
Fleming, The Man who would be Bond: Recensione dell’episodio 1.04 – Episode 4
Fleming conclude la sua parabola discendente di quattro episodi confermandosi come una miniserie brutta e mal scritta, nonostante potesse vantare attori decisamente capaci, soprattutto la Pulver, indimenticabile Irene Adler di Sherlock e la Chancelor, ammirata nel bellissimo e sfortunato The Hour.
Perché Fleming è un accozzaglia di niente, di vuoto assoluto nella scrittura, di citazionismo messo lì a strizzare l’occhio ai fan di Bond (unica cosa per altro gradevole, come ad esempio i fuochi d’artificio finali che rimandano a quelli che Bond osserva da un balcone ad Istanbul), tutto condito da scenette singole e slegate tra loro, a dirla tutta abbastanza imbarazzanti e noiose che devono essere state anche una pena per i poveri attori che le dovevano interpretare, così tanto che anche la loro recitazione ne esce svogliata e frettolosa.
Questo episodio, che dovrebbe arrivare a tirare le fila di tutto il raccontato, continua a perdersi in imbarazzanti e tediose scene di ti amo, non ti amo tra Fleming e Ann O’Neill, cazziatoni tra la madre di Fleming e chiunque, tanto che una buona metà dello screen time va via per questa storia senza mordente e di cui conosciamo il finale fin dall’apertura dello show, tanto che durante la visione di alcune, non ho potuto fare a meno di iniziare a dedicarmi a metter su l’acqua per la pasta, iniziare a scaldare il sugo e via dicendo.
Detratta questa stucchevole parte del love interest, il resto vorrebbe essere una grande storia di guerra e spionaggio, ma i, già presenti nelle altre puntate, salti temporali e la resa storica e visiva della guerra totalmente imprecisi e scialbi non riescono a trasmettere nulla allo spettatore se non il senso di falso e un disorientamento generale che azzera l’impatto emotivo. Un Fleming a metà tra il supergenio che inventa congegni magnifici (seriamente? come? con cosa?) e un bimbominkia che vuole a tutti i costi fare una partita alla playstation, finalmente viene inviato sul campo per recuperare degli imprecisati progetti nucleari che solo lui ha magicamente capito dove stavano andando e con cosa venivano trasportati.
Tutte le ambientazioni di guerra sfiorano il ridicolo, dall’avvenieristica base alleata in una Germania che sembra spostata al circolo polare antartico, al pietoso check point degli americani in mezzo al nulla, fino a sto castello che sulle mappe sembrava più grande di Berlino ma in pratica si trova dietro ad una cunetta, infossato in un avvallamento. I personaggi sono caricaturali oltre ogni limite, il buon tedesco che non si capisce per quale motivo sia buono, i Warewolves che mi hanno strappato sonore risate, i russi da operetta cattivi e sporchi. La trama che va avanti a colpi di non sense, come l’assistente nazista che chiama i Warewolves dal primo piano, tempo che Fleming sale dal cortile al primo piano e i cattivi tedeschi sono già lì, gli uccidono l’amico e invece di salire sul camion e scappare, torna dentro in un palazzo dove evidentemente c’è una sola entrata (?) e via così (non ve le dico tutte, sarebbe noioso, tanto sono tutte assurde), tanto che alla fine gli autori un po’ imbarazzati dallo sviluppo, si trovano a far dire ai loro personaggi che forse non è proprio andata così.
In conclusione, posso riassumere il tutto catalogandolo sotto “spettacolo pietoso e dilettantesco” con la sola fortuna che erano pochi episodi e si poteva pure sopravvivere.
Nota: il vero apice del non sense è questo “Fleming, la mando sotto corte marziale” “Non serve, mi sono appena dimesso”…… seriamente?
1.04 - Episode 4
Spazzatura
Valutazione globale
mi poteva anche piacere il fatto di non far vedere il momento in cui i due colombi coronano il loro sogno d’amore, ma il finale al caramello mi ha fatto proprio incavolare… mamma mia, sembrava di guardare una puntata di centovetrine…