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All is lost – Tutto è perduto: la recensione

Decidere di vedere film come questo All is lost è un po’ come avventurarsi da soli in barca a vela in mezzo all’Oceano Indiano sapendo bene quanto sia rischioso! Così il protagonista del film (Robert Redford) e lo spettatore sono in qualche modo legati da una sorte comune, il primo minacciato dalla forza della natura e dagli eventi atmosferici, il secondo dal rischio di assistere per oltre un’oretta e mezza a qualcosa di prevedibile, potenzialmente noioso e probabilmente “dejavù”. Riusciranno a salvarsi entrambi? Lo spettatore sì, anche se con qualche lieve acciacco.

__TFMF_ltl4vp55td3dgub1bhazxq55_9bb4d0d8-dcdb-4ac3-bac2-e93090dbe106_0___SourceUn uomo di cui non sapremo mai nulla, né il nome né la provenienza né perché sia da solo in mezzo all’Oceano, è in una piccola barca a vela che viene speronata da un container (..che poi si capirà perché si trovasse proprio lì…). Da quel momento inizieranno alcune disavventure, logiche per chi si trova in quella situazione, anche se talvolta un po’ troppo sfortunate, a cui il protagonista tenterà di porre rimedio almeno fino a dove le capacità umane lo consentono. Perché è proprio qui che, probabilmente, il film vuole raggiungere la sua pienezza, ribadendo ancora una volta quanto l’uomo sia impotente di fronte ad una natura “incazzata” o, forse, quanto l’uomo sia semplicemente solo.

La struttura di All is lost è quella, già vista, del “one-man story” e i più ne vedranno richiami a Castaway, peraltro molto diverso e più strutturato, ma la totale assenza di dialoghi e di qualunque altro personaggio o luogo che non sia il mare lo fa diventare un esperimento decisamente unico nel suo genere. Il regista J.C.Chandor, già noto per il buon Margin Call, decide di essere essenziale in tutto eliminando ciò che non è puramente funzionale al racconto, e lascia sulle spalle del magnifico Robert Redford (77 anni!), candidato al Golden Globe, il destino non solo della barca ma anche dell’intero film. Inevitabile un po’ di calo dell’attenzione a tratti, ma niente di grave, la si recupera in un attimo perché la tensione narrativa è costante e la regia, ricca di primissimi piani e campi strettissimi, porta lo spettatore ad essere lì in mezzo al mare con il protagonista. all-is-lost-robert-redford

Tutto ha un senso, persino l’Uomo (così è chiamato il protagonista nella sceneggiatura) che decide, apparentemente senza alcun motivo, di farsi la barba quando la sua barca è già colma di acqua, con la rassegnata tranquillità e la consapevolezza di chi, forse, lo sta facendo per l’ultima volta. Va da sé che in questo esperimento sia assolutamente fondamentale l’apporto del suono, a cui viene dato il compito di riempire i vuoti lasciati dalle parole; il Golden Globe ad Alex Ebert per la miglior colonna sonora e la candidatura dell’Academy alla coppia Boeddeker-Hyms (quest’ultimo per la nona volta, con 3 statuette in bacheca!) già affiatatissima in Fight Club e Lincoln, sono un chiaro riconoscimento alla riuscita del loro lavoro.

Detto questo, resta comunque da capire cosa spinga un regista ad intraprendere sfide di questo genere che, pur essendo assolutamente godibili, alla fine non lasciano poi molto allo spettatore rimanendo un po’ fini a sé stesse e il cui destino è sostanzialmente già scritto. Un po’ come l’avventura del protagonista del film.

All is lost - Tutto è perduto: la recensione

Essenziale

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