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Boss – Recensione della seconda stagione

“Satan your Kingdom must fall down” recita il tema di questa cupa e stupenda serie prodotta e in onda sul canale via cavo Starz. Un rating stabile e basso, proprio per il canale su cui si trova, ma che non deve trarre in inganno. Si tratta di una serie magistralmente scritta, recitata in maniera assoluta. Siamo di fronte a quei prodotti della scrittura americana moderna adulta da ricordare. Boss è il Sindaco di Chicago, il boss della città, non è mafioso, ma sembra abbia un potere da mafioso. Eppure è un politico. E fa scelte dure. E ne subisce le conseguenze. Intimamente. Ed è inoltre menomato da una malattia.

Boss è Shakespeare. Se nella prima stagione c’era un po’ di Riccardo III e un po’ di Amleto, la seconda stagione parte tutta su Macbeth. Kane è tormentato dalle visioni del suo delitto, sconvolto per la morte del vecchio amico che lo aveva tradito. Ne vede l’immagine, per quanto per colpa della malattia. Ma lo divora. E il rapporto controverso con la moglie, che anch’essa subisce il torto per colpa delle scelte del marito. Fino al ritorno del rapporto malato quasi fosse una Desdemona di fronte ad un Otello consapevole, differentemente da quello shakespeariano.

Tutto è in moto intorno a Kane. Il giovane rampollo che era stato l’arma del Sindaco nella prima stagione si sta per rivelare un ritorno di fiamma, sostenitore del capo della polizia della città che si prepara quindi a correre come nuovo Sindaco di Chicago contro Kane. Zajac, arrivista, col vizietto del sesso facile, si è ripreso e ha capito che può farcela da solo, anche senza il vecchio boss. Anche Kitty, la giovane assistente che era stata l fianco del Sindaco e poi cacciata per tradimento, non sa che pesci prendere, dopo aver visto per l’ennesima volta i metodi violenti voluti da Kane. La scena della rivale di Zajac che si sveglia e scopre la propria compagna morta per avvelenamento ti stringe la gola. Magistrale.

Il fatto è questo. Boss è un cazzotto nello stomaco. Forse la seconda stagione un po’ meno della prima, per via della malattia più invasiva e dell’apparente “redenzione” degli episodi centrali. Ma resta una serie durissima, che non fa sconti. Non ha redenzione. Nemmeno il personaggio del giornalista, Miller, ne esce pulito. In questa serie il dramma è condiviso, chiunque si sporca le mani, non può lavarsele e le troverà sempre macchiate come Lady Macbeth. La corruzione è una costante nella Chicago di Boss. Non importa da che parte stai. Stai con il Sindaco? Sei in Consiglio e sei contro di lui? Sei nella polizia e sei contro tutti? Sei un politico dello Stato? Sei un imprenditore? Sei un mafioso? Sei uno spacciatore? Non c’è livello o barricata dove la corruzione sia evitabile. E chi prova a farlo ne viene schiacciato. Eliminato. Di vecchi e nuovi. Come Riccardo III è al potere perché ha probabilmente eliminato il predecessore, padre della propria moglie, ed elimina tutti quelli che gli capitano in mezzo. Senza risparmiare danni collaterali per la figlia.

E alla fine di questo arco narrativo Kane torna minaccioso e distruttivo, in controllo e pronto a combattere. Al momento non è ancora dato sapere se la serie avrà una terza stagione. Purtroppo gli ascolti sono stati bassi, proprio per la scarsa diffusione. Oprah Winfrey ha parlato benissimo della serie e infatti ha ottenuto un’impennata negli ascolti, a dimostrazione che era un problema di insufficiente comunicazione. Speriamo che possa procedere in una terza stagione, fosse anche l’ultima, per portare comunque a termine un percorso narrativo che al momento ha ancora molto da dare.

Se vi siete persi questo capolavoro di recitazione, scrittura e regia, non esitate. Andatelo a cercare e guardatelo. Forte, seria, matura, colpi di scena, onestà, coerenza, recitazione assolutamente sublime, regia impeccabile, fotografia scura e precisa. Boss è una di quelle cose che non puoi non vedere.

Alessandro

Pianoforte a 9 anni, canto a 14, danza a 16 anni. Poi recitazione. Poi la scuola professionale di Regia Cinematografica. Poi l'Accademia di teatro di prosa. Anche grafica, comunicazione, eventi di spettacolo. Ma qui soprattutto un amore sconfinato per le serie tv americane e inglesi, con la loro capacità di essere le vere depositarie moderne della scrittura teatrale antica anglosassone.

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