
Francofonia – la recensione, Venezia 72
Non è stato facile, ci è voluto qualche giorno per digerire e assimilare Francofonia di Alexandr Sokurov. E’ stato un po’ come quei libri che si tengono sul comodino per un po’, prima di essere letti. Non poco, devo riconoscere, ha influito la visione degli altri film in concorso in questi giorni, o almeno parte di essi, che mi ha spinto a rivalutare una pellicola fuori dal comune che porta la firma di un regista russo. Mi ci è voluto un po’ per comprendere l’importanza del messaggio di fondo, celato dietro a quelle riprese sperimentali e impegnative da seguire, più di quanto mi aspettassi.
La trama è un po’ sfuggente, dal momento che Francofonia potrebbe assomigliare di più ad un documentario che ad un film vero e proprio: il film infatti può essere collocato nell’annosa questione sulla presenza/assenza di narrazione nel cinema, per via dell’impronta sperimentale con cui è profondamente segnato. Scelta opinabile quanto apprezzabile, a seconda delle posizioni assunte, alla quale molti, tra cui la sottoscritta, non erano pronti. Non ho azzardato un giudizio troppo affrettato, ho aspettato di vedere qualcosa di più in queste grandi sale, ed ora posso affermare che la qualità dell’opera di Sokurov non è da sottovalutare.
Il cuore del film è il Louvre, il mastodontico museo di Parigi, incomparabile tesoro della storia dell’arte mondiale ed europea in particolare. L’attenzione è portata in particolare ad un periodo preciso, cioè quello dell’occupazione nazista della capitale francese durante la seconda guerra mondiale. Due nemici dichiarati, Jacques Jaujard, responsabile dei Musei Nazionali di Francia e in particolare del Louvre, e il conte tedesco Franz Wolf-Metternich, inviato da Hitler come supervisore delle opere d’arte francesi, fortunatamente trovarono una tacita alleanza su un campo di battaglia comune, sul quale furono perfettamente in sintonia: la necessità di salvare l’arte dalle atrocità della guerra, perché è lei l’unica in grado di salvare noi.
Probabilmente è proprio grazie a costoro che abbiamo la fortuna di poter vedere ancora oggi molte delle opere d’arte più famose al mondo, che hanno fatto la storia della cultura europea, quadri e sculture senza cui il mondo sarebbe molto diverso da come lo conosciamo. Giusto per riportare qualche “piccolo” esempio, in salvo furono portate opere come “La Zattera della Medusa”, incredibile e impressionante quadro di Géricault, e la splendida “Nike di Samotracia”, scultura mozzafiato per la quale merita sopportare l’inevitabile coda che oggi troviamo ogni giorno davanti al celeberrimo museo.
Le opere d’arte sono i pilastri della cultura, della sensibilità dell’uomo, ma sono purtroppo, tanto quanto chi le crea, zimbelli delle tempeste degli eventi, delle guerre, del corso della storia. Sono imponenti e immortali nel loro valore, ma pur sempre fragili doni di cui bisogna avere grande cura: cosa sarebbero Parigi, la Francia, l’Europa, il mondo intero senza il Louvre? Cosa saremmo noi senza quei tesori inestimabili che quell’edificio conserva? Non possiamo immaginarcelo con assoluta certezza, per fortuna, ma sicuramente saremmo privati di una parte di noi, del nostro passato. Sokurov vuole che il suo pubblico rifletta, pensi a tutto questo.
L’arte non può essere messa da parte, sia ben chiaro, è troppo preziosa. E’ viva, proprio come i personaggi che sono rappresentati, proprio come Napoleone e Marianne, con i quali il regista cerca di interagire, accompagnandoci in voce over per tutta la durata della pellicola.
Le devastazioni dei siti archeologici, dei musei e delle opere millenarie che ultimamente vandali senza cuore né cultura stanno portando avanti mirano al cuore, alla distruzione di un passato passato sacro a tutto il mondo: il regista non ne parla, sia ben chiaro, ma questi crimini contro l’umanità potevano verificarsi tempo fa, in Francia, proprio laddove negli ultimi mesi si verificano continuamente attentati. Per via indiretta, a Sokurov preme trasmettere il valore di un museo sopravvissuto per un soffio a intemperie tremende, che ora come allora ha tutto l’aspetto di quella nave carica di opere d’arte in balia delle onde.
Sono pensieri profondi, importanti. Perché non ne abbiamo parlato giorni fa, dopo la sua presentazione? Francofonia è un film difficile, di non agile e immediata fruibilità, sperimentale e realistico allo stesso tempo. Convivono in esso parabole visionarie, filmati d’epoca, video contemporanei, interventi diretti dell’autore, ricostruzioni al computer, interviste a personaggi storici e tanto, tanto altro.
Non è facile descriverlo, non è facile apprezzarlo da subito fino in fondo, ma è un film importante e di notevole spessore. Merita molto più di altra spazzatura in concorso.