
Fuocoammare: recensione del film di Gianfranco Rosi in Concorso a Berlino
Titolo: Fuocoammare
Anno: 2016 Durata: 107′
Regia di: Gianfranco Rosi
Nella competizione ufficiale berlinese troviamo anche, per la gioia del nostro duttile campanilismo, un film italiano in concorso, Fuocoammare di Gianfranco Rosi. Il titolo prende ispirazione da una canzone siciliana omonima che un conduttore radiofonico passa alla radio locale, ma ha benaltro significato, ancora diverso rispetto a quello che spiega la nonna del protagonista Samuele, appunto, al ragazzino. Se allora “fuocoammare” lo dicevano i marinai in tempo di guerra, in quegli anni in cui le onde s’infrangevano sulle navi da combattimento, ora i bastimenti che solcano le acque di Lampedusa sono ben diverse, ma la tragedia e le stragi sono molto simili.
Con un sapiente e crudo connubbio tra documentario piu’ che realistico e vita quotidiana a tratti persino comici di un ragazzino dell’isola (Samuele Pucillo), il regista riesce con grande abilità a far capire agli occhi berlinesi e internazionali cosa significa stare a Lampedusa, un territorio in continuo stato di allerta con la quale gli abitanti convivono da qualche anno a questa parte. C’è chi ha a che fare direttamente con i profughi venuti dal continente africano, dalle piu’ terribili difficolta’ e persecuzioni, in primis i soccorritori sempre vigili e sempre indaffarati con nuovi agghiaccianti realtà in arrivo. A bordo di quei barconi fatiscenti dove gli uomini salgono a bordo con la sola speranza di riuscire ad arrivare quanto meno vivi sulla terra ferma, qualcuno riesce a resistere alle condizioni deplorevoli in cui si trovano loro malgrado, ma non e’ un privilegio di tutti. Ci sono poi i medici del pronto soccorso che accolgono i più fortunati sopravvissuti, ma ridotti in condizioni pietose, che devono purtroppo ispezionare i cadaveri, che vedono gli occhi di molti spegnersi inesorabilmente e senza rimedio.
Da questo punto di vista è encomiabile la fedeltà con cui opera Rosi: non commenta, nemmeno con il ricorso ad una colonna sonora, riporta, informa con brutalita’ e durezza, non giudica niente e nessuno, descrive soltanto. E non si puo’ negare che in relazione ai recenti problemi che hanno coinvolto l’esodo di migliaia di persone, nonostante siano circondati dalla terra ferma, il tema è scottante in Germania e batte su una ferita tuttora bruciante.
Fortunatamente non si tratta solo di un approfondimento dall’interno e terribilmente reale: il personaggio principale è un dodicenne come tanti, che non entra in contatto diretto con queste abominevoli situazioni, ma che ci accompagna alla scoperta dell’isola vista con la leggerezza e la fantasia tipica di un bambino della sua età, che ha tanta inventiva quanta poca voglia di andare a scuola. Lo vediamo giocare da solo, in compagnia, mentre immagina di sparare verso il cielo a chissà quale nemico volante, mentre dialoga con il padre pescatore o la nonna…Insomma, mentre conduce una vita come tante altre, ma in un luogo in cui la quotidianità è purtroppo fatta anche di morte e sofferenza.
L’unica obiezione che si potrebbe sollevare, in effetti, è sull’incalcolabile confine tra documentario e film, che molti, tra cui Rosi, riescono ad percorrere abilmente e con correttezza. Tuttavia credo che in questo caso non sia doveroso avanzarla, dal momento che Fuocoammare, ripeto, non e’ solo documentazione, ma anche un piccolo spaccato di vita quotidiana di un ragazzino, con le sue modeste, divertenti e ingenue avventure.
Resta tuttavia chiaro che si tratta anche di un resoconto poco leggero di una realtà che sembra continuare ad essere solo e soltanto italiana, quando dovrebbe riguardare l’intera Europa.
In ultimo credo che Rosi abbia fatto un bel lavoro, senza pendere troppo verso nessuno dei due poli, rimanendo a tratti simpatico e a tratti duro, a tratti documentaristico e a tratti sottilmente narrativo.