
Fear The Walking Dead: Recensione dell’episodio 1.02 – So close, yet so far
Tra i non pochi vizi capitali della distribuzione cinematografica italiana c’è quello quasi imperdonabile di cambiare il titolo di una produzione straniera. E così si assiste a massacranti delitti come sostituire il poetico “The eternal sunshine of the spotless mind” (delicato film del 2004 con Jim Carey e Kate Winslet) con l’insulso “Se mi lasci ti cancello” o schizofrenici ed incomprensibili mutamenti come il recente “Maggie” (con un insolitamente fragile Arnold Schwarzenegger) che diventa un fuorviante “Contagious” (da titolo inglese a titolo inglese e quindi vallo a capire il perché del cambio). Anche volendo accettare l’infelice idea che un popolo allergico alle lingue straniere come il nostro abbia bisogno di un titolo immediatamente comprensibile per farsi attrarre da un film, alle volte basterebbe limitarsi ad una traduzione fedele per non perdere il senso corretto dell’idea originaria dell’autore. Così questo episodio di “Fear The Walking Dead” si intitolerebbe semplicemente “Così vicino, eppure così lontano” che rende perfettamente il significato intimo del secondo capitolo dello spinoff della ben più famosa serie madre.
“So close, yet so far” è, infatti, un’espressione sintetica che si presta a diverse interpretazioni. Da quella letterale a quella metaforica e tutte possono riferirsi bene alla situazione in cui si trovano imprigionati i protagonisti di questa puntata. Ma, prima di loro, è il mondo stesso a trovarsi “così vicino, eppure così lontano” da quello che sarà lo scenario apocalittico che farà da inquietante fondale per le storie del gruppo di Rick Grimes.
L’epidemia mortale che cancellerà ogni traccia di civiltà e trasformerà la popolazione mondiale in un esercito informe di affamati walkers non è più il delirio allucinogeno di un tossico a cui è impossibile dare credito né la paranoia complottista di un ragazzino vittima di troppi bulli. Perché notizie allarmate ed imprecise cominciano a circolare incontrollate e incontrollabili sulla rete globale. Perché video inquietanti di morti che attaccano violentemente invece di restare placidamente morti totalizzano numeri sempre più alti di contatti. Perché la gente si ammala dopo essere stata morsa (e Scott è il primo nome che la serie scrive nella lista di chi si sacrifica per le persone amate). Perché una festa di compleanno di una bambina resta desolatamente vuota prima di diventare una sanguinosa tragedia. Perché un poliziotto pensa a fare scorta di acqua nell’auto di servizio invece che dirigersi dove c’è bisogno di lui. Perché tutto sta andando come Tobias lucidamente descrive con la frase sulle civiltà che cadono di botto e non lentamente (e i continui black out di luce e telefoni ne sono la prova evidente). Perché Maddie deve sporcare le maniche della giacca per salvare il suo personale bignami della catastrofe che sarà. Eppure, nonostante sia sempre più vicino il previsto momento dell’inevitabile collasso (perché al futuro presente di “The Walking Dead” si dovrà arrivare), il mondo è ancora “così lontano” da quel suo tragico domani. E così Alicia può camminare per strade apparentemente deserte dove però l’unico pericolo sono gli skaters che sfrecciano all’improvviso alle sue spalle. Chris può salire su uno scuola bus spensieratamente caotico preoccupandosi solo di non rispondere alle telefonate pressanti di un padre con cui non vuole parlare. La folla ignara può ancora scontrarsi con una polizia dai metodi troppo spicci scatenando una rivolta feroce per degli omicidi visti come imperdonabili abusi invece che come necessarie uccisioni (perché il senzatetto di colore e la emo punk traballante sono i primi walkers e non vittime innocenti). “So close, yet so far” descrive bene l’approssimarsi alla tragedia, il lento eppure inarrestabile scivolare verso una apocalisse che solo pochissimi riescono a intuire. E lo fa contando sulla tensione continua che nasce nello spettatore dal sapere quello che i personaggi della serie ancora ignorano sfruttando così efficacemente l’indubbio vantaggio che deriva dall’essere questa miniserie ambientata nel passato della serie madre.
Proprio come il suo illustre genitore, “Fear The Walking Dead” non si concentra tuttavia sul mondo intorno, ma su un ristretto gruppo di personaggi che devono sopravvivere a quello che sta per accadere. “Così vicini, eppure così lontani” (l’ambiguità dell’inglese permette la declinazione al plurale del titolo) diventa allora una metafora per descrivere lo status in cui gli involontari eroi si trovano durante questo episodio. Da un lato, Maddie con i due figli Nick e Alicia. Dall’altro Travis con la recalcitrante ex moglie Liza e il difficile Chris. Due famiglie distinte eppure unite quel Travis che, recuperato Nick ed elaborato un approssimativo piano per la fuga da Los Angeles, non può certo dimenticare suo figlio Chris o lasciarsi fermare dalle ovvie diffidenze della sua precedente consorte. In una affannata rincorsa dove gli ostacoli sono non solo quelli imposti dalla crisi imminente (tra traffico in tilt e polizia ostile), ma soprattutto quelli dettati dalla diffidenza della sua prima famiglia, Travis riesce infine a riunire sotto uno stesso rifugio (offerto con poca convinzione dalla debuttante famiglia Salazar) in attesa di ricongiungersi con Maddie. Eppure, pur essendo così vicini fisicamente, i membri dell’eterogeneo gruppo di Travis sono mestamente lontani separati dai problemi passati che covano sotto la cenere di una forzata cortesia quasi istituzionale. È proprio questa mancanza di fiducia reciproca che priva di credibilità gli allarmati avvisi dell’insegnante di letteratura ancora più che la comprensibile difficoltà ad accettare che un mostro sia scappato da un film horror per precipitare nella realtà.
“So close, yet so far” conferma quanto di buono si era visto nella premiere e lascia avanzare la trama orizzontale suggerendo la probabile struttura della stagione (il tentativo dei due gruppi di ricongiungersi affrontando i pericoli di un mondo che sta implodendo sotto il peso della pandemia zombesca). Purtroppo, anche le pecche (una certa lentezza in alcuni tratti e un finale inevitabilmente scontato) restano a galla nonostante il tentativo di affondarle aumentando il carico di tensione delle scene. Ma, dopotutto, questo secondo episodio fa il suo dovere: convincere che vale la pena continuare a seguire questo spinoff. E non è mica poco.
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Ti dirò, per me che sono un appassionato di genere zombie, anche se più a livello letterario che visivo, proprio per i pochi prodotti per grande o piccolo schermo che riescono a rendere giustizia al genere, per me, dicevo, questi primi due episodi sfiorano la perfezione… Chiaro, son due episodi e vedremo come si sviluppa, per ora era gioco facile, ma potenzialmente sta un gradino sopra alla serie madre
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Sinceramente visto che la serie principale sta deragliando in una spirale di già visto e noia, parlo almeno fino alla metà della quinta, qui si riparte da zero ed è più facile appassionare sono arrivato alla seconda puntata ma si prefigge interessante, spero solo che anche qui non vogliano tirarla per le lunghe come la serie originale che si parla di arrivare alla decima stagione, sinceramente è giù un miracolo se arrivo alla fine della quinta.
Poi qui gli zombie sono freschi, quella della serie originale dovrebbero essere ormai un mucchietto di ossa fradice per quanto hanno allungato il brodo.