
Big Little Lies: Recensione dell’episodio 1.01 – Somebody’s Dead
Sai cos’è bello, qui? Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate. Ma domani, ti alzerai, guarderai questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, un’orma, un segno qualsiasi, niente. Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. È come se non fosse mai passato nessuno. E come se noi non fossimo mai esistiti. Se c’è un luogo, al mondo, in cui puoi pensare di essere nulla, quel luogo è qui. (Oceano Mare, Alessandro Baricco)
Ci sono segreti che non raccontiamo a nessuno, persino a noi stessi. Di giorno dimentichiamo la loro esistenza, presi dalle faccende quotidiane che impegnano mani e testa. Poi, nel buio della notte, tornano a farci visita, a renderci vulnerabili. Si cresce, si diventa adulti, ma quei terrificanti mostri sotto al letto continuano a far parte della nostra vita. E in una notte, solo all’apparenza serena, inizia il racconto di Big Little Lies, la nuova mini serie HBO che promette di regalare a quel pubblico che ha amato The Night Of altre sette ore di misteri e intrighi.
Parafrasando il titolo stesso della serie (e dell’omonimo libro di Liane Moriarty da cui è tratta), la trama sembrerebbe (perlomeno da quanto visto in questo primo episodio) seguire due archi narrativi, uno legato ad una grande bugia, l’altro fatto di quelle piccole bugie su cui costruiamo la nostra vita fuori e dentro casa.
La grande bugia è quell’omicidio che apre il nostro sipario e chiude tragicamente una notte di festeggiamenti, come può essere un ballo scolastico di beneficienza a Monterey, California. La grande menzogna a cui assistiamo è una mezza verità più che una falsa affermazione. Chi sia la vittima di questo efferato omicidio ci viene intenzionalmente nascosto, scatenando in noi una morbosa curiosità pari (o forse maggiore) a quella di scoprire chi abbia sottoposto quella donna (unico elemento che ci viene svelato del morto) a così brutali crudeltà. La lunga sfilata di beauty queen, che ha cavalcato le passerelle di quella tragica notte danzanti, ci mostra in pochi secondi un gruppo di donne di diversa età ed estrazione sociale, nelle quale si potrebbero celare il lupo e l’agnello.

Donne: sono solo il cuore pulsante di Big Little Lies. Madeline Martha, Celeste, Jane, Renata, Bonnie sono le protagoniste di una storia che in parte conosciamo già, legate l’una all’altra da rapporti familiari e amicali ma soprattutto da una condizione sociale specifica. Sono infatti tutte madri, chi a tempo pieno chi nei ritagli di tempo che il lavoro concede loro, i cui figli frequentano la scuola elementare Otter Bay. Ognuna di loro porta con sé un bagaglio di vita e di emozioni diverse, che tutte mostrano e/o nascondono agli occhi delle proprie pari, in un gioco di ruoli ben definito ma al tempo stesso ad alto rischio di deflagrazione.
Quella ai nostri occhi potrebbe apparire la classica perfetta vita della periferia americana (perfette strade, perfetta luce, perfette acconciature, perfette case) mostra sin da subito crepe, difetti, nei. Sono gli sguardi tristi di Celeste, le parole fuori luogo di Jane, il forzato zoppicare di Madeline Martha, la ricerca disperata di approvazione di Renata, il metterci una pezza di Bonnie. Sono le parole, pronunciate durante gli interrogatori condotti dalla polizia nell’indagine sull’omicidio di quel somebody, di tutta quell’umanità che orbita intorno alle protagoniste e che è pronta a smontare ogni singolo istante di questa storia (im)perfetta. Voci – letteralmente – fuori dal coro che svelano (o forse credono di farlo) una bugia dietro l’altra e che ci costringono ad andare oltre le parole, a cercare anche noi le fenditure di un quadro perfetto che nasconde un cuore omicida. Una sorta di colazione dei canottieri in versione moderna, al cui centro ci sediamo noi, al posto della ragazza con il bicchiere d’acqua che osserva tutto dall’esterno, come se non le appartenesse davvero.
Someday’s Dead pone le basi di quello che potrebbe essere un altro grande piccolo successo di HBO. La storia, per quanto in potenza vi sia il rischio che prenda strade già battute, potrebbe in atto rivelarsi degna di essere seguita ed esplorata. Questo perché il comparto tecnico è davvero di primo ordine. David E. Kelley è uno sceneggiatore che non ha bisogno di presentazioni (dobbiamo proprio citare Ally McBeal?), come del resto Jean-Marc Vallée (Dallas Buyers Club). Ma la ciliegina sulla torta è il cast, capitanato da Reese Witherspoon, Nicole Kidman e Shailene Woodley.
Ma siamo solo al punto di partenza, c’è un assassino da scoprire e – soprattutto – una vittima da piangere. Sperando che la corrente del mare non sia troppo forte e non cancelli i segni del suo passaggio, le sue impronte, la sua presenza.
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