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Better Call Saul: recensione dell’episodio 2.03 – Amarillo

Ho sempre trovato fuori luogo fare paragoni tra Better Call Saul e Breaking Bad. Se la prima stagione doveva convincere il pubblico a scrollarsi di dosso l’idea che fosse una versione 2.0 della serie madre, la seconda non fa che confermare quanto di buono visto lo scorso anno. Ci troviamo davanti a temi simili, ma sviluppati in maniera diversa. Breaking Bad era un dramma shakespeariano basato sulla lenta erosione della morale di fronte a delle ambizioni personali in nome di un bene superiore; Better Call Saul riprende questo tema di base per adattarlo ai canoni di un legal drama. I ritmi sono ancora più lenti, i colpi di scena quasi del tutto assenti e c’è una sottile vena umoristica in più.Better Call Saul

Amarillo è un episodio che mette al centro il rapporto di Jim con i suoi affetti più cari e con la persona che ha voluto dargli fiducia assumendolo nel suo studio di avvocati. Rapporti che stanno cominciando ad incrinarsi sempre di più a causa dello sconfinamento da parte di Jim in un territorio che va un po’ al di là dell’etica professionale richiesta ad un avvocato. Il caso Sandpiper è l’occasione giusta per Jim di dimostrare di essersi meritato il lavoro all’interno dello studio di Clifford Main, ma l’elevato numero di clienti convinti da McGill a intentare causa alla rete di case di risposo, sebbene il sospetto di truffa riguardasse solo un’anziana signora, mette più di un dubbio in Chuck sull’effettiva correttezza di quanto fatto da Jim in Texas.

Quello che ne viene fuori è quanto Jim sia inadatto a lavorare sotto gli ordini di qualcuno. Nella prima stagione, anche se ancora agiva nei ranghi dell’etica professionale, era un battitore libero e poteva sfruttare al meglio tutte le occasioni che gli si presentavano sottomano. Adesso, lavorando all’interno di uno studio, è soltanto un semplice ingranaggio all’interno di una macchina più grande di lui e ogni azione che commette è soppesata da chi gli sta intorno. Conoscendo l’evolversi della storia, sappiamo già quanto questa situazione starà stretta a Jim.

Ma in tutto questo avrà un prezzo da pagare: la perdita degli affetti. Ci sarà un momento, in futuro, in cui Kim gli volterà definitivamente le spalle stanca del “vizio” e delle bugie di Jim. Ma ben più interessante sarà vedere lo scontro finale con il fratello. Se tutto questo avverrà al termine della stagione è ancora presto per saperlo. Sarà molto più probabile vedere Jim cacciato dallo studio di Clifford dopo aver agito di testa sua confezionando un spot televisivo per convincere gli anziani di un paese a fare causa allo Standpiper e averlo mandato in onda senza l’approvazione del capo.

Appare più slegata del solito rispetto al plot principale la parte con Mike, impegnato a fare da sentinella alla casa della nuora dopo che quest’ultima gli ha confessato di sentire degli spari ripetuti durante la notte. Mike, invece, si accorge che i rumori non sono altro che i quotidiani che vengono gettati a terra da una macchina. Tutto apparentemente poco interessante e privo di senso se non collegato con quel richiamo avuto da Mike da Nacho in chiusura di episodio.

Better Call SaulNonostante la bravura di Jonathan Banks, il minutaggio regalato a Mike all’interno di ogni episodio è effettivamente troppo elevato. I collegamenti con Jim, quando presenti, sono troppo flebili e si riducono soltanto alla rappresentanza legale di qualcuno che ha stretto accordi con Mike (vedi il caso delle figurine dello scorso episodio). Sappiamo bene tutti come i due dovranno incontrare prima o poi la strada di un certo Gustavo Fring (la speranza è che ciò avvenga nel corso della stagione in corso), ma al momento la parte di Mike appesantisce inutilmente gli episodi.

Sembra proprio che i due autori della serie, Gilligan e Gould, abbiano concepito la seconda stagione à là Netflix, come un film lungo 10 episodi. Al contrario della prima che presentava situazioni diverse quasi ad ogni episodio, qui si procede con una maggiore linearità della trama, con l’obiettivo finale di trasformare una volta per tutte Jim McGill in Saul Goodman. Per il momento, i due, ci stanno riuscendo bene.

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Daniele Marseglia

Il cinema e le serie tv occupano gran parte della mia giornata. Nel tempo libero, vivo.

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