
12 Monkeys: Recensione della seconda stagione
Premessa necessaria: Quando ho iniziato a vedere 12 Monkeys, lo scorso anno avevo previsto/immaginato (sbagliando clamorosamente previsione!) che dopo due o tre episodi avrei mollato; avevo, infatti, pregiudizi di ogni sorta che non sto qui a elencare, dopo la puntata pilota però sono rimasta molto sorpresa e ho continuato a seguire, ancora convinta, però, che alla fine la serie avrebbe “svaccato”. Non è successo nulla di tutto ciò.
La prima stagione è stata ben scritta e recitata e mi aveva lasciata molto sorpresa nel complesso, Nonostante ciò, non ho iniziato subito la seconda stagione appena è andata in onda; anche questa volta credevo che mi avrebbe deluso, la cosa che temevo di più è la scelta di adottare una struttura episodica ripetitiva (paura che, ci tengo a precisare, non si appigliava a nulla).
Insomma, per farla molto breve, ho recuperato la seconda stagione facendo una bella maratona di sei episodi e poi ho seguito in contemporanea i restanti.
12 Monkeys, ormai è certo, è come il vino che più va avanti e più migliora. La seconda stagione, per certi aspetti, è stata ancora più interessante, coinvolgente, bella in una parola sola, della prima.
Il tema dei viaggi del tempo non è facile da gestire, c’è sempre una coerenza da rispettare e il rischio è, come dicevo prima, di mettersi al riparo da errori sfruttando una sceneggiatura lineare, con episodi strutturalmente simili. 12 Monkeys non teme questo, e offre una trama ricca di sorprese e colpi di scena sempre coerenti e originali, con archi narrativi avvincenti.
Ma la stagione diventa una vera calamita per lo spettatore negli ultimi episodi, quando Cole e Cassie sono apparentemente bloccati nel 1956 e qui, decidono di darsi una possibilità non sapendo di vivere nel famoso “Memory of Tomorrow” che dall’inizio della stagione vediamo continuamente citato; Cassie e Cole scelgono di vivere il loro amore dal quale concepiranno un figlio. Sul più bello, quando anche noi spettatori, eravamo totalmente coinvolti nella storia, tutto torna al punto di partenza.
“this was home 1957-1959”
Il lavoro di scrittura sui personaggi è stato fatto egregiamente, tanto che quando vediamo Cole combattuto e disperato nella difficile scelta che deve prendere, sappiamo quanto dolore c’è dietro. Cole è vissuto in un’epoca malata e ha speso parte della propria vita a cercare di ripararla, non ha mai potuto e voluto concedersi il lusso di immaginare una vita normale.
Ora, per due anni ha avuto questa possibilità, ma non può lasciarsi andare come vorrebbe perché il mondo sta per collassare di nuovo, anzi non ha mai smesso.
Per fortuna, gli sceneggiatori non sono così sadici e più avanti, concedono a Cassie il ricordo di quella vita felice.
Cole, così, torna indietro e ripara l’errore fatto, evita, cioè l’ultimo paradosso, cancellando (apparentemente) il suo passato con Cassie.
Una seconda stagione da gustare divorando episodi e una serie, che se non avete ancora visto, è senza dubbio da inserire nella lista delle serie da vedere questa estate.
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