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Ant Man and the Wasp: Lontano dalla (tipica) perfezione della Marvel. La recensione

Titolo: Ant Man and the Wasp

Anno: 20181516

Durata: 118”

Genere: Cinecomic, Azione, Comedy

Regia: Peyron Reed

Sceneggiatura: Kevin Feige, Paul Rudd, Chris McKenna, Eric Sommers, Andrew Barrer, Gabriel Ferrari

Cast principale: Paul Rudd, Evangeline Lilly, Michael Pena, Michael Douglas, Hannah John-Kamel, Michelle Pfeiffer, Bobby Cannavale, Randall Park, Walton Goggins, Laurence Fishbourne, Judy Greer

Ho dovuto rivedere Ant Man due, forse persino tre volte prima di convincermi che si, dopotutto, si trattava di un film divertente, alternativo. Degno, dopotutto, di far parte dell’universo cinematografico Marvel. Temo, tuttavia, di dover fare lo stesso anche con Ant Man and the Wasp dal momento che, a qualche ora dalla visione del film con protagonisti Paul Rudd ed Evangeline Lilly, non sono ancora pienamente convinta di esserne rimasta totalmente stregata.

Potrebbe trattarsi di un pregiudizio inconscio che ho inconsapevolmente sviluppato nei confronti dei personaggio di Ant Man (nel qual caso, chiedo venia). Eppure sono convinta che la particolarità che contraddistingue il franchise di Ant Man lo rende anche maggiormente vulnerabile a critiche e giudizi da cui altri film della MCU restano immuni. Non si tratta semplicemente di privilegiare la parte comica o un maggior spazio concesso alla componente scientifica. E’ l’insieme di una prima parte forse troppo fiacca ed un’altra incredibilmente ricca di azione.

Con questo non condanno il film nella sua interezza ma confesso di avere diversi dubbi su Ant Man and the Wasp. Ma fino al mio rewatch (il secondo, il terzo se necessario) analizziamo la pellicola numero 20 della MCU.

Missione numero uno: riportare indietro Janet

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©Marvel Studios 2018

Dopo un chiaro hint al fatto che la madre di Hope (Evangeline Lilly) e moglie di Hank (Michael Douglas) potesse essere ancora viva, sembrava scontato che Ant Man and the Wasp si sarebbe concentrato principalmente sul come riportarla indietro. Oggettivamente la parte riguardante l’intera parte di trama legata al Regno Quantico è stata senz’altro tra le migliori e interessanti del secondo film. E’ vero, i discorsi che hanno coinvolto elementi e teorie scientifiche spesso eccessivamente complesse per essere spiegate (o capite) sono stati tanti, forse troppi. Eppure avevamo già sentito parlare di una parte della macchina costruita da Hank e Hope del primo Avengers, quando Bruce e Tony avevano ipotizzato di utilizzarlo per ritrovare il Tesseract.

I collegamenti con gli altri film Marvel sono stati gestiti (come al solito) in maniera chiara, definita, lineare. Non sarebbe la Marvel se non prestasse attenzione ai particolari! In quei particolari rientra naturalmente la bellezza e quantità di dettagli utilizzata nella ricostruzione del Regno Quantico, che a tratti ha ricordato alcuni dei mondi attraversati da Strange durante la sua “iniziazione” alle arti magiche, nel film a lui dedicato. Si tratta di colori, dimensioni, geometrie. Alcune persino profetiche, a detta del regista Peyton Reed, che ha rivelato come alcuni dettagli possano essere veri e propri indizi per i futuri film della Marvel. Occhi aperti!

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Ant Man and the Wasp sempre vicino alla tematica della famiglia

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©Marvel Studios 2018

La famiglia è stato senz’altro uno dei temi che Ant Man and the Wasp ha saputo meglio gestire. Da un lato con Hope e il suo desiderio quasi brutale di ritrovare sua madre. Dall’altro con Scott (Paul Rudd), agli arresti domiciliari dopo quanto accaduto in Civil War, ma incapace di restare in disparte mentre i suoi amici hanno bisogno del suo aiuto. Anche in questo caso il suo rapporto con Cassie è stato fondamentale e forse tra le scene più dolci di tutta la pellicola. Si tratta ancora una volta del binomio famiglia/dovere che già Hawkeye aveva gestito in Age of Ultron ma che, nel caso di Scott, si interlaccia anche ai suoi problemi con la giustizia.

Buffo, in tale contesto, è il personaggio di Jimmy Woo, un povero agente dell’FBI che, con i mezzi a propria disposizione, non è in grado di stare al passo alla tecnologia e ai sotterfugi di Scott. Perché il principale motivo per cui Scott non può violare i suoi arresti domiciliari è per poter tornare in libertà e continuare a far parte della vita di sua figlia. Non può crescere Cassie unicamente tra le mura di casa, se ne rende conto anche lui.

Comicità in primo piano (ma non abbastanza)

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©Marvel Studios 2018

Come in ogni pellicola della Marvel – ma in Ant Man and the Wasp più specificatamente, dato che si parla comunque di una sceneggiatura maneggiata pur sempre da Paul Rudd – non mancano gli elementi comici, la risata facile e le situazione al limite del sorriso. Questo distingue principalmente Ant Man dal resto della MCU: non è un eroe, non è mai stato altro che un ladro che, trovatosi in una circostanza favorevole, ha saputo sfruttare al massimo quella circostanza. Cosa non quadra? Senza l’aria di magnitudine che gravita intorno a Captain America o Iron Man, Ant Man deve distinguersi in quello che sa far meglio: far ridere.

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Certo, Louis (Michael Pena) e i fuorilegge del primo film sono strumentali a tal proposito, ma non bastano. La prima parte del film è troppo ingessata, troppo noiosa, chiusa in un bozzolo di scienza e tecnologia. Era certamente importante spiegare il Tunnel Quantico e tutto il procedimento per riportare a casa Janet, ma c’era spazio anche per altro! Le migliori scene comiche di tutto il film – mi riferisco a tutto il discorso sulla Baba Yaga e poi Antonio Banderasfanno parte della seconda parte, insieme a quasi tutte le altre.

Con questo non voglio di certo affermare che mi aspettassi che Ant Man and the Wasp fosse una barzelletta dal minuto uno fino all’ultima scena dopo i titoli di coda. Sicuramente mi aspettavo una distribuzione egualitaria degli elementi che si è scelto di introdurre nella trama. Uno squilibrio di questo tipo non è da Marvel e di certo non giova ad un film che, di per se, arriva in un momento cinematografico in cui non si può far altro che parlare di Avengers 4.

Troppi cattivi: forse Fantasma poteva bastare?

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©Marvel Studios 2018

Qualcosa che invece mi ha un po’ confuso dal punto di vista di trama è stata la cascata di cattivi che sbucavano da qualsiasi parte. Sorvolando Jimmy Woo – che abbiamo già catalogato nella lista di personaggi “burloni”, un po’ come lo stesso Louis – ci sono stati almeno altri due cattivi senza considerare Fantasma (Hannah John-Kamel). Parlo di confusione perché penso che con una densità tale di eventi, Ant Man and the Wasp avrebbe potuto tranquillamente cavarsela con un solo cattivo. Ava Starr ha avuto un ruolo centrale nella pellicola, sufficiente per gestire tutto quello che non riguardava il ritrovamento di Janet o i guai con la legge di Scott.

Hannah John-Kamel (che ricorderete per Killjoys o per Black Mirror) ha gestito in maniera davvero ottimale la parte di Fantasma. Con un po’ più di fiducia, maggiore attenzione alla sua figura, credo che il film avrebbe potuto essere più lineare e giovarne notevolmente.

Evangeline Lilly spacca e conquista tutto

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©Marvel Studios 2018

Parlando di elementi che invece Ant Man and the Wasp è riuscito a centrare in pieno: le scene d’azione. Non avendo mai visto Evangeline Lilly nella tuta di Wasp era difficile poter immagine come sarebbe stato il suo stile di combattimento, come avrebbe maneggiato i poteri delle particelle Pym. A differenza di Scott, che ha dovuto imparare da zero quello che vuol dire combattere e la disciplina richiesta per farlo, Hope van Dyke non ha di questi problemi. Quando combatte lo fa con sicurezza, utilizzando la tuta come un’arma e sfruttandone i pregi al massimo per poter avere un vantaggio contro i propri avversari.

Si rimpicciolisce e ingrandisce, usa i propri raggi per ingrandire e rimpicciolire cose con una facilità e un istinto tali da far dubitare che Scott abbia mai usato anche solo il 50% delle capacità del proprio costume. O, forse, più semplicemente, vale il vecchio detto: mai mandare un uomo a fare il lavoro di una donna!

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Lontano dalla perfezione, non abbastanza vicino alla bocciatura

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©Marvel Studios 2018

Arrivando alle note finali, non posso condannare né promuovere Ant Man and the Wasp. Come già detto, il film arriva in un momento in cui tutti non fanno che concentrarsi sulla prossima uscita di Captain Marvel e quindi di Avengers 4. Questo avrebbe richiesto un film divertente, più divertente di quello che ho visto, in grado di stregare il pubblico a tal punto da farci dimenticare perché aspettiamo con impazienza il 4 maggio.

Si può tranquillamente paragonare la pellicola ad una distrazione. Non una distrazione eccellente, non una commedia da super-eroi che rivedrei ancora e ancora, senza averne mai abbastanza, ma una distrazione non di meno. Perché se c’è una cosa che il franchise di Ant Man ci ha insegnato, nella sua diversità e individualismo, è che non è un mero film della Marvel: sa distinguersi, emergere, portando in scena quello che altri film, vuoi per il tono del personaggio o vuoi per la trama, non saranno mai in grado di fare.

Promossa in pieno Evangeline Lilly nei panni di the Wasp (anche se mi sento davvero reticente ad affidarle il titolo di “Prima protagonista femminile di un film Marvel”, come proclamato con fervore qualche mese fa dal regista) e una medaglia a Randall Park e Michael Pena per i loro meravigliosi personaggi. Sembra abbastanza scontato pensare che ci sarà anche un terzo film della saga, sebbene non sia ancora stato annunciato. Dita incrociate? Perché io davvero non vedo l’ora di scoprire che altri nomi saprà inventarsi Scott per le sue formiche dopo Ant-ony e Ant-onio Banderas. Voi no?

Katia Kutsenko

Cavaliere della Corte di Netflix e Disney+, campionessa di binge-watching da weekend, è la Paladina di Telefilm Central, protettrice di Period Drama e Fantasy. Forgiata dal fuoco della MCU, sogna ancora un remake come si deve di Relic Hunter.

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