
Dal grande al piccolo schermo: cinque serie tv ispirate da un film
C’era una volta il grande schermo dove le storie prendevano forma e sostanza per far sognare gli spettatori. Poi è arrivato il piccolo schermo con i servizi di streaming online ingordi di contenuti per attirare quegli stessi spettatori che dai cinema erano tornati a casa. Magari con la curiosità di sapere come sarebbe continuata l’avventura appena vista o cosa c’era stato prima. A rispondere ci hanno pensato le serie tv il cui formato più esteso ben si adatta allo scopo. Ecco, quindi, cinque serie tv ispirate da film visti al cinema.

Hannibal
Dal grande al piccolo schermo, si diceva. Ma spesso prima ancora c’è stata la carta. Quella del romanzo da cui il film è stato tratto. Esemplare in questo senso il personaggio di Hannibal Lecter tratto dai romanzi di Thomas Harris. A renderlo iconico è Anthony Hopkins con i suoi dialoghi con Jodie Foster nel film Il Silenzio degli Innocenti diretto da Jonathan Demme nel 1991. Nonostante l’ottimo materiale a disposizione, i film successivi non avranno lo stesso successo né raggiungeranno la qualità sopraffina del primo pur mantenendosi su livelli più che buoni.
Qualità che è raggiunta e a tratti persino superata dalla serie tv scritta da Bryan Fuller e andata in onda per tre stagioni, dal 2013 al 2015, sulla NBC. Merito certamente della scrittura raffinata dello sceneggiatore statunitense e della regia elegante accompagnata da una fotografia che dipinge quadri. Ma anche, se non soprattutto, della impareggiabile interpretazione di Mads Mikkelsen il cui Hannibal è un esteta dal fascino magnetico irresistibile, capace di realizzare opere d’arte rinascimentale nei suoi omicidi. Impossibile non restare incantati dalle sue interazioni con il profiler dell’FBI Will Graham a cui Hugh Dancy da una profondità tormentata da personaggio da tragedia shakesperiana. Una serie che riesce ad essere un capolavoro degno del film di cui si configura come prequel.


Suburra
Un prequel è anche Suburra, prima serie italiana prodotta da Netflix. Idealmente la serie presenta gli eventi accaduti prima del film omonimo del 2015, diretto da Stefano Sollima su una sceneggiatura di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini. Tornano, quindi, i personaggi principali, ma cambiano alcuni degli interpreti per ovvie ragioni di costo. In particolare, Francesco Acquaroli sostituisce Claudio Amendola come interprete del potente Samurai senza che la forza calma del boss ne risenta. Restano, invece, Alessandro Borghi (in verità, quasi irriconoscibile per il look nettamente diverso) e Giacomo Ferrara che vedono aumentare l’importanza dei loro personaggi. Discutibile solo la scelta di Claudia Gerini che appare come il nome noto inserito però in un genere poco adatto alla pur brava attrice romana.
Pur essendo un prequel del film, le due stagioni di Suburra presentano un Aureliano e uno Spadino piuttosto diversi da quelli che si vedono nel film. Scelta audace soprattutto per il forte legame che si viene a creare tra i due rampolli di famiglie criminali che è invece completamente assente nel film. Questa decisione fa guadagnare alla serie una coppia di protagonisti che si impone come raro caso di bromance nella serialità italica. Resta, tuttavia, la curiosità di sapere come gli sceneggiatori intendano ricollegarsi al film nell’attesa terza e ultima stagione. Sempre che non decidano di smarcarsene completamente e decidere in autonomia il destino dei due fin qui legatissimi amici.
Nota per i più attenti. A rigore, avremmo potuto citare anche Romanzo Criminale che estende la storia raccontata nel film omonimo. Si è preferito citare, invece, Suburra dato che ha una maggiore risonanza internazionale grazie alla distribuzione Netflix. Non entra, invece, in questa lista Gomorra poiché, sebbene il film di Matteo Garrone sia precedente, la serie non ha alcun legame con esso. Entrambi condividono solo l’ambientazione camorristica tratta dai libri di Roberto Saviano.


Cobra Kai
Dopo due prequel è il caso di citare anche una serie tv che nasce per essere il sequel di un franchise cinematografico che si era spento tra sequel non convincenti. O che semplicemente erano arrivati fuori tempo massimo. Perché l’ondata di film su ragazzi indifesi che diventano campioni di arti marziali grazie a disponibili maestri inattesi era ormai diventata una increspatura appena visibile. Nome tutelare di questo genere che imperversava negli anni Ottanta, Karate Kid rivive a distanza di oltre trent’anni grazie a Cobra Kai, prima serie tv prodotta da YouTube. Un successo di critica e pubblico tanto inatteso quanto dirompente. Al punto di convincere Netflix ad acquistare le prime due stagioni e produrre la terza, attesa per la fine del 2020.
A distanza di 34 anni dal primo capitolo, tornano Daniel LaRusso e il suo rivale Johnny Lawrence, ma, come il titolo suggerisce ai più attenti, stavolta è il secondo il motore dell’azione. Interpretati ancora da Ralph Macchio e William Zabka, i due ragazzi di allora sono oggi adulti che torneranno a confrontarsi con ruoli quasi capovolti. Perché Daniel è un affermato venditore di auto incapace di comprendere che la gente può cambiare dopo tanti anni. Johnny è, invece, lo sconfitto che cerca di rialzarsi e trovare una nuova strada rinnegando gli errori di ieri. Cobra Kai è una serie estremamente intelligente che non sfrutta l’effetto nostalgia, ma guarda al passato come punto di partenza per una rilettura originale e per scrivere storie nuove con personaggi cresciuti.
Una sorpresa gradevolissima capace sia di accontentare i fan del passato che creare una nuova fanbase. A dimostrazione che davvero Cobra Kai never dies.
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Westworld
Sequel e prequel. Oppure remake. Questa terza possibilità è, forse, quella più seguita da sceneggiatori che si impossessano di personaggi e ambientazioni di un film per scrivere poi una storia propria che con il primo condivide magare solo il titolo. Come per Westworld, scritto e diretto da Michael Crichton nel 1973 per il grande schermo e riscritto da Jonathan Nolan e Lisa Joy per HBO nel 2016. La pellicola originale descriveva un mondo futuristico dove androidi indistinguibili dagli umani popolavano un parco giochi a tema western per ricchi in cerca di adrenalina. Comparivano anche ambientazioni differenti come l’antica Roma e il Medioevo. Soprattutto, veniva introdotto il tema del rapporto tra uomo e macchina con anni di anticipo sulla fantascienza cyberpunk. Un film diventato un cult anche grazie all’interpretazione di Yul Brynner del robot pistolero che guiderà la rivolta delle macchine.
Quarant’anni dopo la coppia Nolan – Joy riprenderà l’idea del parco, ma arricchirà il parterre di personaggi. Approfondirà, inoltre, l’aspetto filosofico della serie grazie alle interazioni tra il Ford di un insuperabile Anthony Hopkins e il tormentato Bernard di Jeffrey Wright. Alla magnetica Dolores di Evan Rachel Wood e alla intelligente Maeve di Thandie Newton spetterà guidare la trama di una storia intricata che mischia diverse linee temporali prima della rivelazione finale. Ed Harris riprenderà i modi e il look del pistolero di Yul Brynner facendone però un umano dal passato misterioso. Giunta alla terza stagione, Westworld si è allontanata sempre più dal film al punto che oggi è difficile dire che la serie ne è ispirata. Film e serie condividono comunque lo stesso onorevole destino: entrambi sono dei cult imperdibili.


Snowpiercer
Ultimo arrivato in ordine di tempo, Snowpiercer è una serie tv prodotta da TNT e Netflix e ispirata al film omonimo del 2013 diretto dal premio Oscar Bong Joon Ho. A rigore, il film è sua volta tratto dal fumetto francese Le Transperceneige, ma se ne discosta talmente tanto da poter considerare il film stesso come sorgente di ispirazione per la serie. Anche perché non è un caso che la produzione sia stata anche motivata dalla volontà di approfittare del clamore mediatico che accompagna il regista coreano dopo il successo di Parasite, primo film straniero a vincere l’oscar come miglior film in assoluto. D’altra parte, dal fumetto il regista prende solo l’idea del treno come arca della salvezza per quel che resta del genere umano dopo una nuova era glaciale.
Discorso simile per la serie che, pur mantenendo la distinzione in classi dei passeggeri, rinuncia alla metafora sociale sottesa facendo diventare la rivolta dei fondai solo una scusa. La serie, infatti, parte come detective story prima di prendere la strada del conflitto tra poveri e ricchi. Nettamente diverso è anche il finale come tassa obbligatoria da pagare per avere una serie che continua. La seconda stagione è stata, infatti, già confermata con tanto di trailer disponibile. Nonostante gli sforzi di Jennifer Connelly e Daveed Diggs, Snowpiercer resta di gran lunga inferiore all’originale con Chris Evans e Tilda Swinton. Raggiunge comunque la sufficienza grazie all’intento minimale di voler solo intrattenere.
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Cinque serie prometteva il titolo di questo articolo e a cinque limitiamo la nostra scelta. Anche se la lista sarebbe, in realtà, molto più lunga. Come non citare il demenziale Ash vs Evil Dead, seguito trash delle avventure del protagonista de La Casa e L’Armata delle Tenebre di Sam Raimi? Non si fa fatica a dimenticarsi di Minority Report e Training Day (cancellate dopo una sola stagione). Più difficile è non citare lo spassoso Wet Hot American Summer: First Day of Camp, prequel del quasi omonimo film del 2001 con gli stessi attori invecchiati che interpretano gli stessi personaggi nonostante il gap di età. O anche Bates Motel i cui personaggi omaggiano l’immortale Psycho di Alfred Hitchcock. Menzione d’onore obbligatoria, infine, per Highlander che con le sue sei stagioni (dal 1998) è, forse, il caso più di successo di serie ispirata da un film.
E voi? Cosa dite che ci siamo dimenticati?