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Recensioni Serie Tv

BORIS

Cosa è Boris? La risposta in verità è piuttosto semplice. Boris è un pesce. Per la precisione, un pesce rosso il cui nome completo è Boris Becker, ultimo (o meglio, come vedremo, penultimo) di una lunga serie di suoi simili, ciascuno battezzato con il nome di un famoso tennista. Nell’omonima serie TV targata Fox Italia infatti, uno dei protagonisti principali, il regista Renato “Renè” Ferretti ha il vezzo di farsi accompagnare sul set delle fiction che dirige da un pesce rosso, uno diverso per ogni fiction, ai quali dà per l’appunto il nome di un virtuoso della racchetta.

Riformuliamo quindi la domanda. Cosa è Boris, la serie televisiva? E’ forse la serie tv leggera, di genere quindi comico-commedia di più elevato livello qualitativo mai prodotta dalla televisione italiana; ed è anche l’unica serie tv ad avere come principale ragione d’esistenza quella di fare satira della televisione stessa, ed in particolare di uno dei generi televisivi di maggior successo, quello della cosiddetta fiction. O meglio del senso che in Italia si da a questa parola.

La serie comincia seguendo le vicende di un giovane neo-laureato, Alessandro (Alessandro Tiberi), che inizia la sua avventura nel mondo dello spettacolo come stagista presso la produzione di una fiction commissionata da una prestigiosa rete televisiva italiana, (che non viene mai nominata esplicitamente, ma dietro la quale non è difficile intravedere la sagoma della RAI), cosa che offre quindi lo spunto per raccontare al pubblico cosa succede veramente in quest’ambiente. L’impatto di Alessandro con la realtà è devastante; i suoi sogni di entrare a far parte di un mondo di professionismo, cultura e meriti vengono distrutti sin dall’inizio. In qualità di stagista è sottopagato, sovra sfruttato e costantemente umiliato e vilipeso, ma soprattutto si rende conto ben presto di come l’obiettivo della produzione sia quello di realizzare un prodotto volto a soddisfare il gusto del pubblico meno esigente e raffinato, senza alcuna pretesa di qualità ed originalità da nessun punto di vista. Una fiction, “Gli occhi del cuore” realizzata secondo quello che è ormai lo slogan della troupe, ovvero “a cazzo di cane”.

Man mano che Alessandro si integra nel gruppo conosciamo gli altri protagonisti: alcuni, come il già menzionato regista Renè Ferretti (uno strepitoso Francesco Pannofino) o l’assistente alla regia Arianna (Caterina Guzzanti) avrebbero talento e capacità per fare di molto meglio; altri come il direttore della fotografia cocainomane Duccio (Ninì Bruschetta) sono ormai talmente asserviti a questo modo di fare da aver perso ogni interesse nella qualità del proprio lavoro; ma la maggior parte, come Sergio (Alberto di Stasio) il delegato di produzione, Itala (Roberta Fiorentini) la segretaria di edizione o l’onnipresente Biascica (Paolo Calabresi) l’elettricista sono semplicemente a loro agio con un modo di lavorare cialtronesco e pressappochista che rappresenta una normalità dalla quale trarre vantaggio con ogni metodo, lecito o illecito. Una menzione a parte merita Stanis LaRochelle, il divo della fiction, che a parole non perde occasione per denigrare il modo italiano di fare pressoché qualsiasi cosa, tanto d’aver scelto un nome d’arte straniero proprio per marcare questa sua differenza, ma nei fatti si mostra di un’incapacità e di una mancanza di talento assolute, le cui dimensioni sono pari soltanto a quelle dei suoi capricci e dei vizi da star, tant’è che egli è sopportato a stento dalla troupe e mantenuto nella produzione soltanto a causa del misterioso ed inspiegabile successo che ottiene presso pensionate, casalinghe e ragazzine. Interessantissimo notare come Stanis, che ne “Gli occhi del cuore” interpreta un chirurgo,  sia a sua volta interpretato da Pietro Sermonti attore che nella fiction RAI “un medico in famiglia” svolgeva proprio il ruolo di un chirurgo; si può quindi dire che Sermonti in Boris faccia la parodia di sé stesso.

Se il tema della serie è il terribile stato della fiction italiana della quale ci vengono svelati alcuni trucchi, dalla fotografia che deve “fare più schifo di quella della pubblicità, altrimenti la gente cambia canale quando ci sono gli spot”, alle attrici raccomandate a seconda del peso politico dell’amante del momento, alle pubblicità occulte disseminate durante i vari episodi, alle sceneggiature realizzate tutte uguali da sceneggiatori cani, la cui unica capacità sta nel copiare pedissequamente da fiction straniere (in genere americane) c’è da dire che manca ogni minima speranza di un possibile cambiamento. Tra la seconda e la terza stagione infatti una serie di circostanze sembrano far credere a Renè che la successiva fiction di argomento ospedaliero della quale si andrà ad occupare (e per la quale entrerà in scena un nuovo pesce rosso, Roger Federer), “Medical Dimension” sarà realizzata all’insegna della qualità; ma nella realtà queste aspettative andranno in massima parte disilluse fino a farlo rendere conto del fatto che il prodotto sarà “la solita merda”; all’inizio della terza serie inoltre una serie di episodi si preoccuperanno di rendere mettere a conoscenza il pubblico dell’altrettanto terrificante ambiente  delle produzioni della concorrenza, una televisione privata dietro la quale è impossibile non vedere Mediaset.

Se le risate in Boris sono amare, è però innegabile che le risate non mancano di certo. Merito di una sceneggiatura ineccepibile, in cui a loro volta non mancano le citazioni, esplicite e non, di serie tv  e film di successo quali “Lost”, “24”, “Guerre Stellari”, “Full Metal Jacket” e “Il cielo sopra Berlino”. Merito di attori bravissimi come il cast regolare sopramenzionato (anche se fatalmente per ragioni di spazio non è stato possibile ricordare tutti), e come le numerosissime guest star quali Valerio Mastrandrea, Margot Sikabonyi, Marco Giallini, Laura Morante ma soprattutto un grandioso Corrado Guzzanti, presente in molti episodi della seconda stagione con due personaggi esilaranti. Per cui Boris è consigliato anche a chi di solito non ama le produzioni italiane; anzi, forse costoro sono proprio quelli che lo apprezzeranno maggiormente.

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