
Montalbano, Vigata e il ruolo della televisione al tempo del coronavirus
La telecamera si allontana e velocemente l’inquadratura si allarga, lasciando il protagonista diventare sempre più insignificante rispetto al suo contorno. Vediamo il mare azzurro di Marinella inghiottire Montalbano, l’architettura bianca di Vigata far sparire il questore Monterchi. Così si concludono da sempre le trasposizioni delle opere di Andrea Camilleri, incluso questo capitolo del Commissario Montalbano 2020. Con un ritrarsi dello strumento filmico dalla scema, che, quasi come un sipario che scende, pone fine all’azione. E il protagonista resta un puntino nella vastità del reale, solo, con i suoi pensieri, con in mano i pezzi, molto spesso amari, di un’indagine che lo ha cambiato per sempre.
Stiamo vivendo un momento di estrema solitudine, anche se siamo costretti a casa con i nostri cari, la mente è da sola e in tale stato viaggia. Come i personaggi dei racconti del Maestro, ci siamo di colpo ritrovati a contatto con uno squarcio di spietata realtà e, per quanto siamo a conoscenza delle cause, delle procedure da tenere, restiamo attoniti. Attoniti, guardando il nuovo evolversi del Commissario Montalbano in questo terribile 2020.
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MONTALBANO E UNA NUOVA STAGIONE DA EREDITARE
La nuova stagione del Commissario Montalbano 2020, composta da due episodi (Salvo Amato, Livia Mia; La rete di protezione) è la prima trasmessa dopo la morte del suo Autore (permettetemi la A maiuscola) e del suo storico Regista (Alberto Sironi, venuto a mancare l’agosto scorso). Eppure, grazie alla bravura del cast e di Zingaretti alla regia del secondo episodio, niente appare mutato. La camera continua ad amare i campi lunghi, la fotografia dai toni caldi risalta la bellezza delle locations sicule, e le storie si intrecciano lentamente ma mai seguendo la strada dell’ovvio.
Ritroviamo un Montalbano arguto, vivace e meno depresso degli ultimi racconti. In un certo senso torniamo alle origini, eppure andiamo avanti: ritornano i racconti uniti dagli sceneggiatori, il crimine passionale, gli indovinelli, il problematico figlio di Adelina e le scappatelle di Mimì. Livia ritorna sullo sfondo anche quando è a Vigata, ritorna voce e non pensiero. Eppure manca la Mafia, alla quale non si accenna mai in nessuno dei due episodi, Montalbano si ritrova a dover fare i conti con la tecnologia nonostante guidi la stessa macchina del 1999 e vediamo per la prima volta nella serie un accenno di meta tv ( la città blindata dalle riprese di un film in costume che si ambienta delle stesse location di C’era una volta Vigata).
Una stagione del Commissario Montalbano quindi che, anche nel 2020, porta con sé una voglia e una propensione al domani e all’andare avanti, nonostante abbia perso le sue guide e che convince molto di più delle ultime due degli anni scorsi.
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LA CONCESSIONE DEL TELEFONO: C’ERA UNA VOLTA VIGATA e la modernità dell tempo passato
Se il segreto di Montalbano è il suo essere congelato e sospeso in un tempo indefinito, la forza dei racconti storici di Camilleri sta nel rendere il passato drammaticamente contemporaneo. La concessione del telefono, ne è in questo l’esempio migliore. La divertente storia di Genuardi, che si ritrova schiacciato tra la Mafia e la burocrazia, era difficile da metter in scena, perché nel romanzo viene narrata solo sotto forma di lettere.
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Roan Johnson decide di seguire il genio del Maestro e utilizzare il sistema epistolare al massimo del suo potenziale, riuscendo a ricreare l’acutezza e l’ironia del romanzo. Grazie all’uso delle voci fuori campo, di font diversi che rispecchiamo la personalità del personaggio e di un montaggio veloce e moderno, La Concessione del Telefono è uno dei racconti tv in costume più interessante degli ultimi anni.
Magistrale il cast, su tutti Vassallo, che grazie ai dialetti diversi rende benissimo la situazione post unificazione in Sicilia, tra lo Stato volontariamente inerme e gli “uomini d’onore” che continuano indisturbati a fare quello che vogliono nella scia dei migliori gattopardi. Una storia che intrattiene, diverte, e si chiude in modo inaspettato e amaro.


COMMISSARIO MONTALBANO 2020 E LA TV AL TEMPO DEL VIRUS
La prima puntata del Commissario Montalbano 2020 è andata in onda dopo la notizia del lockdown nazionale, ed è stato difficile seguire la storia e l’indagine con un pesante nodo alla gola. Ma questo la televisione deve fare. Mai come adesso è un mezzo necessario e primario per la salute mentale dello spettatore, e per questo non può e non deve rinunciare all’intrattenimento. Ben vengano le repliche, le nuove serie, i contenuti culturali e anche quelli meno seri, perché è soprattutto tempo di ridere. Non possiamo e non dobbiamo affondare nell’infodemia, nella nausea da informazioni, da numeri, statistiche, modi di lavarsi le mani, marche di detergenti migliori per lavare a terra etc. Il piccolo schermo deve intrattenere in modo intelligente e arguto, ha il dovere di smuovere il cervello per farlo distrarre e muovere il cuore facendoci ridere.
Montalbano sopravviverà al suo autore, perché è letteratura vera; la serie sopravviverà al suo regista perché è cinema puro fattosi piccolo solo per stare in uno schermo più maneggevole, ne verremo fuori anche noi, cambiati, e come Salvo alla fine di ogni indagine, con una grandissima voglia di sciacquare nel mare tutte le paure passate.
Stay Home and Good Luck!