
Crash Course in Love: corso intensivo su come rovinare un drama – Recensione del kdrama su Netflix
Non è la prima volta, e sicuramente non sarà l’ultima, che un drama toppa malamente un finale. Ce lo siamo detti spesso che 16 episodi sono troppi, che il rischio di allungare la broda è sempre dietro l’angolo, ma forse mai così intensamente come per Crash Course in Love.
Eppure, al netto di un finale davvero disastroso, è difficile dare la colpa soltanto a un’eccessiva lunghezza del drama. L’epico disastro narrativo degli ultimi quattro episodi ci spinge a dover tornare sui nostri passi e analizzare anche quello che c’è stato prima, alla ricerca dei segnali che avrebbero dovuto prepararci alla imminente catastrofe.
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Rovinare tutto quello che si era costruito
Bisogna riconoscerlo, la prima parte di questo drama ci aveva deliziato. E’ vero, Crash Course aderiva fin dai primi minuti a quella tendenza demenziale dei drama coreani degli ultimi anni di unire una trama crime (con spesso serial killer trucidi) a una storyline da commedia romantica classica e leggera.
Gli sceneggiatori coreani sembrano infatti, ormai convinti che una storia romantica non possa reggersi in piedi da sola, ma necessiti del robusto supporto di tentati omicidi, indagini criminali e, se possibile, di serial killer psicopatici. Non che in passato non ci fossero già state contaminazioni di generi, ma mai con effetti così marcati. Sempre più spesso un drama, iniziato con un tono leggero e scanzonato, deraglia in cupezza e tragedia, tanto da lasciare lo spettatore frastornato (May I help you, stiamo pensando a te).
Crash Course in Love era partito con tutto il brio e la spensieratezza di cui una commedia romantica ha bisogno. Due protagonisti molto diversi tra loro, con tutte le loro debolezze, idiosincrasie e drammi personali, interpretati da due attori importanti e di grande talento: la veterana Jeon Do Yeon di Lost e il bravissimo Jung Kyoung Ho di Hospital Playslit. Ottima chimica, interazioni esilaranti. Anche il setting scolastico, se non esattamente innovativo, offriva uno sfondo non banale. Un cast di adulti insieme a uno di adolescenti ben affiatato e ben bilanciato sembrava poter portare avanti sulle proprie spalle la storia senza molte difficoltà.
E così è stato per la prima dozzina di episodi. Ed è forse stata la bravura del cast a mascherare in parte le carenze di una sceneggiatura un po’ troppo ricca di elementi. Arrivati al quattordicesimo episodio la struttura ha iniziato a scricchiolare, fino a ripiegarsi su se stessa in un vero e proprio tripudio di insensatezze.


Crash Course in Love e la tragedia della scuola coreana
Nonostante il tono leggero da commedia romantica, il drama è sembrato subito voler mettere in campo un tema più delicato e controverso come quello dell’istruzione coreana. In una società dove la performance e l’apparenza sono tutto, l’ingresso in un college esclusivo e prestigioso è fondamentale per assicurarsi uno status sociale superiore. La pressione e le aspettative sugli studenti sono così alte da rendere un inferno la vita degli adolescenti, che devono costantemente sottoporsi a test e graduatorie, sotto lo scrutinio implacabile di genitori che sognano per loro un futuro radioso. E per se stessi una vera e propria rivalsa sociale.
Qui entrano in gioco le prestigiosissime e costosissime accademie private che hanno il compito di preparare e tartassare gli studenti fino allo sfinimento, occupando ogni minuto del loro tempo libero.
A voler ben vedere la posizione del drama era fin da subito ambigua, essendo il sogno di Haeng Seon quello di permettere alla figlia di far parte di quella vita infernale, costellata di umiliazioni, delusioni e sotterfugi. Ed essendo Chi Yeol un famoso e ricco professore proprio in una di quelle accademie. Ma era plausibile pensare che il drama sarebbe evoluto naturalmente in una critica del sistema scolastico con una graduale presa di coscienza di ogni personaggio.
Tutte le vicende di questo drama e i drammi personali del protagonista non avevano appunto origine dalla morte di una studentessa suicidatasi per colpa di un sistema spietato e ingiusto?
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Ma nessuna azione porta a delle conseguenze
La lista delle storyline che si dipanano intorno al sistema scolastico malato sono numerosissime: il passato di Chi Yeol, la serie di omicidi compiuti da una vittima di quel sistema, la compagna di Hae E portata quasi alla pazzia dallo stress per lo studio, la madre psicopatica di Sun Jae che tiene recluso il figlio fingendo che non esista e la schiera di madri pazze pronte a tutto pur di favorire i propri figli. Era logico pensare che tutti questi elementi avrebbero portato a una critica e una risoluzione negli episodi finali.
E invece diventa presto evidente che tutte le storyline messe in piedi abbiano il solo e unico scopo di creare dei momenti di tensione o di incertezza per i protagonisti e il loro amore. Ed è proprio per questo che, esaurito il loro compito, vengono abbandonate in fretta e furia senza maturare in nulla.
La studentessa sull’orlo di un esaurimento nervoso viene curata dalle parole gentili di un ragazzo carino. Lo stesso serial killer, una volta suicidatosi, viene dimenticato velocemente, quando è chiaro che il suo coinvolgimento con il protagonista e il suo passato avrebbe dovuto creare un terremoto emotivo devastante. La madre violenta e alcolizzata parte per una vacanza con il figlio abusato, ricucendo un rapporto che nella realtà avrebbe richiesto anni di terapia per essere salvato. Nessuno impara nulla dagli eventi catastrofici affrontati. Nessuno sconta le proprie colpe, anzi viene perdonato o peggio ancora ottiene il permesso di continuare i suoi abusi in grande stile (vedi la madre di Su A che ne fa un lavoro).
Neppure il protagonista, dopo anni di sofferenze e tragedie, si permette un esame di coscienza o una riflessione, ma anzi si stupisce quando una studentessa sviene in classe e un collega gli rivela che gli studenti sono disposti a drogarsi per poter sopportare i ritmi dello studio.


Un guazzabuglio insensato
E come se tutto questo non fosse stato sufficiente, l’apparizione della madre di Hae E negli ultimi episodi mette in luce tutti gli errori peggiori che si possano fare in una sceneggiatura. L’arrivo della rediviva madre, antipatica, sciocca, superficiale e pure ladra, danneggia tutti i personaggi della storia facendoli apparire dei decerebrati.
Fa fare una brutta figura alla protagonista che non ha neanche il coraggio di confrontarsi con la sorella che le ha in parte rovinato la vita e le permette di fare il brutto e il cattivo tempo nella camera di ospedale di sua figlia che è tra la vita e la morte. Fa agire come una mentecatta l’intelligente Hae E facendole decidere di seguire la madre in Giappone, senza alcun apparente motivo. Per non essere più un peso economico per la sua famiglia? Per salvare tutti dalla presenza di una pazza furiosa?
La situazione è così surreale da lasciare sconcertati e la risoluzione improvvisa, che porta con sé anche una improbabile redenzione dell’ultimo minuto, è così assurda da lasciare sconcertati. A peggiorare il tutto il fatto che nessuno abbia la necessità, dopo tutto quello che è successo, di scambiarsi una parola di chiarimento o di scuse.
Ma tutto finisce in gloria
Tutti si fidanzano, tutti si sistemano. Anche l’amica e il fratello della protagonista convolano a nozze nella relazione più raffazzonata e disagiata della storia. Gli studenti vengono ammessi alle scuole dei loro sogni, ogni torto viene perdonato e sulle macerie di questa sceneggiatura regnano i sorrisi.
Una vera mazzata per chi si era affezionato ai personaggi e agli attori e li ha visti totalmente rovinati da una storia senza alcun senso, costruita soltanto per creare momenti di tensione e per sorreggere ridicoli equivoci.