
Film con zombie: cinque modi diversi di guardare allo stesso mito
Secondo capitolo della nostra guida ai film da recuperare in vista di Halloween. Se il primo era stato dedicato alla creatura con i più nobili natali letterari, ad essere protagonista stavolta è quella più recente. Tanto recente da potersi considerare quasi una invenzione del cinema che ha raccolto le leggende voodoo per creare una nuova figura archetipa del genere horror. Se ancora non lo si fosse capito, stiamo parlando degli zombie.
Parlando di The Walking Dead, Zerocalcare una volta scrisse che “Walking Dead si guarda perché ci sono gli zombie. E gli zombie si guardano sempre, punto”. Impossibile dare torto al fumettista romano. E impossibile, quindi, non suggerire cinque titoli da recuperare seguendo la stessa regola usata per i film con vampiri. Non i cinque film migliori, ma cinque titoli che interpretano in modo diverso lo stesso mito cinematografico.

La Notte dei Morti Viventi
Suggerimento più che ovvio dato che il film di George A. Romero del 1968 è, senza ombra di dubbio, il genitore del genere. Paradossalmente ad ispirare Romero non furono però i miti voodoo, ma la lettura di Io sono leggenda di Richard Matheson dove è descritto un mondo apocalittico in cui l’ultimo uomo sulla Terra deve sfuggire a un mondo di vampiri. Il merito di Romero fu quello di sostituire i vampiri con quella che è poi diventata l’iconografia classica dello zombie. Se i vampiri sono non morti, le creature di Romero sono morti viventi, cadaveri variamente putrefatti che si trascinano lentamente in cerca di sopravvissuti da sbranare. Quasi innocui se affrontati singolarmente con un po’ di coraggio e con la freddezza necessaria a colpirli alla testa. Minaccia impossibile da arrestare quando diventano un’orda compatta e affamata.
La Notte dei Morti Viventi impiegò poco a diventare un classico dell’horror grazie anche all’uso di macabri effetti speciali tanto artigianali quanto realistici (ad esempio, vere interiora di animali per simulare quelle umane). Il film di Romero ha però anche molti alti pregi essendo, in realtà, anche e soprattutto una critica feroce contro la società statunitense di un periodo caratterizzato dalla guerra del Vietnam e dal razzismo imperante allora persino legale in molti stati del sud. Anche ad un livello più prettamente cinematografico, La Notte dei Morti Viventi riesce ad essere innovativo grazie ad una sceneggiatura che fa prendere spesso le decisioni migliori e inascoltate ai personaggi più disturbanti e invisi allo spettatore. Né manca il cliffhanger finale con l’eroe che sopravvive agli zombie solo per essere ucciso da quelli che dovrebbero essere i salvatori.
La Notte dei Morti Viventi inaugura un genere che si rivelerà da subito prolifico grazie anche ai B – movies italiani con registi come Lucio Fulci e Mario Bava che realizzeranno svariate pellicole a tema zombie con derive spesso nello splatter. Film caratterizzati da sceneggiature approssimative e recitazione mediocre, ma impreziositi da scene spaventose e una notevole abilità artigianale nella realizzazione di effetti visivi estremamente convincenti.


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28 Giorni Dopo
L’iconografia creata da Romero è talmente potente da essere quasi intoccabile. Il quasi in questa frase è merito di Danny Boyle e del suo 28 Giorni Dopo. Nel film del 2002 diretto dal regista di Trainspotting, l’umanità è falcidiata da un virus letale che trasforma istantaneamente gli infetti in creature violente assetate di carne umana aumentandone al tempo stesso forza e velocità. A voler essere precisi, quelli di Boyle non sono veri e propri zombie dato che il virus non uccide l’ospite per cui i suoi non sono morti viventi. Ed, in effetti, non vengono chiamati zombie, ma solo infetti da una variante del virus della rabbia. Pignolerie, tuttavia, superflue perché 28 Giorni Dopo viene considerato un film con zombie a tutti gli effetti. Tanto da potersi considerare quasi il capostipite di un cinema diverso.
Donare agli zombie agilità, rapidità e forza li rende ancora più letali e consente di rivitalizzare un genere che ormai rischiava di esaurirsi nella ripetizione di cliché fin troppo abusati e diventare solo una gara a chi mostra più scene splatter. Una semplice modifica al canone permette, invece, di tenere sempre alta l’adrenalina e sorprendere lo spettatore che non sa da dove il pericolo può arrivare. Esemplare, da questo punto di vista, World War Z con le sue piramidi di zombie capaci di scalare in questo modo alte mura e abbattere ogni recinzione.
A sfruttare appieno le potenzialità di questa visione degli zombie sarà soprattutto il cinema horror coreano. Pellicole come l’imperdibile Train to Busan o il più recente Alive sono esempi da manuale. Anche la serie tv Kingdom deve ringraziare l’innovazione introdotta in 28 Giorni Dopo.


The Girl with All the Gifts
Che siano lenti e cadaverici come quelli di Romero o forti e veloci come quelli di Boyle, gli zombie hanno una caratteristica basilare in comune: non sono più umani. E se, invece, potessero essere entrambi? Ibridi tra le due specie? Domanda oziosa che trova però risposta in The Girl with All the Gifts, film del 2016, arrivato in Italia direttamente su Netflix. Curioso che ad ispirare la storia sia una notizia vera. La scoperta di un fungo che infetta un tipo di formica trasformandola in una versione in miniatura di uno zombie prima di ucciderlo spuntando dalla testa sotto forma di rami che diffondono le spore.
L’idea di Mike Carey, autore del romanzo omonimo e della sceneggiatura, è che questo possa accadere anche agli umani riducendo il mondo ad una serie di basi militari dove i pochi superstiti cercano di difendersi dalle orde di infetti. Ma il vero punto originale è la presenza di un gruppo di bambini, nati da madri infette, che mantengono tutte le capacità cognitive degli esseri umani, ma perdono il controllo appena sentono l’odore della carne. Proprio una di loro diventerà la protagonista di una pellicola dove la delicatezza degli affetti si lega in modo inatteso alla violenza più cruda. Merito di Melanie che ha il carattere docile e affettuoso di una ragazzina uscita da uno spot del Mulino Bianco, ma è anche capace di mutarsi in un attimo in uno zombie tanto intelligente quanto affamato.
The Girl with All the Gifts è anche un omaggio al Matheson di Io sono leggenda. Non perché vi faccia riferimento diretto, ma perché ne condivide la lezione. In un mondo dove gli umani sono destinati a sparire, il futuro della terra è degli zombie. Di quelli come Melanie che sapranno affrancarsi dalla parte più selvaggia per costruire un nuovo mondo. Una lezione di umiltà per l’umanità incapace di comprendere che la vita sulla Terra esisterà anche senza coloro che se ne credono i padroni.

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Warm Bodies
I film citati finora hanno modi completamente diversi di approcciarsi al genere zombie. Ma hanno in comune una caratteristica importante: sarebbero sicuramente meritevoli di essere visti anche se non ci fossero gli zombie. Non sempre, però, le ciambelle riescono col buco e a volte accade che qualcosa innovativo non basta a salvare un film. Ma può essere sufficiente per entrare in un elenco che voglia esplorare tutti i casi possibili. Per esempio, chiedersi cosa accadrebbe se gli zombie non fossero privi di ogni volontà e intelligenza, ma al contrario potessero comunicare tra di loro e con gli umani. Se diventassero pacifici e collaborativi? Se potessero persino innamorarsi?
Un’ipotesi simile sarebbe così assurda da rinnegare il concetto stesso di zombie. Eppure il cinema ci ha abituati a mettere in scena anche l’inimmaginabile. Come una storia d’amore alla Giulietta e Romeo tra una umana e uno zombie. Accade in Warm Bodies, film del 2012, non a caso realizzato dagli stessi produttori di Twilight. La sceneggiatura non merita di essere descritta essendo un ardito mix tra l’opera di Shakespeare e una romantic comedy con qualche spruzzata di horror per nulla spaventoso. Ma una posizione in questa lista se la guadagna per il coraggio di violare sistematicamente tutte le regole di uno zombie movie.
A cominciare dalla distinzione tra zombie e ossuti con questi ultimi che sono una versione scheletrica e più violenta che opprime non solo gli umani, ma anche gli zombie più pasciuti e tranquilli. Questi ultimi assomigliano più che altro ad umani catatonici, capaci tuttavia di dialogare a gesti e farsi passeggiate tra amici. Proprio uno di loro, interpretato da un Nicolas Hoult con una mano di cerone per sembrare emaciato, sarà il protagonista di una storia che porterà ad una alleanza tra umani e zombie contro gli ossuti. Il tentativo di Warm Bodies è tanto coraggioso nelle intenzioni quanto insoddisfacente nel risultato. Non sorprende, quindi, che l’idea non sia stata ripresa in nessun altro film successivo.


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Zombie contro Zombie
Il genere zombie è talmente vasto che questa già lunghissima presentazione potrebbe andare avanti per pagine e pagine ancora. Ogni appassionato sarebbe in grado di proporre decine di titoli che meriterebbero un posto in questo articolo. In attesa dei suggerimenti dei lettori chiudiamo con un film che non cambia una virgola nella descrizione classica degli zombie, ma mostra come il genere si presti anche ad esperimenti arditi.
Realizzato con un budget irrisorio, Zombie contro Zombie è un piccolo film giapponese del 2017 diventato famoso per il suo essere metacinema allo stato puro. Al centro della storia c’è un regista ossessionato dall’idea di realizzare il perfetto film con zombie. Porterà i suoi scalcinati attori in una fabbrica abbandonata che verrà invasa da veri zombie contro cui la troupe e il cast cercheranno di combattere tra incredulità iniziale e paura successiva. Reazioni che non spaventano affatto il regista la cui unica preoccupazione è di non fermare la cinepresa (che è poi la traduzione del titolo originale “Kamera o tomeru na!”).
A stupire è la tecnica registica di Shinichiro Ueda che realizza un piano sequenza di ben 37 minuti. Al tempo stesso, la recitazione degli attori è contemporaneamente esagerata e realistica facendo oscillare la pellicola tra un curatissimo mockumentary e un’involontaria parodia. Risultato premiato dalla rapida fama che il film si è guadagnato grazie al passaparola che ne ha fatto un inatteso cult.