
Alice nella città: la recensione di Four Kings a RomaFF10
Opera prima della regista tedesca Theresa Von Eltz, Four Kings (titolo originale 4 Könige) ha conquistato il pubblico ma soprattutto la giuria di Alice nella città, sezione autonoma della Festa del Cinema di Roma dedicata alla cinematografia Young/Adult, tanto da aggiudicarsi il Premio come miglior film.
“Per la grande efficacia e sensibilità di quest’opera prima, per la recitazione travolgente e studiata, per la sua fotografia dai colori freddi ma capaci di trasmettere calore e per il giusto equilibrio tra musiche e silenzi”: questa la motivazione presentata dai ragazzi e le ragazze tra i 16 e 18 anni che hanno in questi giorni visto e giudicato circa 13 film.
E il film parla proprio a loro e a tutti quei giovani che non riescono a gestire i fatti della vita.
Il film racconta il Natale, anzi un Natale molto particolare, di quattro ragazzi ricoverati in una clinica psichiatrica. Quattro re, come recita lo stesso titolo, ognuno con il proprio dono. Alex è una ragazza timida, incapace di staccarsi da una madre opprimente e psicotica. Fedja è un ragazzo della Georgia, silenziosissimo e impaurito da qualsiasi cosa dopo essere stato per lungo tempo vittima di bullismo. Timo, l’ultimo arrivato, ha vissuto per un periodo in isolamento a causa della sua incapacità di gestire gli improvvisi attacchi d’ira. E infine c’è lei, la veterana Lara, spigliata e senza peli sulla lingua, ex tossicodipendente e figlia non voluta di due accademici. A aiutare questi ragazzi il dottor Wolff, un psicoterapeuta non proprio convenzionale. Il suo approccio nei confronti di questi ragazzi è molto morbido e aperto rispetto a quello usato dagli altri medici ed infermieri della clinica. Per lui non sono dei pazienti da sedare, ma delle persone da aiutare. Delle anime da curare.
La regista sceglie di raccontare questa storia di sofferenza senza insistere troppo, se non quando necessario, sulla drammaticità (ci ritroviamo pur sempre in un ospedale psichiatrico) e sulla problematicità della situazione. I momenti più sofferti sono quelli in cui li vediamo galleggiare nelle loro bolle, nelle loro sfere, incapaci di dare un’etichetta ai loro pensieri e ai loro tormenti, o quando si raccontano a vicenda cosa non va nelle loro vite.
Il grande merito di Theresa Von Eltz è quello di aver deciso di assumere per tutto il tempo della pellicola il punto di vista dei ragazzi. Sono loro i protagonisti di questo dramma e attraverso la loro voce conosciamo i loro tormenti, i loro drammi, i loro passati. Come Alex, Lara, Timo e Fedja vengono lasciati liberi dal dottor Wolff di affrontare insieme e da soli questo percorso di guarigione, così noi spettatori non subiamo nel racconto l’intermediazione interpretativa di un adulto.
Un film emozionante, non privo di sbavature e colpi di scena prevedibili, ma di sicuro una prima opera fresca e ben costruita. Un film che riesce a restituire, nonostante i toni freddi dell’inverno tedesco, calore e umanità. Un film per un pubblico giovane, ma forse in grado di raccontare qualcosa anche a cui di anni ne ha un po’ di più.