
Euphoria: il ritratto di una generazione smarrita – Recensione della prima stagione della serie HBO con Zendaya
Non c’è un modo univoco di descrivere il pubblico delle serie TV. Perché non esiste il pubblico delle serie TV, ma piuttosto esistono tanti pubblici delle serie TV. È per questo motivo che le reti (via cavo o streaming o quel che sia) producono generi diversi per accontentare platee differenti. Spettatori spesso separati da steccati puramente anagrafici perché banalmente un genitore difficilmente predilige le stesse serie dei suoi figli. Ma ci sono serie che riescono a scavalcare queste barriere invisibili. Perché parlano a tutti e lo fanno con la lingua dei ragazzi per farsi ascoltare dagli adulti. Come Euphoria, la serie rivelazione HBO dedicata alla generazione X.

Navigare senza bussola e senza rotta
Interpretata da un cast talmente giovane che tre dei personaggi principali sono addirittura all’esordio quasi assoluto, Euphoria si può descrivere riduttivamente come la storia della tormentata Rue e del suo rapporto d’amore con l’irrefrenabile Jules. Sinossi non errata eppure completamente fuorviante. Perché Rue è prima di tutto Virgilio che guida Dante nel suo viaggio tra inferno e purgatorio. Che accompagna lo spettatore a conoscere dei dannati indimenticabili che hanno accettato i loro tormenti come fossero normale quotidianità. E che provano a viverli cercando un modo di evadere da una realtà di cui non ha senso lamentarsi tanto nessuno farà niente per te se non lo fai tu.
Euphoria è il ritratto di quella che commentatori da social e opinionisti low cost amano chiamare generazione X nell’illusione che darle un nome basti a comprenderla. Senza accorgersi che su quell’etichetta non c’è scritto niente altro che sia davvero utile per chi deve averci a che fare. Per quegli adulti che sono madri e padri di figli e figlie che vedono ogni giorno senza vederli davvero mai.
Adolescenti sulla soglia della maggiore età che vivono situazioni che i loro genitori considerano estreme, ma che per loro sono normali e quasi ovvie. Perché è troppo semplice lamentarsi della perdita di valori e dell’assenza di ogni morale invece che riconoscere che non si può apprendere ciò che nessuno si preoccupa di insegnare. O, più tristemente, nessuno ha l’autorità di insegnare. Gli adulti in Euphoria spesso non sono assenti. Ma non sono neanche quegli esempi da cui lasciarsi ispirare o delle bussole su cui leggere una direzione.
E allora diventa normale scambiarsi foto porno perché la sessualità non è né un tabù intoccabile né un dono prezioso, ma solo un qualcosa senza valore che si può scambiare come fosse un ciao o un mi stai simpatico. Non è assurdo cercare attimi di fasulla felicità imbottendosi di droghe perché che facciano male è cosa nota, ma non è che ci sia poi molto da perdere. Lasciarsi andare ad incontri occasionali solo per il gusto di sentirsi desiderati diventa un modo come un altro per essere sicuri di sé stessi. Persino dare la massima importanza ad un vuoto apparire invece di un più concreto essere non è più un ingiustificabile errore, ma una logica conseguenza del non avere avuto nessuno che concretamente abbia mostrato quale sia l’ordine giusto.
Una generazione che ha scelto di andare alla deriva perché non ha mai avuto nessuno strumento per disegnare una rotta.
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L’amore ed altre paure
Questo non sapere come affrontare ogni giorno finisce per travolgere ogni rapporto umano al punto che anche l’amore può avere tanti colori. Non tutti luminosi e rassicuranti, ma anche cupi e spaventosi.
Euphoria ruota molto intorno alla coppia Rue – Jules che è sicuramente quella che maggiormente s’impone all’attenzione dello spettatore. Una storia felicemente fuori dai banali canoni televisivi. Rue è una tossicodipendente che prova a smettere e Jules una trans che vuole solo essere amata. Eppure anche l’idillio che spontaneo nasce tra di loro è corrotto da paure e incomprensioni.
Perché il passato di Rue le ha insegnato che ogni periodo felice non dura mai per sempre, ma al contrario è seguito da un periodo buio. E che aggrapparsi a qualcuno per salvarsi volando alto nel cielo significa precipitare nel vuoto senza paracadute se questo qualcuno non dovesse esserci più. È questa la paura da cui Rue non riesce a liberarsi e che non può conciliarsi con il carattere di Jules che è, invece, alla ricerca continua di sogni e speranze.
Che siano gli effimeri corteggiamenti che precedono una notte di sesso con un appuntamento on line. O le carezze innamorate di Rue. O la passione improvvisa di Anna. A tratti l’estrema libertà che Jules si concede sembra quasi indicare che lei non sia davvero innamorata di Rue. Ma la verità è che Jules ama così tanto amare da concedere tutta sé stessa a questo sentimento piuttosto che ad una persona specifica.
Non essere sola è ciò che, in fondo, maggiormente desidera Jules. Ed è la stessa ragione per cui Maddy non può staccarsi da Nate. Nonostante la loro relazione non si fondi sullo stesso tipo di amore che lega Rue e Jules. Anche se lei sa che stare con Nate significa accettare che i giorni no siano più di quelli si. Eppure, Maddy accetta la sua violenza fisica e verbale, le umiliazioni, i soprusi. Così come Nate è disposto ad ogni crimine pur di non perderla. Perché entrambi trovano nell’altro la realizzazione di un desiderio irrinunciabile: essere la coppia regina.
Amare in Euphoria può significare tante cose. Che non devono necessariamente essere romantiche. Perché anche romanticismo è una parola il cui vero significato nessuno ha insegnato alla generazione X.


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Apparire per essere
In queste condizioni, in Euphoria, l’amore può anche diventare un inganno. Come accade a Cassie la cui relazione con Chris nasce sotto la stella della fiducia reciproca per poi degenerare rapidamente in un abbandono crudele. Convincendo Cassie che l’unica soluzione per lei è rinunciare alla possibilità di essere davvero amata. Perché la sua bellezza la incatena al ruolo della ragazza da conquistare e da esibire come trofeo. Una rappresentazione che non le piace, ma alla quale si adegua finendo a volte per eccedere dovendo poi pagare le conseguenze. Eppure, Cassie sembra quasi rassegnata a restare dietro le sbarre del suo apparire perché al di fuori di quelle c’è un vuoto ancora più spaventoso.
C’è il non avere un posto in quella società dove non conta chi sei, ma come appari. E dove apparire nel modo giusto è anche l’unico modo per essere sicuri di sé stessi. Non importa quale, ma quel che conta è avere un personaggio da interpretare. Fosse anche quello della cam girl e della dominatrice che sceglie i ragazzi con cui fare sesso per dimostrare di non essere più l’esclusa, ma colei che ha il potere di escludere. È quello che fa Kat che si lascia trascinare in una spirale sempre più perversa che tuttavia le dona quella fiducia in sé stessa che non ha mai avuto. E che alla fine le consente anche di chiedere scusa e credere alla sincerità di Ethan e nella possibilità che ci possa essere di più di un gioco malato.
Euphoria è Rue e Jules, è Maddy e Nate, è Cassie e Kat. Soprattutto, Euphoria è i suoi personaggi dalle mille sfaccettature. Una serie che in cui tutti i protagonisti hanno un proprio spessore e una propria storia da raccontare. Che sono tanto ricchi di sfumature che uno spacciatore come Fezco può essere anche un bravo ragazzo che accudisce amorevolmente la nonna in stato vegetativo e frena la voglia di autodistruzione di Rue quando la vede spingersi troppo oltre.
Euphoria è senza dubbio la serie rivelazione di questa stagione anche grazie alla bravura di un cast in stato di grazia che crede fermamente nella serie regalando interpretazioni intense che difficilmente passeranno inosservate durante le prossime stagioni di premi. Una serie che parla di una generazione che è facile criticare per avere una scusa qualsiasi per di assolvere sé stessi.
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