere dove questi cadaveri andranno a finire, perché l’unica cosa che deve fare è eseguire gli ordini senza chiedere niente. Dimenticare tutto, persino la sua identità. Arya deve diventare Nessuno, rinunciando persino ai sensi come vista, udito e olfatto. La Casa del Bianco e del Nero è forse uno dei set più imponenti visti fino a questo momento nel corso della serie e gli autori, pur appiattendo un po’ troppo questa storyline, sono stati bravi nel saper ricreare delle atmosfere così suggestive.
Tyrion, invece, si trova ancora nelle mani di Jorah Mormont deciso a consegnarlo il prima possibile alla Regina dei Draghi. Un uomo in cerca di riscatto, Mormont, e un altro, Tyrion, senza speranza e senza quasi più niente da perdere. Ne viene fuori un alchimia tra i due che fa fatica ad amalgamarsi come in passato altre coppie sono riuscite a fare (una su tutte: Brienne e Jaime, ma anche Arya e il Mastino). I due, nel loro percorso verso Meeren, si imbattono in un gruppo di schiavisti riuscendo a salvarsi da morte certa grazie al potere persuasivo delle parole del Folletto, sempre molto abile a livello comunicativo a togliersi dai guai nei momenti di pericolo. Niente di particolarmente nuovo, insomma, per una personaggio che in questa stagione sta passando in secondo piano rispetto al resto.
L’episodio, dicevamo, aumento di ritmo e intensità col passare dei minuti. Prima di uno-due entusiasmante, le vicende si spostano in quel di Dorne. Anche questa volta il tutto lascia una sensazione di amaro in bocca, di un vorrei-ma-non-posso. Jaime e Bronn approdano ai Giardini dell’Acqua per prelevare Myrcella e riportarla sana e salva ad Approdo del Re. Quello che lascia interdetti e stupefatti è l’attacco delle Serpi della Sabbia, le tre figlie di Oberyn Martell in cerca di vendetta, ai due malcapitati. Lascia interdetti per quanto mal costruito e girato male da un Jeremy Podeswa (suoi anche molti episodi di altri pezzi da 90 della HBO come Boardwalk Empire e True Blood) che è sempre stato un sinonimo di garanzia. Una scena di combattimento, che si chiude con l’arresto dei due, al di sotto degli standard al quale la serie ci aveva abituato. Superata abbondantemente la metà, quella che doveva essere la novità più interessante di questa stagione si conferma invece come una cocente delusione. Con l’augurio di essere smentito nel corso degli episodi finali.
Se il voto all’episodio risulta così alto dopo non aver parlato un granché bene dell’episodio, lo si deve a quanto successo ad Approdo del Re e a Grande Inverno. Una conseguenza positiva dell’arresto di Ser Loras da parte del Credo è quello di aver riportato in primo piano, con un ritorno in grande stile nella capitale di Westeros, la Regina di Spine che si rende subito protagonista di un confronto con Cersei. Ma il momento più alto lo si tocca con il processo al Cavaliere dei Fiori da parte del Credo. Un processo che ha un esito alquanto scontato quando, dopo che il diretto interessato e la sorella hanno negato le accuse a lui rivolte, entra a testimoniare l’amante stalliere di Ser Loras che ammette la relazione sessuale tra i due. La scena, costruita magistralmente, si chiude con l’arresto dei fratelli Tyrell davanti agli occhi impotenti di Re Tommen. Il Credo continua così a prendere campo conquistando un potere capace di superare quello del Re e che potrebbe diventare sempre più pericoloso. Persino per Cersei e Tommen. Nessuno ad Approdo del Re potrà più sentirsi al sicuro.
Al matrimonio era assente colui che è stato l’artefice di tutto ciò, ovvero Ditocorto. Peter Baelish si trova ad Approdo del Re, al cospetto di Cersei. È lì per stringere un accordo con la Regina madre, promettendole di aiutarla a conquistare il Nord per toglierlo di mano ai Bolton (o a Stannis, in caso di vincita) al fine di diventare il protettore di Grande Inverno. Tutto questo, però, per Cersei ha un prezzo: la testa di Sansa Stark. Ecco così che torna a galla il Ditocorto che abbiamo imparato a conoscere in questi 5 anni, quello che non si sa mai da che parte sta, a chi dice la verità e a chi invece mente.
La pluralità di storie e di personaggi è al tempo stesso il miglior pregio e il limite più grande per una serie come Game of Thrones. L’esempio lampante è proprio in questo episodio. Non sempre gli autori riescono ad essere convincenti come si vorrebbe (e ci si aspetterebbe) su alcune vicende. Ma quando ci riescono lo fanno in maniera eccellente e ineguagliabile.
Per restare sempre aggiornati su Game of Thrones, con foto, news, interviste e curiosità, vi consigliamo di passare per Game of Thrones – Italian fans (fanpage e blog) e per Game of Thrones Italia
Recensione dell'episodio 5.06 - Unbowed, Unbent, Unbroken
Diesel
Valutazione Globale
Ma parliamo della vaccata fatta a Dorne con il peggior combattimento mai visto in got…ma poi porca miseria due combattenti di mille battaglie, che arrivano così come se dovessero fare merenda nei giardini…ma fai attenzione, fai per bene…io boh non l’ho proprio digerita questa parte. Come al solito si salva il nord e quel bellissimo personaggio di Ramsey che abbiamo imparato ad amare, ottime le scene del matrimonio, i dialoghi e la tensione crescente. Delude ancora, personalmente, Approdo del re, e non perché non sia felice di rivedere olenna ma perché mi sembra che sia trattato troppo frettolosamente anche il tema della religione…episodio migliore da inizio stagione ma, come al solito la storia è il punto più fragile.