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Elle: recensione del film di Paul Verhoenen e Isabelle Huppert

Titolo: Elle

Genere: thriller psicologico

Anno: 2016

Durata: 130 minuti

Regia: Paul Verhoeven

Sceneggiatura: David Birke, Philippe Djian

Cast principale: Isabelle Huppert, Laurent Lafitte, Anne Consigny

Montagna di frantumi e cumuli di rovine sono divenuti il mondo e la mia vita. Piangendo mi arrenderei se non avessi la mia tenacia, tenacia in fondo all’anima per difendermi, cui appoggiarmi, e la fede che il tormento tramuterà in luce. (Hermann Hesse, Il coraggio di ogni giorno)

Michèle è una donna di successo. Dirige il team creativo di una società che sviluppa giochi a sfondo horror/soft-porn/manga. Divorziata, madre e amica e vittima. Il padre di Michèle è il mostro del paese. Ha ucciso 22 persone in un raptus di follia infanticida che gli è valso l’odio secolare dell’opinione pubblica, che non risparmia critiche e insulti neanche nei confronti dei familiari dell’orco.

Michèle è infatti accusata dai mass media di aver coadiuvato il padre nel making of della strage a causa di una sua foto, utilizzata dalla stampa nazionale, che la ritraeva in un posa spettrale e tetra davanti la porta di casa al tempo dei misfatti. Michèle all’epoca era soltanto una dodicenne, tuttavia, negli sviluppi della trama di Elle, non c’è mai una smentita netta che faccia chiarezza sulla vicenda.

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Il fragile equilibrio del personaggio interpretato da Isabelle Huppert si rompe nuovamente quando un pomeriggio viene stuprata nel salotto di casa da un uomo in tuta da jogging e passamontagna, che la soggioga con violenza e che la possiede. Michèle è ovviamente scossa, ma ricorda con piacere le emozioni che quello strano episodio le ha regalato. Chi si cela dietro il passamontagna dell’aggressore? Toccherà ovviamente allo spettatore scoprirlo. Nel frattempo la vita continua tra tradimenti, vendette caustiche per mariti poco attenti, una madre affetta dalla sindrome del toy boy e un figlio ultratrentenne che non si è ancora deciso a crescere.

Michèle è l’Ecce Femina dei ruoli femminili

Michèle, magistralmente interpretata da Isabelle Huppert, è forse il personaggio femminile più completo e complesso della cinematografia di questi anni ’10. Fragile e determinata, sensibile e pericolosamente vendicativa, sadica, cinica, compassionevole, ironica e passionale: Isabelle Huppert è l’Ecce Femina dei ruoli femminili, il prototipo di attrice che ogni regista vorrebbe avere. Un’artista capace di interpretare diversi stati emozionali, spesso in netto contrasto tra loro, in modo sublime, senza mai peccare di manierismo.

Michèle sopravvive a se stessa giorno per giorno. Portatrice sana di cinismo e di arguzia, avanza a vele spiegate nell’oceano della quotidianità pubblica, per poi arrendersi alle tempeste emozionali scatenate dai venti della notte e della riflessione. Un nucleo fatto di particelle emozionali complesse e in costante attrito, contenuto da una coltre di eleganza, fascino e femminilità che conferisce al ruolo di Michèle un’aura di intoccabilità. La Huppert in questo film è eterea. Oltre ad essere una grandissima attrice, è ormai una vera e propria icona di stile che rappresenta egregiamente l’approccio e il modus operandi del cinema d’Oltralpe nel mondo.

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Thrilling, passione, tradimenti, splatter, psicologia: Elle racchiude in sè tutte le keywords portanti della drammaturgia

Nell’ultimo triennio sono diversi i film appartenenti al genere identificato come thriller psicologico/sentimentale che sono rimasti impressi nella memoria degli spettatori. Gone Girl, Nocturnal Animals, La Ragazza del Treno e quindi, anzi e sopratutto, Elle. Trame apparentemente scontate che si rivelano poi come vere e proprie trappole nei finali. Personaggi inizialmente benevoli che poi si rivelano tutto e il contrario di tutto. Relazioni tossiche che tornano e ritornano nelle esistenze dei protagonisti. Amore viscerale, sentimenti maniacali e violenza. Domestica, artigianale e quindi autentica, il quid in più di questi film e quindi anche di Elle, è proprio la violenza realistica che esplode tra le mura domestiche. L’ex, la vicina di casa, l’amico di una vita: sono questi i profili dei cattivi di questo genere molto spesso sottovalutato da chi si sofferma sull’estetica senza indagare sul sostrato contenutistico di livello che ognuna di queste trame esprime.

I successi di Elle

Elle si è portato a casa il premio per il miglior film alla scorsa edizione dei Cèsar Awards, un riconoscimento cinematografico assegnato annualmente dal 1976 dall’Académie des arts et techniques du cinéma ai migliori film e alle principali figure professionali del cinema francese. Un cast di attori formidabili e una fotografia essenziale, tratto distintivo di questa produzione.

Isabelle Huppert, l’attrice protagonista di questo film, grazie alla straordinaria interpretazione di Michèle, protagonista ingombrante di questo film, si è aggiudicata un Golden Globe come miglior attrice protagonista, ha trionfato ai Cèsar Awards ed è stata inserita dall’Academy tra le candidate per la categoria Miglior Attrice, vinta da Emma Stone.

Si è già discusso abbastanza dei criteri di assegnazione dei premi dell’ultima edizione degli Oscar, ma la mia voce non fa che aggiungersi a un coro che ha ritenuto e che sostiene ancor’oggi che la prestazione attoriale di Isabelle Huppert supera, sorvola, annichilisce la dignitosissima interpretazione di Emma Stone in La La Land.

Crudo, acido, coinvolgente. Andate a vedere Elle,  campo di battaglia in cui Es e Super Io si scontrano in una lotta atavica senza esclusione di colpi.

Salvatore Giannavola

Esemplare ghiotto di notizie, onnivoro di contenuti con un occhio di riguardo per il cinema in tutte le sue forme.

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