
Better Call Saul: Recensione dell’episodio 2.02 – Cobbler
Tutti noi vorremmo che la nostra vita andasse secondo il ritmo che vogliamo, tutti desidereremmo che il tempo della nostra esistenza fosse sempre in linea con il metronomo dei nostri desideri. Eppure siamo ben consapevoli che la realtà che immaginiamo e quella che viviamo non sono il risultato di un solo spartito ma di più, l’insieme di diverse sinfonie scritte e suonate da più persone. Ed è quindi facile e necessario più e più volte dover fare degli accorgimenti del nostro cammino. Che ci piaccia o no.
Cobbler, secondo episodio di questa nuova stagione di Better Call Saul, parte con una nota stonata. Quella nota stonata che credevamo sarebbe stata nei precedenti episodi motore, insieme alla morte di Marco, di quello stravolgimento visivo e morale che tutti ci aspettiamo. Ma ci eravamo sbagliati con i tempi, a Peter Gould e Vince Gilligan piace la cottura lenta. C’è ancora troppo da affrontare e vedere prima di dare il benvenuto a Saul Goodman.
Eppure Chuck rimane comunque quella nota stonata, quella scintilla in grado di accendere un fuoco. L’avevamo lasciato e lo ritroviamo nel buio della sua casa così perfettamente in ordine da sembrare disabitata, con quelle tapparelle sempre abbassate e i fili delle centraline elettriche tagliati. Lo ritroviamo seduto al piano ad esercitarsi sulle note di uno spartito che porta il nome di una certa Rebecca Bois. Chuck ha ripreso a lavorare con la HHM, ma la sua fobia ancora non gli ha permesso di riprendere a vivere normalmente gli spazi esterni. Meglio per lui continuare a vivere in quell’ombra e progettare di tanto in tanto uscite rapide ed indolori di poche ore in luoghi a lui familiari, come il suo vecchio studio. Ma l’inaspettata notizia che quel fratello inetto e furbo ha iniziato a lavorare come avvocato in uno studio legale che sta lavorando al caso Sandpiper lo turba talmente tanto da costringerlo a cambiare piani, a mettere mano al suo spartito.
“Perché sei qui?” chiede un turbato Jimmy alla fine di uno degli usuali incontri tra i due studi legali per fare il punto della situazione. “Per vedere con i miei occhi” risponde il fratello, ancora cocciutamente incapace di accettare che quel qualcuno che lui ritiene incapace, impreparato, inadeguato possa sedere a quel tavolo con il suo stesso titolo.
James è stato Jimmy, James sarà Saul, Saul sarà Gene. In lui vivono le persone che è stato e quelle che sarà. La dolcissima tentazione di attraversare quel confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato è così forte che anche ora, anche ora che quella casa con il patio e il barbecue e Kim non è poi così lontana, James non riesce e non vuole rinunciare a quella parte di sé più vicina al suo passato (Jimmy) e al suo futuro (Saul) che al suo presente. Così c’è di più eccitante del prendere in giro un paio di stolti detective convinti ora che esista davvero lo squat cremoso, la doppia seduta di zucchero? Improvvisazione, dialettica, intuito sono tutte doti che fanno un buon avvocato, o un buon truffatore, tale.
James è quella tazza termica da caffè che non entra nel portabevande della nuova auto aziendale, quel foglio di spartito che avevi dimenticato, quella targa su una Cadillac bianca che dice LWYRUP. Lo è stato, lo è e lo sarà.
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