
Downton Abbey: Recensione dell’episodio 6.03 – Episode Three
A Downton Abbey è impossibile che un matrimonio vada liscio, senza almeno un dramma dell’ultimo minuto. Anche le nozze più attese degli ultimi decenni hanno il loro brivido finale: pellicciotto sì o pellicciotto no?
Stavolta tocca alla contessa fare la parte della cattiva e quasi rovinare il “giorno più bello” di Mrs Hughes (ora in Carson), mortificandola come una sguattera sorpresa con la mano nella giara dei biscotti. Dopo l’imbarazzo della consumazione coniugale (auguriamoci presto novità su quel fronte) e lo sciagurato vestito del Postalmarket di Mrs Patmore, ci si mette anche lo sdegno di classe a umiliare la nostra beniamina scozzese, la fiera governante di casa Grantham. Per fortuna tutto si sistema e Cora discende nelle segrete della servitù con un cappottino tutto nuovo e delle scuse ad effetto.
“It has been a long time since I have been on the brink of anything, except, gothicly, the grave”
E parlando di sciagurati… attenzione, un raggio di sole investe i Bates! Anna, forse incinta e vestita color pastello, stranamente non ci ammorba per tutta la puntata con pianti nel ripostiglio e musi lunghi. Flirta addirittura con Mr Bates, e non si nega alle
La faccenda dell’ospedale invece si fa invece sempre più torbida e Violet sta per perdere le staffe. Pur affermandosi come la storyline meno interessante (chi si ricorda il motivo della querelle?), riesce a creare delle situazioni spassose e grottesche che non vedevamo da anni.
Solo il duo Denker-Spratt è all’altezza di cotanta ilarità! Che tra questi due ci sarà un happy ending, non dubitiamone. Basta ricordare che anche Isobel e la Dowager hanno iniziato così, a frecciate e dispetti, per poi diventare migliori amiche (e litigare di nuovo, ok, piccolo particolare).
Questa puntata dà una “botta di vita” anche a Lady Edith e alla sua sfortunata vita amorosa e professionale. Licenziato il direttore bullo, riappare l’ammiratore del Christams Special che per una volta non è: a. brutto, b. sposato, c. sfigurato. Felicità in vista anche per lei?
L’unico per cui la strada sembra ancora lunga è l’incompreso Thomas, con la sua disperata ricerca di un lavoro all’altezza dei fasti della Abbey. L’ennesimo colloquio in un maniero in decadenza produce un momento lirico, accompagnato dal presagio della fine, non solo della serie, ma di un’epoca storica. Thomas, come gli altri, dovranno prima o poi rassegnarsi al fantomatico cambiamento e a superarlo nel modo meno traumatico possibile e con uno sguardo positivo rivolto al futuro.
La Abbey è il fulcro non solo di un casato, ma di una famiglia, di una home, di radici, un centro vitale che sta imparando a trasformarsi e solo così a sopravvivere. L’andirivieni dei suoi abitanti, il loro legame non sempre salutare con l’imponenza simbolica della casa, rispecchiano l’umano attaccamento a ciò che ci dà sicurezza, in cui ci riconosciamo e che ci soffoca e protegge allo stesso tempo. La discussione tra Mrs Hughes e Carson di fronte alla famiglia Crawley è stato il momento più onesto dell’episodio, in cui la distinzione tra lavoro, appartenenza e orgoglio personale hanno ristabilito i confini tra chi vive upstairs e chi downstairs, senza intaccare la piena dignità degli uni e degli altri.
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Felicissima per Hughes and Branson , e per Edith !!!
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