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Fargo: un’indagine estraniante. Recensione dell’episodio 3.03

Spiazzante e bizzarro. Il terzo capitolo della terza serie di Fargo lascia chi lo guarda stupito, ammirato, frastornato, innervosito. Insomma, di sicuro non lascia indifferenti.

Si riparte dalla morte del vecchio Ennis Stussy, quello ucciso per sbaglio, patrigno della poliziotta Gloria che ora indaga sull’omicidio. Scoperto che la sua vera identità era quella di Thaddeus Mobley, autore di romanzetti di fantascienza, Gloria parte per Los Angeles sulle sue tracce. La puntata si svolge tutta qui: tra rivelazioni poco utili ai fini dell’indagine principale, e un lungo flashback sulla vera storia di un giovane scrittore.

Gloria scopre che l’uomo a cui era legata era stato in gioventù persona ben diversa, e si capisce la vacuità di un’esistenza sepolta in un remoto villaggio del Minnesota (come i romanzetti), solo quando si scopre quanto sia sconvolgente provare l’ebrezza di una vita ambiziosa. E poi manca il coraggio di riprovarci, per non sentire ancora quel dolore.

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Il dolore che Thaddeus ha provato è di quelli che fanno andare il sangue al cervello. Tutto ciò in cui credeva annullato con un click. Esattamente come accade al robot protagonista del romanzo The Planet Wyh che gli ha fatto vincere il primo premio ad un concorso di fantascienza nel 1975.

E qui, sobbalzando dalla poltrona, assistiamo all’entrata in scena del robottino in forma di cartone animato. E’ un modo originale di leggere il romanzetto con gli occhi di Gloria, che se lo rivede nel sonno. Ma è solo una parte delle bizzarrie che accadono a lei e a noi spettatori che la seguiamo, come il fatto di venir derubata della valigia da un babbo natale appena arrivata a Los Angeles, o vederne tre giocare a carte a bordo piscina. Di certo le lande innevate del Minnesota si addicono di più alla presenza di così tanti babbi natale.

E poi ecco apparire una scatola. Nel sordido motel dove alloggia Gloria, nella stessa stanza che fu di Thaddeus, c’è una scatola che si muove da sola. Basta un click.

Il principio di non contraddizione, come titola l’episodio, è un principio della logica classica, enunciato da Aristotele «È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo» e a me pare che il grande sforzo che qui si voglia fare sia tentare di contraddirlo. Fino ad ora assistiamo al tripudio del doppio, in cui l’uno nega l’altro.

Il pulsante per accendere e quello per spegnere. Il giovane scrittore ambizioso e il vecchio impolverato e avvinazzato. La femme fatale e la vecchia cameriera pentita. Il borioso produttore bugiardo e il decrepito filosofeggiante. Il robot onniscente che però non è programmato per comunicare. Questo episodio gioca pesante sul dualismo, che a partire dai gemelli Stussy è l’elemento più presente di questa stagione.

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Gli altri protagonisti non appaiono, lasciano campo libero a una intensa Carrie Coon, impegnata a dare corpo al personaggio di Gloria. La vediamo come una provinciale con qualche difficoltà di adattamento nella metropoli, divisa tra l’istinto di divertirsi con un attraente poliziotto e perseguire il suo dovere di segugio. Arriverà a qualche deduzione significativa, sul finire della puntata. E noi ormai conquistati, contenti di vedere che tornando a casa ha portato con sé la misteriosa scatola meccanica.

Stefano Scarpa

Digital designer e autore. Ha pubblicato il giallo "Il cimitero" con Porto Seguro Editore nel 2020. All'attivo altri romanzi editi su Lulu.com. Nato a Trieste nel 1968 vive a Roma dove si è laureato in Lettere a La Sapienza nel 1995 e sposato nel 2018.

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