
Aquarius: Recensione dell’ episodio 1.01 – Everybody’s been burned
Il tempio di Artemide era un tempio in stile ionico dedicato alla dea Artemide situato a Efeso, a 50km dall’attuale Smirne in Turchia. Considerato una delle sette meraviglie del mondo antico, il tempio venne distrutto da un incendio doloso nel 356 a.C. ad opera di un pastore di nome Erostrato che motivò il suo folle gesto con la sorprendente intenzione di passare alla storia, il che effettivamente avvenne nonostante la condanna prescrivesse di cancellare il suo nome da ogni libro. Cosa possono avere in comune un anonimo pastore vissuto più di duemila anni prima e un discreto musicista nella vivace America del 1967? Strano a dirsi, ma proprio questo sconfinato desiderio di “passare alla storia”. Una incrollabile volontà di realizzare questo ossessionante sogno. Una cieca determinazione a scrivere il proprio oscuro nome sulle pagine eterne degli annali. Costi quel che costi. Sia quel che sia. Nel bene o nel male. Erostrato scelse le fiamme distruttrici che avvolsero le impareggiabili colonne di una delle meraviglie del mondo antico. Charlie Manson usò parole cariche di un fascino perverso per convincere i suoi seguaci a sacrificare vite colpevoli solo di essere già famose. Troppo poco sappiamo di Erostrato per poterne descrivere il carattere. Molto di più sappiamo di Manson, anima nera degli anni sessanta, fino a farne il protagonista di libri e film. E di questo “Aquarius”, serie tv al debutto su NBC, con un cast tra cui risalta il David Duchovny di “X – files” e “Californication”.
Premessa importante. “Aquarius” è una serie in 13 episodi il cui episodio pilota è andato in onda il 28 Maggio. Con una scelta insolita, NBC ha reso, tuttavia, disponibile subito l’intera serie sui suoi canali online per un mese, ma continuerà a trasmettere un episodio a settimana sulla rete tv. Spiazzati da questa strana politica, qui ci limiteremo a recensire la sola premiere. E questo debutto è un inizio sicuramente promettente sebbene non privo di qualche sbavatura che non è detto venga corretta nel seguito dalla penna attenta di John McNamara, autore di una serie che ci catapulta negli Stati Uniti del 1967.
Giusto un anno prima di quel 1968 che avrebbe visto nascere un movimento di contestazione che irrefrenabile si sarebbe propagato in tutto il mondo giovanile finendo per lo scuotere le fondamenta incrostate di finto perbenismo e bigotteria di facciata della società degli adulti. Nel 1967, i fruttiferi semi del movimento che sarà, erano già stati piantati, ma le piantine ancora immature si nascondevano nella cacofonia assordante di abiti innovativi, amore libero, droghe allucinogene, musiche rock, vite ribelli del mondo hippie.
La cura dei costumi e degli interni che propongono una fedele ricostruzione delle comuni hippie è accompagnata da un sapiente uso della colonna sonora che ha il merito di immergere lo spettatore nell’atmosfera di quel periodo turbolento (e non a caso anche i titoli degli episodi sono canzoni di quegli anni). Ma sono soprattutto alcune scene a suggerire quei temi che caratterizzarono quel momento della storia americana. Protagonista ne è Emma Karn che incarna la figura della classica ragazza della ricca classe media, dal volto pulito e il vestito sempre in ordine, cresciuta da una famiglia che si preoccupa molto più dell’apparire perfetta che di esserlo. Anche a costo di nascondere la sparizione della propria figlia modello per non turbare il lavoro da avvocato di successo di un padre manifestamente disinteressato e con innominabili segreti. La brava Emma Dumont sembra avere il giusto physique du role per interpretare un personaggio la cui esteriorità immacolata nasconde quel caotico mondo interiore che facilmente viene indirizzato verso una perversione malata vista come una attraente via di fuga da un vuoto mondo familiare.
Un carattere forte che viene presentato in maniera forse troppo enfatica, quasi gli autori temessero di non mostrare a sufficienza la diversità di Brian dal resto dei suoi colleghi. Molto più delicata è, invece, l’introduzione di Charmain Tully (la Claire Holt di “The Vampire Diaries” e “The Originals”) timida poliziotta relegata inizialmente ad un noioso lavoro ordinario stretta in una uniforme che tiene a freno non solo la sua indubbia bellezza, ma soprattutto l’inconfessabile attrazione verso compiti più adrenalinici. La paura che a stento nasconde durante l’operazione sotto copertura contrasta efficacemente con la successiva confessione che quel rischiare le è, in realtà, piaciuto e lascia intendere con pochi tratti che anche Charmain è alla ricerca di una evasione da un mondo di ruoli immutabili.
“Aquarius” ha qualche difetto di scrittura che potrà essere corretto in corso d’opera, ma ha l’indubbio pregio di restituire bene le atmosfere e le musiche di un periodo importante della storia americana e non solo. Ed ha il merito di affidare all’esperto David Duchovny il compito di fare da balia ad un cast giovanissimo desideroso di mostrare la propria bravura. Ingredienti promettenti che bisognerà saper combinare per non tradire le incoraggianti promesse.
1.01 – Everybody’s been burned
Promettente
Valutazione Globale
Complimenti Winny, bella recensione.
Anche a me il pilot ha convinto molto, l’ho trovato anche ben fatto a livello tecnico e questa è sempre una bella sorpresa quando si tratta di serie delle reti generalista. NBC s’impegna proprio, prima
con Hannibal e ora con questo che a tratti sembrava una serie prodotta da un cable. L’unica
cosa che non mi ha convinto moltissimo è stata, in alcuni momenti, la recitazione
dei più giovani. Gethin Anthony è perfetto per interpretare un leader carismatico, mi sembra tra tutti il più in parte.
Pilot promosso comunque 🙂