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Fino all’osso – To the Bone: La recensione del film sull’anoressia con Lily Collins

Netflix prova a bissare il successo di 13 Reasons Why, affrontando ancora una volta un tema difficile e controverso. E lo fa con To the Bone un film sull’anoressia con protagonista Lily Collins, rilasciato da Netflix il 14 luglio.

Ellen entra e esce da centri per disturbi alimentari senza ottenere risultati, ma anzi peggiorando giorno dopo giorno. Il copione è il solito: famiglia disfunzionale con una madre che ha gettato la spugna e si arresa alla malattia della figlia e a un padre assente, assenza che viene sottolineando scegliendo di non mostrarlo mai fisicamente. Le uniche che ancora lottano per Ellen sono la sorella e la seconda moglie del padre, sono loro ad obbligarla ad ultimo tentativo. E sono proprio questi due personaggi che donano al film un po’ sentimento e il pathos, mostrando in modi diversi il dramma di vedere una persona amata lasciarsi morire.

Fino all’osso è un film che tratta una tematica seria e difficile e a mio avviso, quando si sceglie di trattare sui media un tema del genere, è vietato non essere incisivi. Il film di Marti Noxon invece pecca proprio di questo, di eccessiva leggerezza: pur mostrando corpi scheletrici e gli effetti della mancanza di cibo, allo stesso tempo non sciocca, non trova il coraggio di andare oltre, di mostrare il vero lato brutto della malattia rischiando di romanticizzare la vita di Ellen e del resto dei protagonisti.

C’è un filtro troppo patinato nel mostrare il disagio di un corpo affamato: non ci sono il vomito, i capelli che cadono, i colassi che durino più di 5 minuti, non c’è niente se non una ragazza in lotta con se stessa. Tutto ciò può essere allargato agli altri protagonisti: il ballerino diventato anoressico dopo un infortunio, la ragazza che non vuole crescere, bulimica patologica. Non ci viene detto niente di realistico sulle lotte interne per accettare il disturbo alimentare e per combatterlo, sembrano quasi in vacanza questi ragazzi e no in un centro di recupero psicologico.

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Subentra poi un discorso meramente commerciale: produrre un film del genere per attirare adolescenti senza però dare spunti di discussione sul tema, è giusto? Come già dicevo, quando si parla di questi temi, non è giusto valutare il film in quanto tale, ma è necessario indagare anche il messaggio che vuole veicolare.
Sicuramente si è scelto, un messaggio positivo e di speranza: se ami la vita e te stessa, allora puoi guarire! Ma, affrontato così, è realistico?

Lo stesso metodo terapeutico del dottore, interpretato da un inedito Keanu Reeves non è approfondito per nulla – se non “tira fuori le palle” – tant’è che alla fine anche lo spettatore ci crede a questo mantra del dottore e inizia a pensare: “dai Eli mangia, che ci vuole!” Ma l’anoressia non è questo, assolutamente. Non è solo un momento prolungato in cui si controlla il cibo e poi quando si “rinsavisce” si ricomincia a mangiare.

Lily Collins è convinta che questo film aiuterà gli adolescenti a parlare dei disturbi alimentari, ha creduto così tanto in questo progetto che pur avendo sofferto lei stessa di anoressia nervosa nel 2008, ha accettato d perdere molto peso per interpretare questo ruolo, così come parte del cast e la stessa sceneggiatrice hanno tutti un passato di anoressia o bulimia.

Anche se da quanto detto finora potrebbe sembrare il contrario, To the Bone non è alla fine un brutto film. Al di là delle critiche, ci sono comunque degli aspetti interessanti, soprattutto nella scelta di mostrare Ellen come un’artista di Tumblr – famosa per aver ispirato altre ragazze all’anoressia – facendo il verso alle ANA e a quei forum e gruppi ispiratrici di disturbi alimentari. 

Maura Pistello

Fondatore/ Admin Serie tv dipendente, accanita lettrice, amante del cinema e dell'arte

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