
Falling Skies: recensione dell’episodio 3.01-3.02 – On Thin Ice – Collateral Damage
In principio, nella sua prima stagione, Falling Skies sembrava una versione fantascientifica di The Waking Dead. Nella seconda ha cercato di crearsi un’identità propria più definita. Con questa season premiere la serie si aggiudica il marchio indelebile di vero e proprio sci-fi show. Dallo shock per il trauma subito della prima stagione si è passati alla lotta per la sopravvivenza della seconda. Nella terza si combatte.
Pur restando una di quelle serie che trasudano americanismo da tutti i pori (molta azione, effettoni speciali, stelle e strisce, razzismo del sud e via di questo passo), le tematiche tipicamente fantascientifiche diventano predominanti. È sufficiente la prima sequenza per dimostrare questa mia affermazione. Mech giganti, comunicazione telepatica, ribelli Skitter, armi ad energia, nuovi alieni al fianco degli umani. Insomma, c’è tutto il repertorio, mancava solo una nave spaziale ed eravamo a posto.
Questo inizio stagione ci porta un po’ più avanti rispetto a dove era finita la seconda, sette mesi più avanti. Tom Mason è stato eletto Presidente di Charleston, ma continua ad essere la stessa persona di prima. I ribelli Skitter sono più organizzati e riconoscibili, con pitture tribali. C’è una nuova razza aliena, i Volm, che sono diventati alleati degli umani, non senza creare fastidio praticamente a chiunque tranne che a Tom. Pope è sempre il solito rompiscatole, Dan è sempre il solito duro, e così via.
Quindi troviamo gli stessi personaggi, con gli stessi caratteri, ma all’interno di circostanze esteriori profondamente cambiate. Si tratta di una scelta autoriale coraggiosa e che a mio avviso paga, soprattutto quando alle spalle hai un produttore esecutivo come Steven Spielberg, che di queste cose se ne intende. È come un’accelerata improvvisa sulla narrazione, lasciando alle spalle il rischio di annoiare con la lentezza.
Al momento i personaggi sono ognuno sulla propria strada personale, con Tom a fare da collante tra le varie situazioni. Han e Maggie sono una coppia in difficoltà per via del micro impianto che Karen ha immesso nel cranio del primogenito Mason e così facendo, avere il potere di attirarlo nella foresta per delle sveltine interplanetarie. Povera Maggie. Lui le fa tante storie per due battutine con i compagni di battaglione mentre se la gode con la psicotica aliena/umana. Due bionde. Mah. “Mah” che diventa ancora più “mah” quando scopriamo, per voce del Volm, che Karen è diventata il nuovo “sovraintendente” Espheni della zona. Potrei capottarmi con un quadruplo “mah”.
Ma lasciatemi parlare dell’americanismo spinto nella forma dell’insofferenza verso lo straniero. I Volm, nuova razza aliena, apparsa alla fine della seconda stagione e ora in pianta stabile al fianco della resistenza umana, dicono di essere giunti sulla Terra con lo scopo di salvarla dagli Espheni. Ovviamente nessuno crede loro e tutti pensano che una volta eliminati i cattivoni, saranno loro a conquistare il pianeta.
Se Falling Skies fosse una serie degli anni 80 lo spirito sarebbe stato sicuramente diverso. La positività che caratterizzava le serie sci-fi dagli anni ‘60 fino ai ’90 era lo spunto per guardare al futuro con ottimismo. Poi siamo entrati nel 21esimo secolo e le cose sono lentamente cambiate. Star Trek ha perso lo slancio ottimista, sono arrivate le serie scure come Fringe e Lost e la leggerezza è stata relegata a serie come Eureka e Warehouse 13, belle ma considerate di secondo livello (e in effetti in parte lo sono).
Ecco quindi che non stupisce come l’arrivo dei Volm sulla scena di Falling Skies non rappresenti molto altro che una nuova minaccia. Anche da un punto di vista narrativo, non si fa niente per far provare allo spettatore della compassione verso gli alieni. Forse rimane un po’ verso gli Skitters, che in quanto privi di parola ci ricordano gli animali (e sappiamo come la morte degli animali ci colpisca). Ma i Volm sono eterei, distanti, una figura che viene ricondotta agli indiani d’America (il Volm che fa da tramite con gli umani viene chiamato Cochise). E nonostante ci sia Spielberg dietro, che di certo non è un repubblicano, il risultato è questo. Anzi, forse proprio per il suo retaggio ebraico Steven è portato a supportare questa visione in cui la massa non è particolarmente illuminata.
Oppure la talpa che serpeggia tra le fila della 2nd Mass, che ha anche fatto fuori Arthur Manchester (Terry O’Quinn, bye bye Locke), è proprio un Volm, riconfermando lo spirito pessimista e nichilista di cui sopra.
Queste prime due puntate sono belle, scorrono via veloci, nonostante qualche intermezzo poco interessante (soprattutto riguardo al figlio piccolo di Tom, maledetto marmocchio) e soprattutto espandono prepotentemente lo scenario, catapultandoci nell’azione. Ottimo inizio, non c’è che dire. Come dice qualcuno in rete, essendoci dietro Spielberg, la serie potrebbe trasformarsi in La Guerra dei Mondi oppure in E.T. Quale dei due?