fbpx
Recensioni Serie Tv

Fargo: Recensione dell’episodio 1.10 – Morton’s Fork

Possiamo considerare Fargo un capolavoro? No, molto probabilmente no, ma secondo me è un buon prodotto, condito da dettagli particolarmente belli, come un’ottima colonna sonora e attori di alto livello che non steccano mai, elevando anche quelli che così bravi non sono. Aggiungiamo una fotografia eccezionale e una regia a tratti innovativa e il tasso tecnico di questa serie si alza decisamente.

fargo 110dCerto, bisogna apprezzare il cinema dei Coen, specialmente film come l’originale Fargo o Non è un Paese per vecchi, con i quali questa serie ha moltissimi punti in comune, e soprattutto bisogna essere avvezzi alla filosofia di base dei fratelli di Minneapolis, per la quale il male e il bene sono ineluttabili e spesso banali, anche se nei loro eccessi di ferocia o di dabbenaggine. Una storia che balla spesso sui limiti dell’assurdo, del forzatamente grottesco ma che ha come linea guida la banalità dell’animo umano e del destino. La Morton’s Fork è una figura retorica della cultura anglosassone, per cui, anche partendo da situazioni diametralmente differenti, sia facendo le cose in un modo che nel suo opposto, la conclusione è sempre la stessa. Questo richiama anche l’altro pilastro della filosofia Coeniana, ossia l’ineluttabilità e la ripetitività del destino.

Questa serie, in mezzo a carte che continuamente si rimescolano e a personaggi sempre sopra le righe che spuntano e spariscono in modi assolutamente cruenti, rappresenta un affresco delle due facce del bene e del male, concretizzandole principalmente in quattro figure, anche se ce ne sono altre di importanti, ma queste quattro sono la sintesi del quadro che i Coen dipingono: Lorne Malvo è il male che si compiace di se stesso, il male psicotico e che non si maschera dietro una facciata di perbenismo (pur passando la vita dietro a maschere); fargo 110bLester Nygaard è il male opportunista, l’uomo frustrato che intravede una strada per migliorarsi e diventa disponibile a sacrificare ogni cosa che si pone sul suo cammino (impressionante la crudeltà con cui dispone della sua povera seconda moglie, sia al termine dello scorso episodio, che nell’incipit di questo finale), pur di arrivare. Un uomo che in questo caso si nasconde dietro la parvenza di accettabilità sociale.

Molly Solverson invece è il bene concreto, semplice e determinato: una forza d’intuito ma una fragile goffaggine che la rigetta tra gli emarginati, una donna con dei limiti ma una strada tracciata. Lo sceriffo Bill invece è il bene che nasce dalla semplicità mentale, da, come sottolinea lui stesso in questo episodio, un ottimismo che travalica nella dabbenaggine.

A loro modo sono tutti degli emarginati, anche gli altri personaggi, nel lato buono e in quello cattivo, rappresentazione della visione del mondo Coeniana, nella quale l’individuo è l’emblema della fragilità imperfetta e destinata a non avere mai successo e la società è un insieme di personalità simili, gioco nel quale il caso e il destino elevano e ributtano a terra, senza che sia la volontà di alcuno a contare.

fargo 110fEd è così che la casualità porta il pavido Gus, quello spaventato e più propenso a farsi da parte, dopo averlo quasi arrestato due volte, sarà lui ad essere l’uomo che ucciderà la bestia, ed è così che il destino porterà alla fine di tutto Molly a quella posizione di sceriffo che le era stata destinata dal primo minuto di questa serie. Ed è ancora così che Malvo e Nygaard, grandi “compari, nemici, manovratori, dominus di questa scacchiera, trovano la morte in modo semplice e banale, quasi stupido.

La poesia dei Coen si è dipanata lungo tutta la serie, passando da momenti fracassoni a momenti più grotteschi, da non sense stranianti a macchinazioni complicate. In questo finale, eliminate le side stories meno influenti (due su tutte quelle di Gina Hess e del proprietario degli ipermercati), si arriva al già delineato concretizzarsi del destino con ognuno dei protagonisti che finisce esattamente dove dovrebbe finire, senza un trionfo ma con una normalità, pur squassata, che torna ad essere quella che è sempre stata.

Andando a trovare una pecca a questo show, molto probabilmente mi potrei concentrare sulle side stories che ho nominato prima. Per quanto funzionali allo sviluppo della trama e sicuramente ben fatte e col giusto pizzico di grottesco divertimento, sono state probabilmente eccessivamente ampliate per consentire un minimo di episodi alla serie che altrimenti non ci sarebbe stato. Secondo me sarebbe forse bastato ridurne l’impatto e fare una serie da otto episodi, ma qui rischiamo di entrare in un discorso ben più lungo di una semplice recensione.

fargo 110cIn fin dei conti, comunque, Fargo è una serie che mi ha soddisfatto, anche se probabilmente la serialità televisiva non si adatta pienamente alla tipologia di racconto dei Coen, che sicuramente rende di più se è maggiormente compatto e se non viene spezzettato in appuntamenti settimanali che, giocoforza, ti fanno entrare ed uscire dal mondo Coeniano che invece richiederebbe una maggiore immersione. Valeva sicuramente la pena guardarlo e mi sento sinceramente di consigliarlo a chi apprezza questo particolare genere di racconto.

1.10 - Morton's Fork
Fargo - La Serie

Banalmente efficace

Valutazione globale

User Rating: 4.75 ( 7 votes)

Articoli correlati

3 Commenti

  1. Che valesse la pena guardarlo è sicuro, perché è stato un prodotto molto peculiare in questo ambiente dal punto di vista tecnico, la regia di fargo è diversa dalle altre viste prima in televisione e solo per questo motivo, la serie andrebbe guardata.Ma se vogliamo soffermarci su tutto il resto a me questa serie non ha lasciato niente, nessun messaggio, nessuna conoscenza in più, nessuna riflessione da fare in questo finale. Ormai siamo arrivati ad un punto in cui, se non riesci a creare un prodotto unico nel suo genere il tuo telefilm rimane nella melma dei “mediocri”, cioè di quelle serie guardabili ma che non ricorderai a lungo, e l’elemento che dovrebbe donare originalità nelle serie tv è la storia o quanto meno il modo di raccontare una storia, e quindi la sceneggiatura. Lo script di fargo fa acqua da molte parti, a cominciare dalle due storyline che hai citato, per finire con il personaggio di Lester che si trasforma da freddo calcolatore che era diventato nello scorso episodio a demente più totale, come dimostra la fuga in motoslitta. Mi è dispiaciuto vedere Naygard fare un determinato percorso mentale e morale per farlo finire poi così, mi è sembrato futile. Capisco la banalità del bene e del male, ma a me sembra che qui il bene vinca e numerose volte, prima con gus che trova il riscatto nell’uccidere Malvo e poi la nomina da sceriffo di Molly che in tutto questo casino si è anche fatta una famiglia sua.
    Fargo non casca nel pantano dei mediocri ma dopo i tre episodi di Sherlock con cui si è aperto il 2014, TD (si capolavoro!), e Hannibal parte 2, non riesce a raggiungere questo tipo di livello che la porterebbe ad essere ricordata nei secoli dei secoli… Poi, fan dei cohen divertitevi e contare le citazioni, ma dovrebbe essere il cinema che va verso la televisione e non la tv che guarda al cinema ormai… Fuller docet!

  2. Oh, dunque, dopo la recensione, qualcosa in più lo capisco. Ossia capisco che è proprio la filosofia coheniana che mi ha fatto non apprezzare la serie come invece capitato ai fan dei fratelli. Avevo tacciato la serie di una certa banalità riscattata dalla bravura degli interpreti ed ora mi si viene a dire che quella banalità era voluta e cercata in omaggio ad una precisa ideologia. Ok, d’accordo, lo accetto.

    Ma, come dice Caterina, una serie tv che voglia essere originale dovrebbe proporre una propria visione, magari ispirata a qualcun altra, ma non limitarsi ad essere una ripetizione di qualcosa già detto. Fargo, alla fine, sembra voler essere un omaggio ai Cohen e ai loro fans (non sono un esperto, ma il fatto che il discorso di Bill ricalchi quello dello sceriffo di “Non è un paese per vecchi” è una citazione al limite del plagio), ma un prodotto tv dovrebbe parlare a tutti e non solo agli “eletti”.

    Per questo motivo, alla fine, Fargo per me resterà una serie con ottime soluzione di regia, fantastici interpreti, divertenti situazioni, ma troppa banalità e punti morti per potersi meritare più di una sufficienza con lode. Oh, poi, sarà che siamo stati abituati troppo bene con True Detective, Sherlock, Hannibal, The Americans che dicevano tutte, a loro modo, qualcosa di nuovo.

  3. Ciao a tutti e complimenti per il vostro sito. volevo aggiungere, seppur in ritardissimo, una piccola curiosità su questo ultimo episodio. quando martin freeman viene riportato in macchina dall’fbi nel suo appartamento, uno dei due agenti gli propone l’indovinello del lupo, della pecora e del cavolo. non è la prima volta che martin freeman deve risolvere questo indovinello. nel quarto episodio della prima stagione della serie britannica the office un manager esterno viene invitato da david brent alias ricki gervais per un incontro motivazionale e a un certo punto propone agli impiegati di risolvere proprio quest’indovinello. chissà se è solo una coincidenza…saluti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Pulsante per tornare all'inizio