
Black Mirror: Recensione dell’episodio 2.03 – The Waldo moment
Con ”The Waldo Moment” si chiude la seconda trilogia di Black Mirror, opera meravigliosa quanto provocatoria con cui Charlie Brooker ha deciso, coraggiosamente, di porre l’attenzione sui preoccupanti effetti della comunicazione tecnologica contemporanea, raccontandone le contraddizioni e i lati oscuri.
Anche questa volta, la scelta di Brooker è quella di dipingere un paesaggio inquietante attraverso una sorta di distopia. L’autore, infatti, non rinuncia alla sua formula vincente: focalizzarsi su un tema attuale – in questo caso l’antipolitica mediatica – e portarlo al suo estremo che risulta essere quasi inconcepibile, certamente disturbante e comunque non lontano dalla realtà delle cose.
È molto frequente, infatti, assumere una postura di distanza mentre si guarda un episodio Black Mirror, in una sorta di riconoscimento e rigetto al contempo. Personalmente, credo sia ciò che il buon Charlie voglia infondere nel suo (intelligente) pubblico. Ma veniamo all’episodio. La prima impressione è che Brooker stavolta abbia voluto raccontare, ma anche raccontar-si. Per chi abbia avuto il piacere di guardare alcuni degli interventi del giornalista britannico, non sarà difficile fare le dovute similitudini con l’orsetto Waldo, buffo e irriverente personaggio animato che, intervenendo in un programma di satira con le sue battute al vetriolo (talvolta volgari e sempre assolutamente calzanti), non risparmia nessun personaggio della politica interna inglese. Men che meno Mr. Liam Monroe, candidato principale alle prossime elezioni per il Partito Conservatore.
Quando si prospetta la possibilità per Waldo di ottenere una serie incentrata su di lui, la direzione del suo personaggio si delinea in modo ancora più netto: Waldo esce dallo schermo e scende nelle strade per iniziare una vera e propria campagna antipolitica contro il suo più acerrimo nemico, Liam Monroe. Ben presto, il ”virus” rivoluzionario di Waldo si propaga attraverso vere e proprie app per votarlo (in un’ossessionante slogan: ”Vote Waldo”) e mega-schermi (che fanno l’occhiolino a capolavori come 1984 di Orwell e V per vendetta), e la sua voce urlante e bestemmiante è portatrice di un supposto cambiamento che non tarderà a divenire vero e proprio nichilismo politico.
A dare la voce a Waldo è un comico dalla carriera andata più o meno a male, tale James Selter (un Daniel Rigby in stato di grazia), che si mostra quasi subito riluttante al cambiamento di rotta che il direttore del programma vuole attuare per Waldo. James è rappresentante del livello più intimista dell’episodio: ai momenti chiassosi nei quali il comico impersona il maniacale Waldo, infatti, l’interpretazione di Rigby sa sostituire attimi depressivi, silenziosi, solitari quando domina la scena senza il suo alter-ego animato (complici anche la meravigliosa fotografia di una freddezza a dir poco toccante e le meravigliose musiche composte per questo episodio).
Nell’assoluta sperimentazione autoriale di Brooker, James Selter apporta all’episodio la sua parte di scrittura più tradizionale che però sa inserirsi nell’economia della storia con fluente naturalezza: il comico, per sua natura depresso, tormentato da un amore impossibile per un’esponente del partito laburista, in conflitto con il suo doppio, e che rifiuta ruoli politici troppo definiti (”Faccio satira, non politica!”).
Nelle scene finali intervallate dai titoli di coda (che per Brooker non sono mai mere appendici), assistiamo alla tragica fine di James, relegato ai margini della società per essersi ribellato alla sua creatura che adesso invade il mondo con la sua faccia blu e parole solo fintamente rassicuranti come FUTURO, CAMBIARE, CREDERE, SPERARE.
Con Waldo, Charlie Brooker crea una nuova iconografia a rappresentare perfettamente il rischio sempre più attuale che persino l’antipolitica stessa possa divenire – nell’era della comunicazione virtuale – un mezzo di coercizione sottile quanto invincibile che si serve di toni sovversivi per inebetire le masse a sua volta, privandole del vitale senso critico.
Con la sua ultima parabola, in definitiva, Charlie Brooker invita a riflettere, vincendo la sfida per l’ennesima volta.