
Fallen: Recensione del film tratto dal romanzo di Lauren Kate
Titolo: Fallen
Genere: Romantico, fantasy, mystery
Anno: 2016
Durata: 92 minuti
Regia: Scott Hicks
Sceneggiatura: Nicole Millard, Kathryn Price, Michael Ross (basato sul libro di Lauren Kate)
Cast: Addison Timlin, Jeremy Irvine, Harrison Gilbertson, Joely Richardson, Juliet Aubrey, Lola Kirke
C’è un motivo per cui le trasposizioni cinematografiche di libri come Fallen hanno vita difficile. Pur volendo sorvolare sull’evidente carenza di originalità nella storia di un amore maledetto, e per questo passionale e struggente, ci sono pochi elementi che giocano a favore del fascino del film di Scott Hicks. Tutt’altro che un principiante nel mare delle pellicole romantiche, dal momento che ha diretto sia Amori e Dissapori (2007) che il più recente Lucky One (2012), tratto da un romanzo di Nicholas Sparks. Il problema, dunque, non è il regista.
Il problema, in verità, è un susseguirsi di elementi poco studiati o semplicemente poco finanziati – perché il budget ha inciso parecchio sulla pellicola, e si vede. Una storia che sulla pagina sembra una mera ballata dell’amore eterno, con tanto di ali e angeli ed eternità, acquista qualcosa in più nella sua ambientazione e scenografia ma perde quasi tutto il resto. Dal cast alla banalità dei dialoghi, dagli attori poco più che sconosciuti alla storia decisamente mal delineata. Un flop? Quasi.
Fallen: una protagonista che parla poco, il bello e dannato e… quello dannato e basta
Lucinda “Luce” Price (Addison Timlin) arriva alla Sword & Cross, una scuola per ragazzi problematici, dopo aver bruciato in un incidente il suo (ormai ex) ragazzo. A causare l’incendio sono state delle “ombre”, entità che la perseguitano fin da piccola e che non la lasciano mai. La nuova scuola, malgrado le iniziali aspettative, si rivela molto più complicata di quanto Luce credesse. Soprattutto quando conosce il giovane ed affascinante Daniel Grigori (Jeremy Irvine) e percepisce di avere un forte legame con lui, pur non avendolo mai incontrato. La sua affinità con il misterioso ragazzo è ostacolata dall’attrazione che prova per il tenebroso Cam (Harrison Gilbertson), molto più incline di Daniel a corteggiare la nuova arrivata.
Tra lezioni e studenti bizzarri, Luce si avvicinerà sempre di più ai due ragazzi. Un’amicizia ed un’intesa che la porteranno a scoprire di più sulle ombre che la perseguitano, sul suo passato e sui ragazzi che non pensava affatto di conoscere.
La storia resta fedele ai libri – ce ne sono quattro, per chi se lo stesse domandando. Lo fa forse fin troppo, raccontando gli eventi con una chiarezza a riflesso, i discorsi e le persone viste esattamente come il libro le ha descritte. Peccato che tutte le sensazioni di un racconto in prima persona su pagina si perdano, invece, nei silenzi di una protagonista che fatica ad aprire bocca. Quello che la sua mente non dice dovrebbero essere le parole a raccontarlo, i gesti. La Luce della pellicola resta imprigionata in una gabbia di silenzio e smarrimento che si trasmettono allo spettatore. Forse fin troppo.
Lo sforzo di Fallen fallisce nella pesantezza dei dialoghi e degli effetti speciali con basso budget
Una storia di per se complicata non può essere raccontata in maniera ancor più complessa: finirebbe con l’appesantire. Fallen è infatti pesante. Pesante nel suo sforzarsi di rendere i personaggi eclettici, le ambientazioni affascinanti, gli effetti speciali caratteristici. Come possono tutti questi fattori incidere positivamente su una pellicola con un budget quasi invisibile? Film interessanti hanno potuto contare su molto meno e, invece di investire tutto nella ricostruzione dell’istituto e nella nebbia artificiale, qualche sforzo maggiore avrebbe potuto essere rivolto al complessivo pacchetto. Più dialoghi, più realismo nelle conversazioni tra adolescenti in una scuola come la Sword & Cross, più autenticità nel guardaroba dei protagonisti. Per metà del film sembrano ad un concerto degli Evanescence e per l’altra sembrano aver saccheggiato gli ultimi capi dei saldi da Pimkie.
Perché allora darsi la zappa sui piedi? Perché sforzarsi tanto su dettagli non essenziali e tralasciarne altri importanti? Per quanto possa essere banale, la storia di Luce, Daniel e Cam su pagina è affascinante. Scritta in modo semplice ma non di meno affascinante. Luce vede e percepisce tutto in maniera molto precisa, descrive con dovizia di particolari tutto quello di cui abbiamo bisogno per seguire il suo racconto. Perché allora cambiare? Perché decidere di eliminare parzialmente o del tutto quello che rendeva Fallen parzialmente interessante? Per necessità di copione, di minutaggio, di richieste di casa di produzione?
Il film ha avuto una gestazione più lunga del solito, restando lontano dalle sale cinematografiche per tantissimo tempo dopo la fine delle riprese. Il motivo sembra evidente. Sembra evidente un parallelismo di opinioni differenti che hanno cercato di trovare un punto in comunione (senza riuscirci completamente) per una storia che aveva un modo – e uno solo – di essere raccontata. Sembra evidente il desiderio di dire tutto senza effettivamente dire nulla (ancora una volta, troppi silenzi e pochi dialoghi), saltando spesso passaggi essenziali da pagina a inquadratura e aspettandosi un collegamento mentale che uno spettatore non sempre sarà in grado di fare.
Il Twilight mancato della prossima generazione
Fallen è il tipico film da teenager che ancora non hanno del tutto smesso di amare Twilight. È un film che avrebbe potuto coinvolgere una generazione, diventare un nuovo giulty pleasure – con Jeremy Irvine al timone, dato che i requisiti per diventare il “nuovo Pattinson” li ha davvero tutti. Avrebbe potuto concentrarsi meno sulla quantità e incentrarsi piuttosto sulla qualità, migliorando quello che già c’era senza aggiungere inutili segmenti mal riusciti (solo a pensare alla scena della moto e il vento sparato con il phon mi vengono i brividi!). Avrebbe potuto rendere la storia di Luce e Daniel epica proprio come il libro ha tentato (riuscendoci) di venderla: un amore che conquista tutto e che sconfigge ogni ostacolo. Avrebbe potuto essere quello che la gente vuole vedere, quello per cui paga un biglietto, consapevole di cosa sta acquistando con quei 90 minuti.
Invece abbiamo il solito teen drama, il solito elemento sovrannaturale già visto, già sentito, il solito cast dei belli e dannati (praticamente sconosciuti, o quasi) con poco incentivo a voler sapere di più. Anche se pare che Torment, il secondo libro, verrà anch’esso adattato per il grande schermo. Con quale budget e quali investitori – dato il flop al botteghino di questa pellicola – non ci è dato saperlo. Per adesso però possiamo metterci l’anima in pace: Fallen non farà storia e, per quanto ci riguarda, forse è perfino meglio così.
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