Pubblicato inizialmente solo in Unione Sovietica nel 1928 e divenuto noto nel resto nell’Europa al di qua della cortina di ferro a partire dagli anni Cinquanta, il saggio Morfologia della fiaba, scritto dal linguista ed antropologo russo Vladimir Propp, ha influenzato fortemente non solo gli accademici che si occupano di antropologia e letteratura, ma anche gli studiosi di mass media. Perché Propp nel suo testo analizza la struttura delle fiabe popolari russe per arrivare a individuare degli schemi precisi che si ripetono determinandone il successo e delle figure archetipe che sono sempre presenti. Proprio come avviene anche in una serie tv dove non mancano mai i personaggi iconici dell’eroe, del suo aiutante e del donatore che il saggista russo aveva sapientemente catalogato.
Barry e i suoi aiutanti
The Flash non si sottrae allo schema di Propp presentandosi, al contrario, quasi come un esempio da manuale per quanto riguarda i personaggi archetipi citati poco sopra. Se Barry è ovviamente l’eroe, è facile individuare in Cisco il donatore ossia colui che dona all’eroe oggetti magici (con la tecnologia fantascientifica degli Star Labs a sostituire i calderoni fumiganti di pozioni fiabesche). Lunghissima, invece, è la lista degli aiutanti che forniscono in maniera più o meno diretta il supporto (pratico o anche solo morale) di cui Barry ha bisogno per sconfiggere l’antagonista di turno e il villain della stagione. Se Joe e Caitlin sono le costanti dalla prima stagione, diversi sono stati gli aiutanti che si sono succeduti in questi primi tre anni. Perché, peculiarità della serie, è anche il sacrificio estremo dell’aiutante. Non potendo, per ovvi motivi, uccidere il proprio protagonista, The Flash ha sempre riservato una fine gloriosa ma comunque letale ad uno degli aiutanti di Barry. E così nella prima stagione era stato Eddie a compiere il sacrificio estremo per determinare la sconfitta di Eobard Thawne. Poi Ronnie si era immolato per chiudere il nascente buco nero che minacciava di distruggere l’intera Central City. E, in questa stagione, sembrava Wally il predestinato a prendere il posto che era stato di Eddie e Ronnie.
Almeno finché non è arrivato Jay a reclamare quel ruolo sostituendo Kid Flash come prigioniero della Speed Force. Un sacrificio solo temporaneo, probabilmente, perché restare imprigionato in eterno in un loop di dolore sembra essere la giusta condanna che i nostri vorrebbero infliggere a Savitar. Ma un gesto che svolge comunque il compito primario di far comprendere a Barry la lezione che la Speed Force stessa ha voluto impartirgli avvalendosi dei camei di Eddie e Ronnie. È Barry l’eroe ed è, quindi, lui che deve sconfiggere prima le sue paure (simbolicamente incarnate dal Time Wraith e dal Zoom versione Black Flash visto in Legends of Tomorrow che puniscono chi gioca troppo con i viaggi nel tempo come ha fatto appunto Barry creando Flashpoint) e poi l’antagonista primario di questa stagione. Sacrificando sé stesso in prima persona se necessario, come ha fatto persino Leonard Snart che ha abdicato al suo ruolo di villain per vestire i panni dell’antieore che ha indossato nella prima stagione di Legends of Tomorrow. Si è dovuto ancora una volta sacrificare un aiutante (ma le fiabe sono piene di aiutanti dell’eroe che si immolano per la causa per cui non si diverge dalle analisi di Propp), ma adesso Barry sembra davvero pronto per l’atteso scontro finale.
E sarebbe anche ora visto che il piano di Savitar procede a passo spedito verso il momento fatale in cui la sua mortale lama trafiggerà Iris mandando in pezzi il cuore di Barry, ma facendo la sadica gioia di molti spettatori che proprio non riescono a farsi stare simpatica la figlia di Joe. Sentimento di antipatia forse eccessivo, ma che nasce dall’aver gli autori insistito troppo su una storia d’amore che non è mai riuscita a toccare la sensibilità dei fan che ancora rimpiangono la separazione di Barry da Patty Spivot. Né aiuta la ridicola gestione del “ti sposo perché ti amo; anzi no ti sposo perché ti voglio salvare; anzi no non ti sposo perché ti amo e non voglio sposarti perché ti voglio salvare” che ha decisamente stancato per la pretestuosità degli argomenti (come se voler salvare una persona dalla morte non fosse di per sé già un gesto d’amore) e l’incomprensibilità delle reazione dei personaggi coinvolti.
Impossibile non segnalare in tal senso un Joe (anche qui un ruolo previsto da Propp) che fa l’offeso perché Barry non gli ha prima chiesto il permesso come fossimo ancora nell’Ottocento e come se non si fosse mai accorto che è una vita che Barry striscia ai piedi della figlia. Che l’eroe debba avere una principessa da salvare e che la sua relazione con lei non debba subito arrivare al lieto fine senza attraversare prima momenti difficili sono ancora una volta situazioni coerenti con gli schemi di Propp, ma sarebbe gradita una gestione meno ripetitiva e più coerente di una storia che si trascina ossessivamente da ormai troppo tempo.
L’importanza dell’antagonista
Fortuna che a distrarci da questo indesiderato pasticcio amoroso ci sia Savitar con il suo arzigogolato piano per ritornare dalla Speed Force giocando con i viaggi nel tempo e la vanità ignorante di un Wally vittima prima di tutto di sé stesso e della sua irruenta inesperienza. Avventurarsi nei paradossi temporali necessari a spiegare la logica o la fattibilità del piano di Savitar appare impresa tanto ardua da riempire lenzuolate di commenti nei forum degli appassionati della serie. Ma ancora più pressante è la domanda su chi sia Savitar. Che l’autoproclamatosi dio della velocità fosse, in realtà, solo l’ennesimo speedster umano era una verità che l’armatura rubata a Megatron non aveva mai nascosto, per cui non c’era bisogno della ferita inflitta da Jesse (che riesce magicamente al primo scontro a fare ciò che nessuno aveva fatto prima, complice anche un Savitar divenuto improvvisamente solo un uomo molto alto e non più un gigante come appariva nella visione di Barry) per avere la conferma di questo ben più che fondato sospetto.
Di chi sia il volto sotto l’elmo è quello che tutti ora si chiedono con il nome di un impazzito Eddie a guidare la lista dei candidati. D’altra parte, Savitar aveva detto che Barry era presente quando lui è nato, ma non è stato responsabile della sua nascita proprio come quando è morto Eddie; conosceva già tutti i membri del team il che riporta ancora a lui; si dice dispiaciuto per la morte di Iris il che suggerisce un collegamento con lei; è insofferente della presenza di HR il che avrebbe senso se lo collega al Wells di cui Eobard aveva preso il posto. Ulteriore indizio è la constatazione che finora dietro la maschera del nemico si è sempre nascosto un personaggio noto e vicino a Barry per cui non siamo ancora al proverbiale due più due fa quattro, ma non si sbaglierebbe troppo ad andare in quella direzione.
Tra alti e bassi e tra modi giusti e sbagliati di seguire la lezione di uno studioso degli anni Trenta del secolo scorso, The Flash prosegue la sua corsa rallentata (ed il prossimo episodio vedrà un crossover con Supergirl che sicuramente avrà poco a che fare con la storyline principale essendo più che altro un modo per riunire parte del cast di Glee) verso un finale che ci si augura possa risollevare il giudizio complessivo su una stagione che appare fin qui piuttosto debole. O almeno liberarci di Iris.
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